Economia e Unione europea. Bini Smaghi: “Lo spread dipende dalla credibilità dei programmi”

I prossimi mesi saranno potenzialmente in grado di cambiare il corso della storia dell’integrazione europea. Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Societé Generale, visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs di Harvard, dal 2005 al 2011 membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, commenta la tormentata fase politico-economica che sta vivendo l’Unione europea: "Gli inglesi stanno capendo che da soli, schiacciati tra giganti come la Cina, gli Stati Uniti, l’India, senza lo scudo europeo, si rischia l’isolamento"

Elezioni europee nella prossima primavera, turbolenze sul debito pubblico italiano, movimenti e partiti di ispirazione sovranista che stanno lentamente crescendo nelle percentuali e cambi di leadership in vista nelle due maggiori potenze continentali (Angela Merkel ha già annunciato il suo ritiro mentre Emmanuel Macron sta lentamente consumando la sua popolarità). I prossimi mesi saranno potenzialmente in grado di cambiare il corso della storia dell’integrazione europea. Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Societé Generale, visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs di Harvard, dal 2005 al 2011 membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, commenta la tormentata fase politico-economica che sta vivendo l’Unione europea.

Professor Bini Smaghi, cosa la preoccupa maggiormente dal punto di vista macroeconomico per il futuro a breve dell’area euro?
Dopo anni di ripresa economica l’economia mondiale prima o poi registrerà una fase di rallentamento.

È necessario che le finanze pubbliche e i mercati finanziari siano pronti e si trovino in una situazione solida, per far fronte alle ripercussioni di un tale rallentamento.

In altre parole, fin quando l’economia cresce bisogna mettere fieno in cascina, non spendere di più.

All’orizzonte si profila anche la fine del quantitative easing da parte della Bce. I mercati internazionali hanno già “scontato” nelle loro valutazioni la fine della politica espansiva di Francoforte o ci potranno essere ulteriori ripercussioni?
Non dovrebbero esserci effetti particolari, perché la decisione è stata annunciata da tempo e anticipata dai mercati. L’evoluzione dello spread dipenderà dalle politiche di bilancio nazionali e dalla credibilità dei programmi.

Una divergenza sempre più marcata tra i governi di Germania, Francia e Italia, unitamente a turbolenze sui mercati e ad un depotenziamento delle forze europeiste a Bruxelles, potrebbe comportare “shock” sistemici nel processo di integrazione europea?
Non credo, in tutti i Paesi ci possono essere dei ricambi politici, ma è poi necessario lavorare con gli altri per mettere in atto politiche efficaci a livello europeo.

Dare contro all’Europa, e agli altri governi, significa in fin dei conti isolarsi, e ciò va contro l’interesse dei singoli Paesi.

I dati macroeconomici del dopo Brexit secondo lei possono rafforzare o smorzare i propositi politici dei leader – collocabili nella linea “sovranista” – che mettono in discussione l’adesione economico finanziaria all’Unione?
Gli inglesi stanno capendo che da soli, schiacciati tra giganti come la Cina, gli Stati Uniti, l’India, senza lo scudo europeo, si rischia l’isolamento. Che convenienza avrebbero le aziende ad investire nel Regno Unito, se non hanno poi accesso al mercato europeo, il più importante al mondo? L’isolamento porta ad una perdita di sovranità. Chi ha nostalgia della lira, ad esempio, si dimentica che il valore del cambio e dei tassi d’interesse erano in balia dei mercati, e che ogni volta che si verificava una svalutazione i risparmiatori ci rimettevano.

Si prefigura una procedura d’infrazione a carico dell’Italia per lo sforamento dei parametri di finanza pubblica. La fase di scontro aperto tra Italia e istituzioni europee ha dei “punti di rottura” già prefissati, dei paletti che né Roma né Bruxelles vogliono oltrepassare?
Mi sembra che per ora ciascuno sia rimasto sulle sue posizioni, anche se c’è un dialogo mirato a spiegare le differenze. Tuttavia,

all’ultima riunione dell’Eurogruppo i ministri dell’economia degli altri Paesi dell’euro hanno dato alla Commissione il mandato di discutere con il governo italiano per far correggere la manovra al fine di rientrare nei parametri concordati.

Vediamo se la manovra verrà rivista per ridurre l’indebitamento che rende fragile l’economia italiana.

(*) La Voce dei Berici

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