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Svizzera. Appello interreligioso per i rifugiati: “Di fronte abbiamo sempre un essere umano”

Per la prima volta cristiani, ebrei e musulmani della Svizzera lanciano insieme un appello a favore dei rifugiati chiedendo, in una Dichiarazione comune, un’adeguata politica di protezione del rifugiato, vie di accesso legali, procedure di asilo “eque ed efficaci”, percorsi di integrazione

In un’Europa dove sempre più si chiudono le porte a chi fugge da terre lontane e martoriate da guerre e povertà, in Svizzera, ebrei, cristiani e musulmani hanno deciso di unire la loro voce e di pubblicare insieme una Dichiarazione a favore dei rifugiati. Il documento – di 15 pagine – è intitolato “Di fronte abbiamo sempre un essere umano” e sarà consegnato a Berna alla vicepresidente del Consiglio nazionale, Marina Carobbio Guscetti (Ps). A sostenere l’iniziativa c’è anche Anja Klug, direttrice dell’ufficio dell’Unhcr per la Svizzera e il Liechtenstein, che parla di un “progetto faro”, auspicando che sia d’ispirazione anche per altri Paesi.

È la prima volta che cristiani, ebrei e musulmani della Svizzera lanciano insieme un appello tanto che, in un comunicato congiunto, i promotori dell’iniziativa parlano di “un passo importante per il dialogo interreligioso”. Il Documento parte dal presupposto che

sono 68 milioni le persone in fuga nel mondo, di cui la metà bambini.

In Libano – Paese con risorse strutturali ed economiche fragili – si conta un rifugiato ogni quattro abitanti. Nei Paesi europei, le statistiche arrivano appena a una media di un rifugiato ogni 400 abitanti. Inoltre, nel nostro continente, fa notare il documento nell’introduzione, i principali Paesi di accoglienza dispongono di “meccanismi di ospitalità e protezione deboli” e perseguono “politiche sempre più rigide nei confronti dei rifugiati costretti, pertanto, a ritrovarsi in una situazione giuridica precaria”, che i leader religiosi definiscono “zona di non diritto”. La Dichiarazione precisa anche i principi “religiosi ed etici” che spingono le religioni a schierarsi dalla parte dei rifugiati: “Secondo le concezioni giudaiche, cristiane e islamiche,

ogni essere umano è una creatura di Dio e come tale è posto sotto la sua protezione”.

Da qui si fondano “l’etica di una umanità solidale” e “l’obbligo di lavorare affinché tutti gli esseri umani possano vivere insieme nella pace e nella giustizia”.

Chiariti i presupposti, i leader religiosi declinano il loro appello in cinque punti. Chiedono un’adeguata protezione del rifugiato, ovunque si trovi, e “vie di accesso legali” con l’introduzione di visti umanitari per evitare che la fuga si trasformi – come purtroppo succede – in un incubo di traffico illegale, schiavitù e, spesso, morte. La Dichiarazione chiede anche “procedure di asilo eque ed efficaci” e ciò significa anche

“non fissare criteri troppo stretti sulle prove da presentare per dimostrare l’esistenza di una persecuzione”.

Riguardo ai percorsi d’integrazione, il Documento chiede ai rifugiati il dovere di rispettare le leggi dei Paesi di accoglienza così come i valori costituzionali e il rispetto delle regole locali. Il quinto punto chiede che, qualora il rifugiato non possieda i criteri per rimanere, gli si debba comunque accordare un “rimpatrio in dignità”, sottolineando anche che l’espulsione deve sempre essere considerata una misura da applicare come ultimo ricorso e preferibilmente da evitare se si tratta di famiglie, in rispetto soprattutto del benessere prioritario dei bambini.

Firmatari della dichiarazione interreligiosa sono: Harald Rein, vescovo della Chiesa cattolica cristiana di Svizzera, presidente del Consiglio svizzero delle religioni; Gottfried Locher, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera; Charles Morerod, presidente della Conferenza episcopale svizzera; Herbert Winter, presidente della Federazione svizzera delle Comunità ebraiche; Montassar BenMrad, presidente della Federazione delle Organizzazioni islamiche della Svizzera; e Farhad Afshar, presidente del Coordinamento delle Organizzazioni islamiche della Svizzera.

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