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Migranti in Bosnia-Erzegovina: arriva l’inverno e molti rischiano di dormire all’aperto

La grande ondata di profughi dirottati dalla tradizionale rotta balcanica ormai passa per Sarajevo. Le stime dei numeri variano notevolmente perché la polizia non riesce a registrare tutti. In vista del duro inverno balcanico si stanno preparando degli alloggi provvisori. I posti letto però non basteranno per tutti. Mentre sale la tensione nella popolazione locale. Il racconto di chi sta a fianco dei rifugiati tutti i giorni, gli operatori della Caritas e padre Tvrtko Barun, direttore del Jesuit Refugee Service-Europa Sud-Est

“Zima ide” in bosniaco significa “Arriva l’inverno”, e negli ultimi giorni questa espressione si sente spesso quando si parla dei migranti in Bosnia-Erzegovina. La grande ondata di profughi dirottati dalla tradizionale rotta balcanica ormai passa per Sarajevo. Le stime dei numeri variano notevolmente perché la polizia non riesce a registrare tutti, ma si calcolano oltre 12mila richiedenti asilo entrati nel Paese balcanico dall’inizio dell’anno. Anzi, secondo il ministro della sicurezza Dragan Mektic, il numero provvisorio sarebbe intorno a 15mila persone, di cui 14mila intendono richiedere asilo. Tra i Paesi d’origine, Siria, Marocco, Algeria, Afganistan, Iran e Pakistan.

Si è registrato un grande aumento nell’estate: arrivavano circa 2mila persone al mese e questa tendenza è rimasta immutata anche all’inizio dell’autunno”

spiega al Sir Daniele Bombardi, rappresentante della Caritas italiana nei Balcani. E mentre a breve dovrebbe iniziare a funzionare il sistema di registrazione con le impronte digitali, Bombardi conferma che “la maggior parte dei migranti rimane concentrata nelle due località, situate al confine con la Croazia – Bihac e Velika Kladusa”. Secondo la Croce rossa, solo a Bihac ci sono circa 5mila persone e, di queste, oltre 1.000 stanno dormendo all’aperto.

Sale la tensione anche nella popolazione locale, tra il 20 e il 21 ottobre nelle due città al confine ci sono state delle proteste di massa contro i migranti ma soprattutto contro l’incapacità delle autorità di gestire la situazione. I media locali parlano di tensione aumentata e d’incidenti sfiorati. In risposta a tutto ciò e come atto di disperazione, centinaia di rifugiati in colonne si sono incamminati verso il confine croato dove però hanno trovato i posti di blocco della polizia.

L’inverno sotto la tenda? Per ora, la maggior parte dei migranti dispone solo di alloggi provvisori che variano da località in località. A Bihac i rifugiati hanno occupato un vecchio studentato, a Velika Kladusa c’è una tendopoli nei locali di un ex complesso industriale, mentre altri hanno occupato case abbandonate i cui proprietari sono fuggiti dalla guerra oppure emigrati all’estero. Senza disporre di nessun tipo di riscaldamento. “L’inverno qui è duro – spiega Bombardi – ed è ormai alle porte, dunque il problema degli alloggi diventa enorme”. Inoltre, continua, “nonostante le numerose segnalazioni da parte delle associazioni impegnate con i migranti, fino alle elezioni del 7 ottobre il governo ha fatto pochissimo per loro: le autorità avevano paura di subire attacchi politici”. Ora, dopo il voto, i piani d’azione sono pronti. Sono stati predisposti due centri per l’accoglienza: lo studentato di Bihac (attualmente senza finestre) che sarà ristrutturato e la caserma di Hadzici, vicino a Sarajevo, che dovrebbe aprire il 24 ottobre.

La risposta della Caritas. Nel frattempo, la Caritas locale ha fatto, oltre la distribuzione di cibo, diversi piani proprio in vista della stagione fredda. “Finora abbiamo distribuito vari tipi di generi di prima necessità: frutta e verdura fresca, alimenti in scatola, carne fresca, omogeneizzati per bambini, pacchi igienici”, precisa al Sir Dijana Muzicka, coordinatrice dell’emergenza della Caritas Bosnia-Erzegovina. In questo periodo vi è grande necessità di vestiti pesanti е le scarpe per l’inverno “perché i migranti sono vestiti in maniera inadatta”. Nelle prossime settimane in diversi campi è prevista la distribuzione di vestiti: “A breve dovrebbe essere aperta una lavanderia a Bihac dove i rifugiati potranno lavare ed asciugare i loro vestiti in fretta”. E conclude:

Si cerca di dare una risposta ai bisogni delle persone”.

C’è un forte interesse da parte di diverse realtà italiane (sia civili che ecclesiali) per aiutare i migranti in Bosnia-Erzegovina. Ma, “affinché l’aiuto possa arrivare direttamente ai bisognosi nel modo più coerente – si spiega – è opportuno rivolgersi o alla Caritas o alla Croce rossa”.

Emergenza freddo. “Nonostante i primi passi delle autorità per organizzare l’accoglienza, resta la paura che la Bosnia non riuscirà a gestire la situazione in inverno – dichiara Bombardi -. I posti letto rimangono insufficienti e molte delle persone già arrivate al confine non vorranno trasferirsi all’interno del Paese”. L’altra ipotesi è che “diversi rifugiati sceglieranno di passare i mesi freddi al sicuro, per esempio in Serbia dove ci sono già le strutture”. Oppure rimarranno nelle case abbandonate: “Questo però – afferma – è motivo di tensioni tra i migranti e la gente locale”.

Violenza al confine croato. Nel frattempo le notizie dal confine croato preoccupano, aumentano i casi con accuse di violenze e furti subiti dai migranti da parte della polizia croata. Sul caso è intervenuto anche il commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic. Una voce direttamente dal campo arriva dal gesuitapadre Tvrtko Barun, direttore del Jesuit Refugee service Europa Sud-Est, presente da tre mesi a Bihac: “I rifugiati segnalano anche esperienze positive con la polizia croata, ma molti raccontano di essere stati respinti con forza dalla frontiera e che i loro cellulari sono stati distrutti dalle forze dell’ordine”. “In effetti – continua – Zagabria ha praticamente chiuso il confine con la scusa della preparazione per lo spazio Schengen e i migranti non vogliono rimanere in Bosnia-Erzegovina, dove lo Stato non ha le possibilità di accoglierli la volontà politica di affrontare la questione in modo effettivo”. “Alla fine – conclude – si arriva a una situazione critica, irrisolta e di nuovo a soffrirne le conseguenze sono i più vulnerabili: i migranti”.

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