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Elezioni in Svezia: l’ombra populista si allunga su Stoccolma

Il Paese scandinavo si presenta alle elezioni di domenica 9 settembre diviso sui rifugiati, nonostante il fatto che, spiega Olle Sylvén dell’ufficio Caritas, la Svezia avrebbe "capacità, economia e spazio per accogliere i migranti. Ma nessun partito lo dice chiaramente come lo diciamo noi". La destra estrema ha scalato i sondaggi, in difficoltà le forze socialdemocratiche finora al governo. Società civile e Chiesa hanno lanciato la campagna denominata "il cuore del mondo"

Regna la confusione e l’incertezza a pochi giorni dalle elezioni legislative che si svolgeranno in Svezia domenica 9 settembre e c’è, forte, il rischio che il caos perduri anche dopo che saranno scrutinate le schede: i sondaggi danno per certo che Stefan Löven, leader socialdemocratico, che aveva ottenuto il 31% dei consensi nelle elezioni del 2014 e ha guidato una coalizione di governo con i verdi, perderà consensi (è dato intorno al 25%) e sebbene il suo partito dovrebbe restare il più votato, non avrà i numeri per guidare una coalizione di governo con i partiti di sinistra, ma dovrà – eventualmente – allearsi con la destra moderata per poter scavalcare i populisti con cui peraltro nessuno vuole governare.

Il Paese non fa eccezione. Negli ultimi mesi i Democratici svedesi, partito di forte matrice populista, ha registrato nei sondaggi una crescita di consensi fino a raggiungere il 20%. “Certamente il nodo della migrazione ha avuto un peso e molti sono rimasti spaventati dall’alto numero di arrivi degli anni scorsi. In realtà in queste settimane, avvicinandosi alle elezioni la tendenza si è invertita e i populisti sono scesi sotto il 18% e stanno guadagnando posizione nei sondaggi i partiti più piccoli: forse la gente si è resa conto della serietà della situazione e che non si può lasciare ai populisti troppo potere”. È Olle Sylvén, responsabile della comunicazione per Caritas Svezia, che traccia al Sir un quadro del clima generale alla viglia delle elezioni. Le percentuali mostrano tuttavia che, nonostante la solidità economica, i bassi tassi di disoccupazione e una consolidata tradizione democratica, anche la Svezia è “parte del trend populistico di tutta l’Europa occidentale”.

Retorica anti-immigrazione. I Democratici svedesi hanno fatto breccia con la retorica anti-immigrazione che fa leva sulle paure della gente e gli altri partiti sono rimasti “infettati da questi temi”, cercando “di mostrare a loro modo di essere in grado di proteggere la Svezia dai pericoli”. La Svezia “ha la capacità e l’economia e lo spazio per accogliere i migranti. Ma nessun partito politico lo dice chiaramente come lo diciamo noi” alla Caritas, perché “non risponderebbe al sentire delle persone”. Il “successo dei populisti condiziona” anche il discorso dei partiti democratici. Certo, dichiara Sylvén, “l’integrazione potrebbe funzionare meglio. Molte forze della società civile e legate alle Chiese sono al lavoro e noi siamo quelli che hanno le migliori opportunità per portare avanti questo compito, più dei politici, anche se non abbiamo troppe risorse. Sì, le periferie delle grandi città si sono isolate, ma nemmeno questo problema andrebbe esagerato. Dipende come si guarda alla questione: molti immigrati si sono integrati, molti non sono ancora parte della società, ma è un problema che nel giro di un paio d’anni potrebbe rientrare”.

Dibattito su Ue, sanità e tasse. Un altro tema impugnato dai populisti anche qui è quello dell’appartenenza all’Unione europea. Secondo Sylvén però il legame della Svezia all’Ue è consolidato: “Solo i Democratici svedesi sostengono un Swexit, l’uscita della Svezia dall’Ue; gli altri partiti si sentono a proprio agio con l’essere parte dell’Unione e non c’è un reale dibattito sul tema”. La sanità, le tasse e la fiscalità sono stati gli altri argomenti controversi tra i partiti in gara durante la campagna elettorale.

Delusione verso l’establishment. Non pare, d’altro canto, esserci il pericolo di una crisi di partecipazione: nel 2014 aveva votato l’85% degli svedesi e la percentuale dovrebbe restare alta perché tra la gente “è forte la consapevolezza che sia importante votare”. Il clima di confusione attuale potrebbe invece tradursi in un alto numero di schede bianche poste nelle urne, espressione di “delusione verso l’establishment politico”.


Campagna “il cuore del mondo”.
Che resti la consapevolezza e la voglia di partecipazione democratica nel tessuto svedese lo dimostra l’iniziativa messa in campo da Concord, una piattaforma di organizzazioni sociali, civili e religiose, che dalla primavera scorsa ha portato avanti una campagna indirizzata ai politici e ai partiti in lizza per esortarli ad assumersi la responsabilità anche delle grandi questioni globali, non solo di ciò che avviene in Svezia. #hjärtavärlden, il cuore del mondo, questo il titolo della campagna, si è sostanziata nel porre i candidati di fronte a un elenco di temi considerati imprescindibili: la migrazione (nella sua dimensione mondiale), la salvaguardia dell’ambiente, l’impegno per la difesa della dignità umana e della lotta alla povertà, l’implementazione di una “politica estera femminista”, vale a dire una politica estera che miri a rafforzare “i diritti, la rappresentanza e le risorse” delle donne e delle ragazze, partendo dal presupposto che se esiste la parità di genere a tutti i livelli il mondo funziona meglio.

Il sostegno delle Chiese. L’iniziativa di Concord, sostenuta da una cinquantina di organismi, tra cui il Consiglio delle Chiese cristiane, ha voluto portare questi temi globali nel dibattito, nell’agenda politica dei partiti e, auspicabilmente, del nuovo governo perché, si legge nel manifesto, “le decisioni politiche prese in Svezia influenzano le persone in altri Paesi e ciò che sta accadendo altrove riguarda anche noi qui. Per questo è importante che la Svezia contribuisca alle soluzioni politiche a livello globale”. “La Svezia vive ora una fase di chiusura, dopo l’arrivo in massa di rifugiati nel 2015-2016 a cui la società non era preparata”, commenta Sylvén; “ma le organizzazioni della società civile stanno chiedendo di tenere aperti i confini e le prospettive politiche. Su queste questioni siamo insieme, cristiani e non”.

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