Comece: promuovere il patrimonio cristiano d’Europa

Conferenza a Bruxelles promossa dalla Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) sul “patrimonio cristiano in Europa” nell’ambito dell’Anno europeo del patrimonio culturale designato dall’Unione europea per il 2018. Obiettivo dell’iniziativa europea: incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dalla ricchezza culturale presente nel continente europeo e rafforzare il senso di appartenenza a uno spazio comune. Il motto dell’Anno è: "Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro".

(da Bruxelles) Se i due siti più visitati in Europa sono le chiese di Notre-Dame e Sacré-Coeur di Parigi, è indubbio che il patrimonio religioso presente nel nostro continente rappresenta di gran lunga la più grande categoria di patrimonio culturale europeo e il più popolare. Per questo la Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) ha organizzato presso la sua sede di Bruxelles una Conferenza sul “patrimonio cristiano in Europa” nell’ambito dell’Anno europeo del patrimonio culturale designato dall’Unione europea per il 2018. Obiettivo dell’iniziativa europea è quello d’incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dalla ricchezza culturale presente nel continente europeo e rafforzare il senso di appartenenza a uno spazio comune. Il motto dell’Anno è:

“Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro”.

(Foto: Comece)

Alla Comece sono passati in rassegna alcuni dei progetti messi in atto per la valorizzazione del patrimonio religioso. Esempi presi da ogni angolo del continente, come il restauro di una perla nascosta che ha resistito alla furia del regime comunista, la cappella di san Martino a Stari Brod in Croazia; il pellegrinaggio di san Colombano che ancora oggi è possibile fare lungo le strade del continente; il suono d’Oriente degli inni di Samogitia in Lituania e la storica cattedrale di Chartres in Francia che oggi si propone come luogo d’incontro e dialogo.

(Foto: Comece)

“La cultura cristiana è unità nella diversità”, spiega padre Olivier Poquillon, segretario generale della Comece: è dialogo, rispetto dell’alterità. Ascolto dell’altro. “Siamo dentro a sistemi antropologici che respingono ciò che è diverso” mentre l’alterità è il cuore di un’antropologia cristiana che fa dell’uomo “un essere in relazione, che riceve la vita, la condivide e la trasmette”. Non c’è dunque alcuna rivendicazione qui a Bruxelles quanto piuttosto la proposta di una cultura che è pronta ad accogliere tutti. A dirla con le parole di monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio per la cultura, l’Anno europeo del patrimonio culturale designato dall’Unione europea per il 2018 “è un momento che ci permette di condividere quello che abbiamo, un patrimonio straordinario, ricco di monumenti e opere d’arte, importante a livello storico, culturale, artistico ma anche a livello esistenziale.

Le nostre pietre, le nostre tradizioni, la nostra musica, la nostra arte possono ancora parlare al cuore dell’uomo, possono ancora toccare le anime”.

(Foto: Comece)

D’altronde, osserva mons. Alain Paul Charles Lebeaupin, nunzio apostolico presso l’Unione europea, “non si costruirà l’Europa se i popoli che la compongono non impareranno a conoscersi”. Ed è su questo punto che ha insistito Tibor Navracsics, commissario Ue per la cultura. “Le nostre società soffrono di frammentazione e la volontà di vivere insieme non è scontata”. Questo è il motivo che ha spinto l’Ue a designare l’Anno europeo del patrimonio culturale per il 2018.

Dietro le belle facciate, dietro i nostri migliori musei e le nostre chiese più belle, c’è una storia che dice chi siamo. Ci sono preziosi suggerimenti sul nostro passato e sul nostro futuro, ci sono le nostre radici. È “un’eredità che dobbiamo conoscere, coltivare e trasmettere”. Perché, osserva il commissario Ue, “se oggi, ad esempio, alcuni dei nostri giovani si sono radicalizzati in pochi mesi e si rivoltano contro le loro stesse comunità per commettere le peggiori atrocità, questo non è in una certa misura perché

non siamo riusciti a promuovere i nostri valori comuni

e a creare un senso di appartenenza per loro?

Se le nostre politiche d’integrazione non funzionano, non è perché abbiamo dimenticato di usare le nostre identità ricche e diverse per riunirci? Se così tanti cittadini si chiedono che cosa significhi essere europei, non è perché invece di definire e spiegare, abbiamo dato per scontato che loro lo sappiano?”.

Per rispondere a queste domande, “il vuoto non può essere la risposta”, come non può esserla l’“amnesia culturale” o l’abuso del concetto di neutralità che “ci impedisce di conoscere il nostro passato, rendendo le nostre società più povere e mettendo a repentaglio la loro coesione”. “L’Anno europeo del patrimonio culturale – ha quindi concluso il commissario Ue – sarà un successo solo se useremo i nostri tesori culturali per rispondere a queste spinose domande. Se useremo questa opportunità come un invito a condividere e ad amare un passato comune e a costruire un’Europa migliore per il futuro”.

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