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Slovacchia, una pastorale per i rom. “Componente preziosa della nostra società”

L'analisi di Renata Ocilkova, incaricata della cura e del servizio pastorale per i rom della Conferenza episcopale della Slovacchia. I problemi di integrazione nella società sono evidenti e la Chiesa opera per superare le barriere. La fede cristiana elemento "per costruire ponti e per sbarazzarsi dei pregiudizi"

Si stima che ci siano circa 450mila persone di origine rom in Slovacchia che vivono principalmente nella parte orientale del Paese. I dati anagrafici non sono però precisi, perché molti rom non dichiarano la loro etnia quando devono comunicare con le autorità statali; preferiscono parlare più semplicemente di nazionalità slovacca o ungherese. Secondo il censimento del 2011, solo 105mila persone dichiaravano ufficialmente di far parte della popolazione rom, anche se “ufficiosamente” essi mostrano con orgoglio la loro vera origine. La verità è che, nonostante il loro numero relativamente alto e le loro ricche tradizioni culturali, i rom rimangono uno dei gruppi di abitanti più emarginati nel Paese. Si può immaginare che, dal momento che vivono per lo più in comunità piuttosto chiuse, con le proprie tradizioni i loro costumi, l’integrazione nella società risulta difficile, così come la pastorale a loro dedicata. Sir ne ha parlato con Renata Ocilkova, che è incaricata di questo aspetto per la Conferenza episcopale della Slovacchia.

Lei è responsabile del coordinamento della pastorale per i rom dal luglio 2017, ma questo incarico è stato preceduto da anni di volontariato in questo settore…
È vero, ho lavorato con i rom come volontaria per circa nove anni. Attualmente, sono responsabile dei servizi di consulenza, raccogliendo le osservazioni dei sacerdoti e delle religiose che lavorano con i rom, organizzando eventi nel settore educativo, fornendo sostegno ed evangelizzazione negli insediamenti rom. Mi occupo anche di monitorare gli aspetti legislativi riguardanti i rom e la loro integrazione nella società, aiuto per le raccolte di fondi e per la rete di sacerdoti e collaboratori pastorali.

C’è una differenza significativa tra i numeri ufficiali e la realtà per quanto riguarda il numero di persone rom che vivono in Slovacchia. Potrebbe dirci qualcosa sul loro tenore di vita?
C’è sicuramente una tendenza crescente allo sviluppo demografico per quanto riguarda questa etnia. Il tenore di vita dei rom che vivono in comunità chiuse è solitamente inferiore al tenore di vita dei rom socialmente integrati. Ma ci sono anche differenze significative all’interno dei loro insediamenti. In base alla mia esperienza, le posso dire che

quando le persone rom dedicano la vita a Dio, questo cambia la loro esistenza

tanto all’interno quanto all’esterno; la loro trasformazione interiore si riflette sul loro atteggiamento nei confronti della vita, del lavoro, dell’istruzione, delle relazioni e sul modo in cui vivono.

Spesso sentiamo dire che la fede di questa minoranza etnica è “tradizionale”. Come possiamo interpretare questa definizione?
I missionari che lavorano con i rom stimano che i sacerdoti possono raggiungere circa il 10% di loro attraverso il servizio pastorale. Questo numero potrebbe sembrare piuttosto modesto, ma se pensiamo che in ogni insediamento rom circa il 10% dei membri dedica la propria vita a Dio, c’è molta speranza. Sono convinta che, gradualmente, potrebbero diventare il lievito per l’intero gruppo etnico rom. Le forme di assistenza pastorale variano. I sacerdoti entrano in contatto con loro attraverso il classico lavoro pastorale nelle parrocchie oppure dedicano loro una speciale pastorale mirata. Di solito dipende dal loro numero nella parrocchia; il modo di lavorare con loro è fortemente influenzato anche dall’atteggiamento della maggioranza degli abitanti locali, a seconda se accettano o rifiutano i membri di questa comunità. Il mondo emozionale di questa etnia è molto ricco e, oltre alla formazione classica attraverso i sacramenti, si dimostra molto efficace concentrare la pastorale sul culto e sui ritiri spirituali.

Come abbiamo già detto, molti rom vivono in comunità piuttosto “chiuse”. Immaginiamo che non sia facile incontrarli, entrare in confidenza e iniziare un cammino comune. Qual è il modo migliore di entrare nel loro mondo?
Il mio viaggio in questo settore è iniziato molto tempo fa con un’amicizia con una donna rom, quando lavoravo in una casa-famiglia. Quando ci siamo incontrate molti anni dopo, sono andata a trovarla nel campo in cui viveva a Roma. La storia di un noto sacerdote cattolico, la cui pastorale porta molti frutti, è iniziata quando ha visitato per la prima volta uno degli alunni rom della sua scuola.

Proprio come avviene nel racconto del Vangelo, voleva “mangiare” a casa loro.

Quel sacerdote, in effetti, andò a casa di quel ragazzo e cenò con la sua famiglia. I cuori dei rom possono rimanere conquistati quando mostri loro che sono uguali a tutti gli altri, che sono tuoi fratelli e sorelle. Sono mossa dalla gratitudine per i doni che ho ricevuto nella mia vita e per la richiesta di Gesù che, se ci è stato dato qualcosa gratuitamente, anche noi dovremmo semplicemente dare. Quando capisci questo, tutto viene naturale in relazione ai rom: quando pranzi o ceni con loro nelle loro case o quando loro vengono da te. Questo atteggiamento può aiutare a costruire ponti e a sbarazzarsi di tutti i pregiudizi. Porta più umiltà nella nostra vita. I rom non sono una sorta di “appendice tollerata” della società, sono una sua componente preziosa su cui possiamo e dobbiamo contare. Inoltre, se il Vangelo continua a diffondersi nei loro cuori così come è avvenuto negli ultimi dieci anni, saremo presto molto grati nei loro confronti, per i loro cuori umili e calorosi, per i loro talenti, per il loro senso della famiglia, per la loro fede in Dio.

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