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Papa Francesco a (Re)thinking Europe: “Non è il tempo di costruire trincee, ma di lavorare per un’Europa unita e concorde”

Papa Francesco detta ai partecipati di "Re-Thinking Europe" una vera e propria agenda per far ripartire l'Europa. "Non è questo il tempo di costruire trincee, bensì quello di avere il coraggio di lavorare per perseguire appieno il sogno dei Padri fondatori di un’Europa unita e concorde, comunità di popoli desiderosi di condividere un destino di sviluppo e di pace”

“Se ci si trincera dietro le proprie posizioni, si finisce per soccombere. Non è dunque questo il tempo di costruire trincee, bensì quello di avere il coraggio di lavorare per perseguire appieno il sogno dei Padri fondatori di un’Europa unita e concorde, comunità di popoli desiderosi di condividere un destino di sviluppo e di pace”. Sono parole di incoraggiamento a proseguire nella costruzione del progetto europeo quelle che papa Francesco ha rivolto sabato pomeriggio ai 350 partecipanti all’incontro di dialogo su “(Re)Thinking Europe”, organizzato in Vaticano, dal 27 al 29 ottobre, dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), in collaborazione con la Segreteria di Stato. Il Papa ricorda la battaglia di Caporetto, una delle più drammatiche della Grande guerra, l’apice di un conflitto che ebbe il triste primato di mietere vittime e distruzione. L’Europa deve fare memoria della sua storia per guardare con speranza al futuro. Ad ascoltare il papa nell’aula del Sinodo, ci sono rappresentanti della Chiesa e leader politici europei di alto livello. Ci sono Franz Timmermans, primo vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, e la Signora Mairead McGuinness, primo vice presidente del Parlamento europeo.

Il Papa e l’Europa. E’ il terzo importante discorso che il papa rivolge all’Europa. Il primo era stato in occasione del suo viaggio a Strasburgo. Poi quest’anno a marzo il papa aveva incontrato i responsabili delle istituzioni europee in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. Ed ora, la Comece in collaborazione con la Segreteria di Stato, ha voluto organizzare proprio qui, nel cuore della Chiesa universale, un momento di dialogo e confronto tra tutti i protagonisti della vita politica, sociale e religiosa del continente, sulle grandi sfide che l’Europa sta attraversando. Brexit, Catalogna, disoccupazione, populismi, emergenza migratoria. L’Europa è in affanno. Poco amata dai cittacittadini. Poco efficiente nel dare risposte e soluzioni.

Non cifre, ma persone. Nel prendere la parola, Francesco detta una sorta di agenda per l’impegno dei cristiani in Europa. E il primo, dice,  è ricordarle che essa “non è una raccolta di numeri o di istituzioni, ma è fatta di persone”. Sta forse qui il motivo più vero della disaffezione che gli europei nutrono per le istituzioni dell’Ue e la strada per riannodare un rapporto difficile. Fa ancora male la fuoriuscita decretata per referendum del Regno Unito dalla Unione. Francesco punta dritto al problema è dice. “Purtroppo si nota come spesso qualunque dibattito si riduca facilmente ad una discussione di cifre. Non ci sono i cittadini, ci sono i voti. Non ci sono i migranti, ci sono le quote. Non ci sono i lavoratori, ci sono gli indicatori economici. Non ci sono i poveri, ci sono le soglie di povertà”.  Le cifre possono anche essere “utili ed importanti”, ma “rimarranno sempre senz’anima. Ci offrono l’alibi di un disimpegno, perché non ci toccano mai nella carne”.

Il tema del dialogo. Favorire il dialogo – ha detto Francesco – “è una responsabilità basilare della politica”. Purtroppo l’Europa è diventata “terreno fertile in molti Paesi” per “formazioni estremiste e populiste che fanno della protesta il cuore del loro messaggio politico, senza tuttavia offrire l’alternativa di un costruttivo progetto politico”. Al dialogo si sostituisce, o “una contrapposizione sterile, che può anche mettere in pericolo la convivenza civile, o un’egemonia del potere politico che ingabbia e impedisce una vera vita democratica. In un caso si distruggono i ponti e nell’altro si costruiscono muri”. “I cristiani – ha quindi aggiunto il Papa – sono chiamati a favorire il dialogo politico, specialmente laddove esso è minacciato e sembra prevalere lo scontro”.

I migranti. “Ero straniero e mi avete accolto”. Il Papa chiede all’Europa di prendere sul serio questa affermazione di Gesù. “Soprattutto davanti al dramma dei profughi e dei rifugiati, non ci si può dimenticare il fatto di essere di fronte a delle persone, le quali non possono essere scelte o scartate a proprio piacimento, secondo logiche politiche, economiche o perfino religiose”. E’ uno dei passaggi più forti del discorso di Francesco che ai partecipanti all’incontro e ai leader europei chiede di “favorire un’Europa che sia una comunità inclusiva”. E aggiunge: “Non si può pensare che il fenomeno migratorio sia un processo indiscriminato e senza regole, ma non si possono nemmeno ergere muri di indifferenza o di paura. Da parte loro, gli stessi migranti non devono tralasciare l’onere grave di conoscere, rispettare e anche assimilare la cultura e le tradizioni della nazione che li accoglie”.

Solidarietà e la promessa di pace. Per ripartire l’Europa è chiamata a “edificare uno spazio di solidarietà”.

“Significa avere premura per i più deboli della società, per i poveri, per quanti sono scartati dai sistemi economici e sociali, a partire dagli anziani e dai disoccupati”.

Il papa parla di una Europa malata di sterilità, “non solo perché in Europa si fanno pochi figli, e troppi sono quelli che sono stati privati del diritto di nascere, ma anche perché ci si è scoperti incapaci di consegnare ai giovani gli strumenti materiali e culturali per affrontare il futuro”. “Serve lavoro e servono condizioni adeguate di lavoro”, chiede il Papa. Francesco ricorda infine che l’idea originaria di Europa dei padri fondatori nacque come un progetto di pace dopo due guerre mondiali e violenze atroci di popoli contro popoli. Ancora oggi però vediamo come la pace sia un bene fragile e le logiche particolari e nazionali rischiano di vanificare i sogni coraggiosi dei fondatori dell’Europa”. Ed è proprio per la fragilità della pace, che il progetto europeo non solo deva andare avanti ma deve rafforzarsi. E’ questo il messaggio che il Papa invia oggi ai leader europei:  “L’Unione europea manterrà fede al suo impegno di pace nella misura in cui non perderà la speranza e saprà rinnovarsi per rispondere alle necessità e alle attese dei propri cittadini”. E poi un appello ai cristiani in Europa. “In questo tempo essi sono chiamati a ridare un’anima all’eall’Europa a ridestarbe la coscienza non per occupare degli spazi ma per animare processi che generino ivi dinamismo nella società “.

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