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Volontariato: Monika, da Bratislava al Kenya. Perché nella vita c’è di più…

Per un anno la giovane slovacca sarà nella cittadina di Korr, in una regione fortemente colpita dalla siccità. Dopo una lunga fase di preparazione con i Salesiani, partirà con un’amica medico, e il suo compito sarà insegnare inglese e religione. “Sento la spinta di servire Dio attraverso i poveri”

La società contemporanea sperimenta un forte impatto del relativismo e del consumismo, non solo nei Paesi occidentali dell’Europa, come viene spesso sottolineato, ma anche negli Stati post-comunisti, segnati da una forte tendenza ad esplorare e sfidare i confini della libertà riconquistata dopo la caduta del comunismo. Tuttavia, ci sono segni che indicano come i giovani non riducono i loro obiettivi all’autorealizzazione e non usano le nuove tecnologie soltanto per migliorare la propria vita. Un numero piuttosto elevato di giovani uomini e donne, infatti, investe il proprio tempo e il proprio talento cercando soddisfazione personale in altri campi, in un autentico servizio agli altri, guidati dalla fede cristiana mostrata con orgoglio che decidono di mettere in pratica nella loro vita quotidiana. Alcuni di essi offrono la loro testimonianza a casa, a scuola, sul lavoro, e altri decidono di dedicare anni della loro vita al volontariato per persone in difficoltà nei Paesi più poveri, come la ventiduenne Monika Froncova, che si sta preparando, sotto la guida del Salesiani di don Bosco a Bratislava, a vivere un periodo di volontariato di un anno in Kenya. Sir l’ha intervistata sulle sue speranze, le aspettative e vari aspetti della missione.

Che cosa spinge una giovane come lei a lasciare la “zona di conforto” a casa propria e, invece di studiare o cercare un lavoro ben pagato, andare come volontaria missionaria in Africa?
Da molto tempo avevo il desiderio di vivere una missione di questo tipo. In realtà, quando mi sono rivolta ai Salesiani per concretizzare questa opportunità, pensavo che tale iniziativa potesse essere naturale per ogni giovane cattolico. Anche se questo non è del tutto vero, come ho poi capito, molti dei miei coetanei desiderano fare qualcosa per gli altri…

Nel mio caso, in un primo momento c’era il desiderio di occuparmi dei bambini poveri.

Questa idea si è lentamente trasformata ed è maturata in un desiderio di condividere l’amore di Dio verso di noi con altre persone. Sento veramente la spinta di servirlo nei poveri.

Andare come volontaria in Africa deve essere piuttosto impegnativo per una ragazza della sua età. Chi ha deciso la destinazione in Kenya e qual è stata la sua reazione?
Ci è stata data l’opportunità di esprimere qualche preferenza per quanto riguarda la sede di lavoro, ma non ne avevo davvero nessuna. Tuttavia, avevo fiducia che i Salesiani, nella loro esperienza, fossero in grado di valutare le nostre capacità e i nostri talenti, così come le necessità delle comunità estere locali, a beneficio di tutti. Io e la mia collega Anka andremo in una regione orientale del Kenya colpita da forte siccità, in una piccola città, Korr. Anka è un medico, io dovrei insegnare inglese e religione. Onestamente, sono stata piuttosto sorpresa da questa scelta, perché in Kenya c’è una base forte per la formazione dei ragazzi nello spirito e nel carisma salesiano di Don Bosco, che è un ambito di attenzione soprattutto maschile, ma vedremo…

Ci descriva il suo corso di formazione di un anno dai Salesiani.
Consisteva in nove incontri nel fine settimana e un ritiro spirituale. Dal settembre 2016 al febbraio 2017 abbiamo avuto l’opportunità di dire di “no” se sentivamo che qualche aspetto del volontariato missionario fosse troppo per noi. I Salesiani hanno esaminato approfonditamente i nostri limiti interiori principalmente attraverso i colloqui personali e lo svolgimento dei compiti e degli esercizi. Hanno cercato di capire se fossimo in grado di vivere in condizioni difficili e se rispondessimo a tre condizioni fondamentali: la vitalità, una sana vita spirituale e le capacità fisiche. A marzo siamo stati informati sui risultati e sulla nostra destinazione futura, ed è iniziata la preparazione concreta. Ogni fine settimana era occupato da preghiere, messe, momenti di condivisione, lezioni su argomenti come lo zelo missionario, il lavoro di squadra, gli aspetti psicologici del volontariato, la salute, la prevenzione… Tutto ciò era inserito in un contesto di spiritualità.

E adesso?
Non vedo l’ora di trascorrere il mio tempo con le persone e con Dio. Naturalmente, sento una grande responsabilità e i crampi allo stomaco, perché non sono sicura se riuscirò ad essere una buona testimone dell’amore di Cristo. Mi rendo conto che in ogni missione, indipendentemente da quali siano i tuoi doveri specifici, la cosa più importante dovrebbe essere prendersi cura dell’anima delle persone, e il resto verrà naturalmente, a seconda dell’ambiente e delle condizioni concrete.

Quali sono le sue aspettative e speranze più profonde?
La regione in cui vado ha sofferto per molto tempo di siccità, quindi mi aspetto di trovare povertà e le malattie associate a questo fenomeno. Sono toccata dalla sofferenza degli altri, ma credo che nessuno venga abbandonato da Dio. Come dice il nostro supervisore, la povertà materiale e la malattia non sono le cose peggiori che possiamo incontrare, c’è più pericolo nella vanità, perché può rovinare il nostro rapporto con Dio. Come ho sentito dire, le persone in Africa sono povere, ma tendono anche ad essere più gioiose rispetto a noi.

Sono persone ricche in termini di fede e di relazioni.

Personalmente penso che potrebbe essere molto più difficile portare avanti un lavoro missionario nei Paesi che vivono nella prosperità, perché le persone vivono nell’abbondanza e tutto è caratterizzato dall’indifferenza.

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