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Senzatetto in Russia: la vita può ripartire da un campeggio estivo. A Stupino per dire “tu non sei solo”

La Caritas di Mosca e Merci House, una casa famiglia protestante, hanno offerto a una sessantina di donne e uomini che vivono per le strade della capitale una settimana fra le tende, immersi nella natura. Numerosi i volontari, fra solidarietà, fede e spirito ecumenico. Nadezhda Klyueva racconta anche il dopo-campeggio, con nuovi percorsi di riabilitazione e inserimento sociale

Nel bosco di Stupino, a un centinaio di chilometri a sud di Mosca, una sessantina di uomini e donne di ogni età che vivono per le strade della capitale, hanno recentemente vissuto una settimana di campeggio nella natura. “Tu non sei solo”: è stata battezzata così quest’esperienza che dall’anno scorso è organizzata dalla Merci House, una casa famiglia protestante che accoglie 34 bambini, e dalla Caritas di Mosca, unite nelle loro volontà di assistere i senzatetto. Una settantina i volontari che hanno garantito i servizi di cucina e della gestione quotidiana, la realizzazione “tecnica”, la conduzione del programma.

Natura, amicizia e preghiera. Le tende disseminate tra gli alberi, si cucina sul fuoco vivo; sotto alcuni gazebo tavoli e panche per mangiare o ripararsi dalla pioggia; in una radura una grande tenda per gli incontri e la preghiera. Non manca un servizio di distribuzione di abbigliamento di seconda mano. Le giornate sono cadenzate da momenti spirituali, curati dai volontari della Merci House che hanno molto a cuore “che le persone inizino a credere in Dio, si convertano e cambino la loro vita”, racconta al Sir Nadezhda Klyueva: è ortodossa e coordina per la Caritas di Mosca i progetti a servizio dei senzatetto. Il compito della Caritas, invece

“è più orientato ad aiutare le persone a cercare se stesse e a ripristinare la propria dimensione sociale”.

“Al campo abbiamo proposto attività in cinque ambiti di cura: delle relazioni e legami sociali; della casa e delle proprie cose; della salute; della dimensione interiore intesa come relazione con Dio, ma anche come riscoperta del senso della vita; e infine del lavoro”. A intervenire sui diversi temi anche ospiti non campeggiatori, come il sacerdote ortodosso padre Aleksander Borisov, “molto famoso a Mosca per le sue vedute aperte ed ecumeniche”, o le suore di Madre Teresa. È anche venuto in visita il responsabile dei servizi statali di accoglienza per i senzatetto di Mosca.

“Un atto di coraggio”. Le persone che hanno partecipato sono quelle che Nadezhda e i colleghi incontrano per le strade nelle loro attività. “Li abbiamo invitati tutte le volte che facevamo la distribuzione del cibo o al nostro Festival della solidarietà, il 7 giugno. Abbiamo anche chiesto alle organizzazioni partner e ai centri di riabilitazione di spargere la notizia. Qualcun altro l’ha saputo dal passaparola di chi c’era già stato nel 2016”. Il 22 giugno però quando l’autobus era pronto per partire, “molti di quelli che si erano iscritti non si sono presentati”. Erano stati giorni di pioggia “e alcuni hanno forse avuto paura del freddo. Altri forse hanno temuto che si trattasse di uno dei tanti casi di riduzione in schiavitù che si verificano in Russia: le persone vengono attirate con una proposta di lavoro ma poi schiavizzate. Fidarsi della nostra proposta per alcuni è anche un atto di coraggio”. A chi si era iscritto, era stato richiesto di fare una doccia prima di partire e sottoporsi a un controllo medico per le malattie della pelle e la tubercolosi. “Il servizio ha funzionato molto bene e quest’anno nessuno era sporco”. “È migliorato anche l’atteggiamento nei confronti delle persone, nel senso del rispetto per le scelte individuali. Lo scorso anno c’era stata un po’ di pressione per cui a chi partecipava veniva in qualche modo richiesto di aderire poi a un cammino di fede. Quest’anno invece non lo si è sentito”.

Un percorso nuovo. Dopo il rientro da Stupino “mi capita ogni giorno di incontrare o sentire al telefono qualcuno che era al campo e che ha iniziato un percorso nuovo: hanno vissuto una settimana senza bere anche se non c’erano limiti o muri ed è stato un miracolo. Ora vogliono continuare su quella strada”. Quattro uomini sono stati accolti alla Merci House, e hanno iniziato a coltivare un pezzo di terra messo a loro disposizione. Altri cinque o sei dopo il campo sono entrati in un centro di riabilitazione; c’è chi al ritorno ha ripreso il contatto con la famiglia. Un uomo in particolare, un senzatetto convinto, amante della propria libertà, dopo il primo campo è tornato a vivere nella strada. Ma quest’anno ha voluto andare a mostrare a suo fratello le foto del campo e stare un poco con lui. Tornato a Mosca, anche lui ha deciso di farsi aiutare per cambiare vita. “Naturalmente poi ci sono anche persone di cui non ho più alcuna notizia”.

Il segreto che fa uscire le persone dalla strada è che trovino qualcuno che crede in loro.

Ricostruire la fiducia in sé. Le statistiche ufficiali parlano di 160mila senzatetto a Mosca nel 2016. Secondo la Caritas sono 30mila. La maggioranza sono maschi che si trovano in situazioni difficili, per via del lavoro o la rottura dei legami familiari. E molto spesso “vivono una situazione d’impotenza e d’incapacità a gestire le difficoltà. Al campo cerchiamo di far capire loro che c’è sempre spazio per prendere una decisione e cambiare. E in quei giorni, senza la pressione del quotidiano, del cercare un posto dove dormire o il cibo, hanno la tranquillità di affrontare la situazione, ricostruire la fiducia in se stessi, scegliere il cambiamento”.

Dimensione ecumenica. Stupino sta diventando anche una palestra di ecumenismo: l’iniziativa e la maggioranza dei volontari sono protestanti; i cattolici molti meno, ma in aumento. Secondo Nadezhda l’anno prossimo ci saranno anche degli ortodossi. Dopo il suo ritorno dal campo infatti è stata invitata a parlare di questa esperienza a un gruppo di volontari ortodossi. Certo, “ci sarà bisogno di cambiare alcune cose nelle preghiere, ma già quest’anno, poiché era maggiore la presenza cattolica, c’è stata più attenzione alla dimensione del rispetto confessionale”.

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