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Francia nella morsa della violenza. Dominique Quinio: “Una sfida che si vince solo con la coesione sociale”

Colpita su più fronti, la Francia si trova nella morsa della violenza: dagli scontri delle tifoserie agli Europei 2016, al ritorno dell'incubo terrorismo con l'attacco a Magnanville fino alle manifestazioni di violenza e guerriglia urbana a Parigi contro la legge sul lavoro. Intervista a Dominique Quinio, per 10 anni direttore de La Croix e oggi presidente delle Settimane sociali francesi: "La Francia sta attraversando  un momento difficile che richiede non divisione ma coesione sociale".

Colpita su più fronti, la Francia si trova nella morsa della violenza. La festa degli Europei è stata rovinata da una serie di scontri tra tifosi che lasciato strascichi di distruzione, feriti e fermati. Mentre polizia e forze di sicurezza sono impegnate a contenere le bande delle tifoserie, è tornato l’incubo del terrorismo: a Magnanville un giovane affiliato all’Isis, Larossi Abballa, uccide a coltellate due poliziotti e mentre è barricato nel loro appartamento riprende l’orrore in diretta facebook. Ma lo scempio della violenza non è finito: a margine della manifestazione dei sindacati di martedì 14 giugno a Parigi contro la legge sul lavoro, un centinaio di “casseur” affiliati a gruppi di anarchici e di estrema sinistra, provoca per le strade della città scene di guerriglia urbana. Sono arrivati addirittura a devastare un ospedale pediatrico dove tra l’altro è ricoverato il piccolo di tre anni scampato due giorni prima alla mattanza dei suoi genitori poliziotti a Magnanville.  “Si è superato ogni limite sopportabile”, dice il vescovo di Le Havre, monsignor Jean-Luc Brunin, presidente del  Consiglio episcopale “Società e Famiglia”. “Non si può che condannare nella maniera più assoluta questa violenza. E’ un modo di agire  che assolutamente non aiuta a fare passi in avanti ma destruttura una società”. Dominique Quinio ha diretto per dieci anni (dal 2005 al 2015) il quotidiano cattolico francese La Croix ed è stata eletta quest’anno presidente delle Settimane Sociali francesi.

Che cosa sta succedendo alla Francia?
Penso che non si possono amalgamare tutte le violenze perché ci sono alcune che sono purtroppo ricorrenti, come quelle messe in atto dai tifosi di calcio. C’è poi il fenomeno del terrorismo che è invece una questione inedita che prende forme nuove e sempre più crudeli e per questo è un fenomeno difficile da controllare. La terza forma di violenza è quella dei “casseur”. E’ opera di giovani che arrivano dalla banlieue e che esprimono con la forza la loro frustrazione. Sono per lo più appartenenti a gruppi anarchici e di estrema sinistra e manifestano la loro collera contro il potere politico.

Perché adesso?
Tutto questo è sicuramente accentuato dal periodo pre-elettorale che vivremo  tra un anno. La Francia sta attraversando  un momento difficile che richiede non divisione ma coesione sociale. Rispetto al mondo tedesco o anglosassone, la nostra società fa più fatica a comprendere e vivere una cultura della negoziazione e fare un passo verso l’altro, anche se l’altro non è esattamente come lo desideriamo. 

E i francesi cosa pensano di questa coesione sociale?
E’ curioso che tutte le inchieste sociologiche che sono state fatte in Francia, dimostrano che quando si pongono alle persone domande teoriche e generali riguardo per esempio al loro rapporto con le migrazioni, vengono fuori risposte di chiusura, comunitarismo, non accoglienza. Ma quando le questioni vengono poste in maniera più fine e precisa, come per esempio sul diritto di essere curati quando si è ammalati, le risposte diventano positive.

Cosa vuole dire con questo?
Che bisogna puntare su queste qualità dei nostri cittadini e non come fanno spesso i responsabili della politica, cavalcare le paure delle persone. La disoccupazione, la mancanza di futuro per i giovani, la difficile coesistenza tra culture e religioni diverse sono questioni importanti che non possono certo essere minimizzate ma invece di puntare  sui sentimenti di solidarietà insiti nelle persone, troppo spesso si accentuano angosce e paure.

Per arrivare ad un livello così alto di violenza, quali errori, secondo lei, si sono compiuti nel passato?
In realtà se si guarda alla storia anche recente della Francia, ci accorgiamo che manifestazioni di violenza ci sono sempre state. Certo la questione del terrorismo di Daesh è nuova ma la Francia ha conosciuto periodi di terrorismo con l’Algeria. Oggi tutto è reso più difficile dalla crisi economica e sociale: la disoccupazione, l’aumento dei giovani che fanno fatica a pensare al loro avvenire. Sono situazioni che possono provocare una frustrazione pervasiva. Purtroppo i diversi governi che si sono succeduti nel tempo, non hanno saputo agire su questi temi.

Dove hanno sbagliato?
Risponderei a questa domanda indicando piuttosto una prospettiva e dicendo che la politica deve ritrovare un orizzonte di pensiero e di azione che la renda oggi in grado di elaborare un progetto convincente. Il problema è che i responsabili politici non sono più credibili e anche le istituzioni hanno perso credibilità. Assistiamo ad un ritorno all’individualismo in cui ciascuno pensa esclusivamente al suo proprio destino. La realizzazione personale è importante ma si dimentica che la si può raggiungere solo perché siamo inseriti in una comunità e quindi solo se ci poniamo al servizio degli altri e con gli altri al servizio del bene comune.

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