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Francia, un centro per curare e prevenire la radicalizzazione dei giovani islamici

Dounia Bouzar guida il Centro di prevenzione contro le derive settarie legate all’Islam. A lei e alla sua équipe si rivolgono le famiglie che hanno un familiare radicalizzato. Un fenomeno che secondo i dati del Ministero dell’Interno, tocca particolarmente la Francia. Sono circa 1.800 le persone coinvolte nelle filiere jihadiste e si stima che ci siano nel Paese 7mila situazioni a rischio

Ma contro chi stiamo combattendo in Europa? Cosa e chi si nasconde dietro la rete del Jihadismo in Europa? E come fa ad entrare nelle menti dei ragazzi? Erano tutti giovanissimi gli autori degli attentati di  Parigi. Dietro ai mandanti internazionali, si celano volti di poco più che adolescenti ripresi nelle foto con i kalashnikov in mano. Ma sono tutti nati in Europa, cresciuti nelle scuole europee, formati nel solco della cultura e della storia dell’Occidente. La Francia e il Jihadismo. Un fenomeno che dal 2014, il Centro di prevenzione contro le derive settarie legate all’Islam sta studiando attraverso l’accompagnamento psicologico alle famiglie che hanno conosciuto il processo di radicalizzazione dei loro familiari. Il Centro è sorto in seguito alle numerose chiamate di aiuto che sono arrivate a Dounia Bouzar autrice di un libro dal titolo “Désamorcer  l’islam  Radical. Ces dérives sectaires qui défigurent l’islam”. Secondo i dati del Ministero dell’Interno riportati dalla Reuters, la Francia è particolarmente toccata dal fenomeno della radicalizzazione: sono circa 1.800 le persone coinvolte nelle filiere jihadiste. Il dato comprende sia chi è già partito per Iraq e Siria, chi è rientrato sia chi ha intenzione di partire. Si stima inoltre che ci siano 7mila situazioni a rischio.

Il fenomeno della radicalizzazione tocca tutti i ceti sociali. Non coinvolge esclusivamente il mondo musulmano, ma fa presa su tutti gli ambienti, anche quelli senza particolari riferimenti religiosi.

Ad essere vulnerabili all’adescamento sono i giovanissimi, dai 18 ai 21 anni.

Il Centro elabora percorsi di sostegno psicologico  differenziato alle famiglie e ai ragazzi e propone corsi di formazione per insegnanti ed operatori sociali. Ha anche realizzato alcune clip di spiegazione e prevenzione del fenomeno che si possono vedere sul loro sito.

Nella clip “Endoctrinement mode d’emploi”, Dounia Bouzar spiega come e perché l’indottrinamento può fare presa sui ragazzi.

L’adescamento avviene via Internet e social network. Il discorso parte sempre da un’analisi negativa della società, facendo quindi presa sul sentimento di disagio, solitudine e ricerca di senso che pervade il mondo giovanile.

Si mostrano immagini forti di bambini torturati, feriti, agonizzanti nel loro sangue a riprova di un mondo avido e violento. A partire da questo quadro funesto,  si dice ai ragazzi che “Dio li ha scelti per salvare il mondo da questo declino”. Il passo successivo è la rottura totale con la famiglia, la scuola, i vecchi amici. Nella clip si fa vedere uno spezzone di video usato dai jihadisti: c’è un uomo che in lingua francese mostra da una barca la schiuma provocata dal motore e indicandola dice che gli “eletti” sono come questa scia bianca che emerge dal mare che è la comunità musulmana nel suo insieme. Gli eletti sono definiti “il cuore” della comunità, “i puri”, “i combattenti”, “i benedetti”, coloro che “non hanno paura di morire”. Il tutto è pervaso dal mito del martirio, dalla promessa del Paradiso e dall’imminente fine del mondo. Le frasi vengono ripetute più volte secondo la tecnica di indottrinamento della “ripetizione”.

Il Centro ha anche prodotto un clip, “Ils te diront”, nel quale prendono la parola tre protagonisti di queste storie. C’è Foad fratello di Norah, una ragazza di soli 15 anni, attualmente ancora in Siria. C’è una giovane mamma alla quale il marito ha “rapito” la piccola Assia di 24 mesi e l’ha portata in Siria. “Viveva nel suo mondo – racconta – e nel giro di soli due mesi ha ceduto all’Islam radicale. Non è più tornato indietro. Lo hanno messo contro tutti”. Il racconto di Dominique è particolarmente toccante: suo figlio Nicolas è deceduto in Siria il 2 gennaio 2014. Ad avvisarla della sua morte è un sms dalla Siria. Dominique descrive il figlio come un ragazzo “sensibile” e “gentile”. “Mi diceva: ‘mamma, qui non sto bene. Non sono io. Vorrei vivere in un Paese musulmano’. E io gli dicevo che se si sentiva più felice in un paese musulmano, poteva lasciare la Francia ma non avrei mai immaginato che aveva in mente la Siria”. Dalla Siria, Nicolas l’ha chiamata una volta dicendole delle sue intenzioni di combattere e morire. E lei lo ha implorato di non farlo: “Hai ancora tante cose da fare nella vita. Sei troppo giovane per morire”. Ma era troppo tardi.

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