“Senza lavoro la vita è ferita”

I vescovi accanto a disoccupati, lavoratori precari o "in nero", vittime di incidenti professionali, migranti... Dignità umana e solidarietà

Nel 2014 sono stati compiuti vent’anni dall’approvazione, da parte della LXII Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola (Cee), del documento “La Pastorale del lavoro di tutta la Chiesa”. “Questo anniversario offre l’occasione per proporre una rinnovata riflessione sulla mutata e mutevole situazione del mondo del lavoro, a partire dal Vangelo e dalla Dottrina sociale della Chiesa”, si legge in una nota a firma di monsignor Javier Salinas Viñals, presidente della Commissione episcopale per l’Apostolato dei laici, e degli altri vescovi che fanno parte della stessa Commissione, diffusa in questi giorni, in occasione del 20° anniversario. “Il lavoro è il riconoscimento della sacra dignità della persona umana, sia essa uomo o donna”, scrivono i presuli spagnoli. L’intento, dunque, è quello di dare “chiavi di lettura” a tutti i membri della Chiesa affinché “possano sentirsi nuovamente inviati ad annunciare il Vangelo, con parole e opere, nella realtà essenziale del lavoro umano”.

Non si rispetta la dignità umana. La nota mette in evidenza che “attraverso il lavoro umano si costruisce anche la vita sociale e politica, contribuendo alla realizzazione del piano di Dio per l’umanità, anticipando, nella solidarietà umana e nella giusta distribuzione dei beni destinati universalmente a tutti, la comunione fraterna che nostro Signore Gesù Cristo realizza tra noi per mezzo del suo Spirito”. Di qui la sottolineatura dei vescovi spagnoli: “Se manca il lavoro, la dignità umana viene ferita, ci ha ricordato recentemente in diverse occasioni Papa Francesco”. Eppure, “in alcuni luoghi oggi la sacralità della dignità umana non viene presa in considerazione ed è particolarmente danneggiata dalle condizioni di lavoro che prevalgono spesso nel nostro mondo”. Poi i presuli analizzano i mutamenti avvenuti nel mondo dell’occupazione negli ultimi venti anni ed elencano alcuni fenomeni preoccupanti: il precariato, il lavoro spersonalizzato, i salari minimi che impediscono alle persone di uscire dalla povertà e dall’esclusione sociale, l’eccessivo individualismo che porta a lavorare in modo egoistico e non per la costruzione del bene comune, le occupazioni che ostacolano i rapporti sociali e che, spesso, impediscono la vita personale e familiare.

Percorrere sentieri di giustizia. Di fronte a questa “nuova configurazione del lavoro umano”, prosegue il testo, “si riscontra la nascita di un nuovo soggetto la cui esistenza è orientata alla produzione e al consumo, lontana dall’umanità”; ma “negare la dignità umana del lavoratore, mercificando il suo lavoro, equivale a negare Dio stesso e ostacolare il suo piano di salvezza per tutti”, mettono in guardia i vescovi. Per questo, esortando i fedeli a percorrere “sentieri di giustizia”, la nota episcopale esprime vicinanza alle vittime di incidenti sul lavoro, agli invalidi civili, ai disoccupati, ai lavoratori precari o catturati dalla “spirale del lavoro nero, senza diritti”, ai giovani “senza speranza di fronte ad un futuro lavorativo pieno di incertezze”, alle donne discriminate sul lavoro, ai migranti “costretti ad abbandonare le loro case e le loro famiglie in cerca di un’occupazione che permetta loro di vivere con dignità”.

Carità e solidarietà. L’auspicio della Chiesa spagnola, dunque, è che “si possano proporre nuovi orientamenti che aiutino a realizzare la missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo del lavoro”. Pubblicato nel 1994 nell’ambito della LXII Assemblea plenaria della Cee, il documento “La Pastorale del lavoro di tutta la Chiesa” affrontava il tema ad ampio spettro: rivolgendosi a sacerdoti, religiosi, consacrati, seminaristi, ma anche a laici, teologi, movimenti apostolici, operatori dei mass-media, scuole sociali, il documento insisteva sull’urgenza di una nuova evangelizzazione del mondo del lavoro e sulla necessità di uno stile di vita delle persone che fosse coerente con il Vangelo di Cristo. I presuli si appellavano, quindi, a una pianificazione realistica di tale pastorale, guardando alla dignità e alla giustizia del lavoro, nell’ottica della “carità che anima la vera solidarietà”.

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