Arrampicarsi a Marghera per riscoprire insieme il vero, il buono e il bello

Succede a Ca' Emiliani, rione ex operaio, con le finestre affacciate su silos e ciminiere, serbatoi e tubazioni di un'industria chimica ormai in disarmo

La voglia di riscatto, a volte, aguzza l’ingegno, risveglia energie, spinge ad azioni coraggiose. Così una periferia può tornare ad essere "centrale", può offrire ai suoi residenti opportunità altrove inesistenti, richiamando anzi persone anche dal resto della città. È quello che succede a Ca’ Emiliani, rione ex operaio di Marghera, con le finestre affacciate su silos e ciminiere, serbatoi e tubazioni di un’industria chimica ormai in disarmo. Passati gli anni degli pneumatici in fiamme e delle bandiere sindacali, l’epoca delle energie giovanili convogliate in associazioni ambientaliste e socialmente impegnate, archiviato anche il tempo delle battaglie legali per la salute dei lavoratori, le nuove emergenze si chiamano spaccio, disagio giovanile, occupazioni abusive, sfruttamento della prostituzione. Malanni che convivono a fianco di una popolazione anziana composta da ex operai e profughi giuliano-dalmati, vedove e inquilini di case popolari.

Palestra a cielo aperto. La parrocchia di Gesù Lavoratore, un tempo salesiana, è sempre stata l’unico punto di riferimento in zona, religioso ma anche sociale. Sul suo sagrato si è fermato un Papa poi proclamato santo – Giovanni Paolo II – durante la sua visita pastorale a Venezia. E forse non si sarebbe stupito Karol Wojtyla, amico dei giovani, amante delle gite in canoa e delle scalate in montagna, se avesse visto sul fianco della chiesa corde e prese di resina multicolori, con un gran numero di giovani e meno giovani pronti a calzare le scarpette da free climbing. L’iniziativa è nata nel 1998 dalle larghe vedute pastorali dei seguaci di Don Bosco, e dalla buona volontà di un gruppo di volontari che hanno scelto il nome di "Sgrafamasegni" (che in veneziano significa "graffia pietre", con un gioco di parole che richiama i "masegni" che lastricano il selciato veneziano). Oggi, con l’incoraggiamento dell’attuale parroco, il sacerdote diocesano don Luca Biancafior, è diventata la più ampia palestra artificiale di arrampicata all’aperto presente in Veneto. Ospita una trentina di vie di una decina di metri di varia difficoltà, dal IV grado della scala Uiaa al 7a degli arrampicatori sportivi; una parte della parete è riservata alle prime scalate dei bambini. Il gruppo, presieduto da un istruttore di arrampicata del Cai, Gigi Tormen, organizza tutti gli anni una manifestazione aperta alle scuole, "Arrampilandia": ad oltre mille alunni delle scuole primarie della Provincia viene offerta dai volontari la possibilità di sperimentare le attività di montagna e giocare su ponti tibetani e teleferiche mozzafiato. Si svolge negli stessi giorni della festa patronale del Primo Maggio, anche questa organizzata per dare una più attraente immagine al rione.

La goccia che leviga la pietra. "Sono iniziative che servono a riqualificare il territorio, offrendo un’alternativa interessante e buona alla strada", spiega don Luca, 37 anni, mandato a Gesù Lavoratore dopo aver ricoperto l’incarico di vicedirettore della Caritas diocesana. "Chi nasce nel brutto crescerà brutto", ricorda il parroco parafrasando mons. Bregantini. Ecco perché a Ca’ Emiliani ci tengono a curare le proposte offerte al territorio. Ma don Luca sa che la sfida è dura e non si può vincere con poca fatica: "Ci vuole una goccia continua che levighi la pietra. Le cose fatte a spot sono solo palliativi. Bisogna costruire le coscienze, portare a far desiderare il bene, il buono, il bello. Su questo fronte, siamo come in trincea: l’ora di catechismo fa fatica a cambiare un contesto familiare a volte molto complesso".

Aspettando il Comune… Anche l’amministrazione pubblica, poi, dovrebbe fare la sua parte. Da tempo è stato presentato un progetto per la riqualificazione del quartiere, che fatica a partire. Tanto più oggi, che il Comune di Venezia è anche commissariato. "Noi facciamo il possibile – conclude don Luca – per portare una presenza incisiva, che stimoli un po’ di bene. Continuiamo a sperare. Ma il rischio è che i residenti si rassegnino e dicano ‘Così è e così sarà sempre’, se le promesse rimangono promesse". Paolo Fusco (02 agosto 2014)

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