Una piazza tinta di bianco e rosso i colori polacchi

Degli oltre ottocentomila pellegrini che hanno partecipato alle canonizzazioni dei due Pontefici, almeno un quarto erano polacchi. I segni tangibili di una fede adulta

Non è solo il loro Papa, anzi, il loro Santo. Karol Wojtyla è venerato in tutto il mondo, ma certamente c’è un legame particolare che lo lega alla Polonia. Lui, salito nel 1978 al soglio petrino, aveva nella mente e nel cuore il suo Paese. Per questo piazza San Pietro, ieri, aveva ovunque il bianco e il rosso della bandiera polacca. Proprio come alla beatificazione, nel 2011. Degli oltre ottocentomila pellegrini che hanno partecipato alle canonizzazioni dei due pontefici – Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II – forse un quarto erano polacchi. In buona parte hanno raggiunto Roma su 1.700 pullman, affrontando un viaggio lungo (quasi due giorni) e faticoso, altri sono giunti con voli charter o treni speciali, altri ancora con mezzi propri. Non mancavano neppure i polacchi emigrati: "Polonia semper fidelis", recitava uno striscione in piazza. E la folla presente lo confermava.

Tutti i presidenti della Polonia post-comunista. Significativa la partecipazione delle autorità: vi erano il presidente della Repubblica di Polonia, Bronislaw Komorowski, visibilmente commosso, il primo ministro Donald Tusk, il leader di Solidarnoœæ Lech Walêsa (che fu presidente dal 1990 al 1995), l’ex presidente Aleksander Kwaœniewski, con le rispettive consorti. Praticamente tutti i presidenti della Polonia "libera", dopo la caduta del muro di Berlino (ad eccezione del defunto Kaczyñski). "Giovanni Paolo II è stato il Papa della libertà", ha detto Bronislaw Komorowski negli incontri avuti con Papa Francesco e con il segretario di stato Pietro Parolin, alla vigilia della cerimonia. Egli "ha saputo dare fiducia e rinforzare l’anelito alla libertà dei 10 milioni di polacchi che hanno costituito Solidarnoœæ, che è stato una guida etica e morale". Guardando ai 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, per Komorowski – che oggi incontrerà il presidente italiano Giorgio Napolitano e parteciperà alla Messa di ringraziamento – "questa canonizzazione racchiude e sottolinea quell’anniversario". Infine, nel corso degli incontri il presidente polacco ha avuto un pensiero per la "necessità di un’amichevole distinzione tra Stato e Chiesa, fondamento di un Paese democratico".

Le voci dei pellegrini. Tra i pellegrini in piazza vi erano Leszek e Malgorzata Wachowscy, 32 e 30 anni, giunti da Pruszków per la cerimonia e pronti a ripartire già oggi. "Papa Wojtyla è il nostro ‘patrono’. Ci siamo incontrati per la prima volta al suo funerale", raccontano. E da 5 anni sono sposati. Teresa Sawicka era invece in piazza "per ringraziare e pregare san Giovanni Paolo II". Di lui ricorda in particolare "il sorriso e quanto fosse legato ai giovani e alle famiglie". Ma non ci sono solo polacchi, "tutto il mondo è a Roma perché Wojtyla è santo per tutti", mette in guardia Kasia Abel, che ha partecipato alla canonizzazione con un gruppo di 60 persone da Swarzêdz e Œrem ed è convinta che questo sia "il più bel momento" della sua vita. Originaria dell’hinterland di Cracovia, Anna Bawol, 24 anni, studia a Roma e per lei "era impossibile mancare" a un evento "così importante per i polacchi e non solo". Di Giovanni Paolo II ricorda il carisma con i giovani, la capacità di "parlare con loro, coinvolgerli, affascinarli". Dalla Repubblica Ceca è invece giunto un pullman con 48 pellegrini polacchi. "Giovanni Paolo II – commenta una di loro, Zuzana Tomasova – per noi è stato molto importante: ci ha aiutato nella lotta al comunismo". Zuzana è giovanissima, appena 20 anni, perciò non ha un ricordo diretto del Papa, tuttavia mostra di conoscerlo bene "grazie ai libri letti, ai film e ai racconti del sacerdote".

Una fede profonda. Osservando la piazza, colpiva il silenzio e il raccoglimento dei fedeli nel corso della celebrazione eucaristica. Non c’erano cori e gli applausi erano limitati al momento della formula di canonizzazione e all’omelia di Papa Francesco, quando aveva definito Wojtyla "Papa della famiglia". "I polacchi che sono venuti adesso, rispetto al funerale nel 2005, hanno subito una profonda trasformazione nella loro fede", commenta Anna Kowalewska, giornalista polacca residente a Roma. "Costoro vivono la fede in profondità, al di là dell’emotività del momento. Hanno deliberatamente fatto sacrifici per partecipare, mossi da un autentico sentimento religioso". Quel silenzio era denso di preghiera. Seguendo l’esempio di Karol Wojtyla, la cui santità – più volte acclamata – ora è stata riconosciuta dalla Chiesa. Francesco Rossi (28 aprile 2014)

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