Un laicato in ricerca

Ieri e oggi la bussola della dottrina sociale cristiana

Ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa per trovare risposte alle emergenze della crisi culturale, economica e sociale in corso. È l’invito rivolto da Claudio Vasale, docente di sociologia all’Università "La Sapienza" di Roma, ai cattolici che, fedeli all’insegnamento del Concilio Vaticano II, vogliano oggi porsi al servizio della città e del bene comune. Con Vasale il Sir ha ripercorso i principali cambiamenti avvenuti nella società italiana negli anni post-conciliari.

Qual è stata, durante il suo svolgimento, la percezione del Concilio nella società italiana, e quali i principali "riflessi" negli anni successivi?
"Nonostante l’opera meritoria degli organi di stampa, specialmente ‘L’Avvenire d’Italia’ (quotidiano d’ispirazione cattolica diffuso soprattutto nel Nordest durante gli anni del Concilio, uno dei più prestigiosi organi d’informazione sull’evento, ndr) diretto da Raniero La Valle, peraltro di non diffusa lettura, la gran massa dei fedeli e degli italiani in genere non capì la portata non solo ecclesiale dell’evento, che si calava in una situazione ambivalente. Una realtà in cui convivevano residui della tradizionale ‘società cristiana’ insieme ai nuovi fermenti e ai valori della ‘società affluente’ (o società industriale avanzata) introdotta dal ‘miracolo economico’ che ha portato in pochi anni l’Itala a essere uno dei sette Paesi più industrializzati del mondo".

Che cosa intende dire affermando che la storica assise ha segnato il discrimine tra "mondo cattolico" e "mondi cattolici"?
"Quell’unità dei cattolici che, salvo frange come i ‘cattolici comunisti’, venne di fatto riassunta nella Democrazia cristiana – pur formalmente partito di cattolici – trovò nella lettura postconciliare, combinata con le trasformazioni accennate, l’occasione per incrinarsi e poi rompersi, favorita anche dai diversi modi d’interpretare le riforme. Il laicato cattolico che aveva visto riflessa – nell’Azione Cattolica prima, nella Dc poi – l’espressione fondamentalmente unitaria del suo impegno sociale e politico, veniva ormai gradualmente acquisendo la coscienza della propria autonomia. Si può senza dubbio concordare con Piero Scoppola, secondo il quale dopo il Concilio il ‘collegamento organico tra la Dc e il mondo cattolico organizzato entra in crisi e viene meno’. Ma se si guarda a una prospettiva anche di medio periodo, si deve riconoscere che quel disincaglio e quel distacco erano già in atto sotto traccia negli anni fra il Cinquanta e il Sessanta, mentre il cosiddetto ‘dissenso cattolico’ ha ben poco inciso a livello di massa".

Ad appena tre anni dalla chiusura del Concilio esplode il ‘68…
"A poco più di un vent’anni dall’ultima guerra e sotto la suggestione di un’ideologia ‘rivoluzionalista’ a risonanza internazionale, e mitizzato nei suoi intenti giacobineggianti, esso non registra solo il disagio giovanile nella società del benessere, ma è quasi la premonizione dell’avvento di quei nuovi valori o pseudo-valori, dall’antiautoritalismo alla morale sessuale all’individualismo permissivistico, che diventeranno patrimonio diffuso della società post-industriale".

Ritornando ai laici: il Concilio ne ha "valorizzato" ruolo e responsabilità nella Chiesa e nella società: a che punto è questo percorso?
"Domanda non suscettibile di una risposta univoca, perché il fatto nuovo – il ‘nemico alle spalle’ secondo la definizione di alcuni intellettuali degli anni Ottanta – che caratterizzò anche il mondo cattolico fu la vasta e profonda secolarizzazione del costume. Sicché l’autonomia del laicato venne non difficilmente intesa e comunque vissuta come emancipazione, più che dalla dipendenza e dalle direttive del magistero gerarchico, dalla stessa religione positiva quale principio fondante della vita".

Oggi, di fronte alla crisi economica, anzitutto crisi morale e culturale, e alla "latitanza" dei cattolici in politica, che cosa comporta per un laico cattolico essere fedele al Concilio?
"Alla graduale scomparsa delle culture che hanno caratterizzato per più di un secolo la storia del nostro Paese – quella liberale legata al Risorgimento, quella socialista (e comunista) e quella cattolica – nell’ultimo ventennio è subentrata la cultura uniformante e omologante del consumismo neocapitalista e quindi mercatista-finanziario globale, che ha rappresentato il trionfo totale e definitivo dell’economia sulla cultura e sulla politica. In tale scenario, che si completa con la rivoluzione di genere (il femminismo) e quella ambientalista – ecologista, sia la democrazia formale, sia quella della deregulation del mercato hanno rivelato la propria inadeguatezza. Di qui l’importanza che i cattolici elaborino, ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa, le risposte storiche concrete alle sfide che globalizzazione e post-secolarizzazione pongono per la ‘nuova questione sociale’, evitando il rischio e la tentazione sia di un ormai diffuso neo-indifferentismo individualistico-relativistico all’insegna del conclamato pluralismo, sia di un incombente, pur non ancora esploso, neo-fondamentalismo identitario".

a cura di Giovanna Pasqualin Traversa

(21 dicembre 2012)

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