Così in Toscana

In un volume i contributi dei vescovi e i riflessi nelle diocesi

"Alla celebrazione del Concilio Vaticano II i vescovi toscani hanno dato un contributo rilevante per molte ragioni. Innanzitutto alcuni di loro hanno assunto ruoli di responsabilità nella redazione degli schemi conciliari, come mons. Ermenegildo Florit, arcivescovo di Firenze, e cardinale dal febbraio 1965, chiamato a presiedere la sottocommissione incaricata della redazione di una parte della futura costituzione Dei Verbum, o mons. Emilio Guano, nominato vescovo di Livorno a poche settimane dall’apertura del Vaticano II…": è una delle sottolineature che mons. Luciano Giovannetti, vescovo emerito di Fiesole e presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, ha inserito nella presentazione al volume "I vescovi della Toscana e il Concilio Vaticano II", edito nell’ambito dei Quaderni di Colloquia Mediterranea promossi dalla stessa Fondazione. La collana ha per scopo gli studi e le ricerche nell’ambito della cultura cattolica e della promozione del dialogo per la cooperazione e lo sviluppo. Le sue sedi sono a Fiesole (legale), Firenze (operativa) e a Gerusalemme e Betlemme, per gli aiuti al dialogo, sviluppati tramite la onlus che porta lo stesso nome. Il volume sui vescovi toscani e il Concilio è il secondo della collana diretta da Riccardo Burigana. Il primo è stato "Il Mediterraneo e le città. Prospettive economiche, culturali e spirituali tra le città, le regioni e i popoli del Mediterraneo", a significare il desiderio di favorire i contatti e la fratellanza tra i popoli che si affacciano sul "mare nostrum".

"Aria nuova" che giunge in Regione. I vescovi toscani non solo furono assidui a tutti i lavori conciliari, ma la loro "pattuglia" – per ragioni di vicinanza geografica con Roma oltre che per buona volontà e senso ecclesiale – "divenne protagonista dei lavori stessi e mantenne rapporti stretti, quasi giornalieri, con le comunità locali, con le diocesi. Un modo questo che permise alle discussioni, ai testi e ai documenti votati in assemblea di essere letti e approfonditi da migliaia di preti, suore, religiosi e laici che s’incontravano nelle mille e mille assemblee tenutesi in questi anni, dal 1962 al 1965". Lo ricordano nell’introduzione i curatori del volume, Renato e Riccardo Burigana. I nomi di mons. Ermenegildo Florit, arcivescovo di Firenze, di mons. Mario Ismaele Castellano, arcivescovo di Siena, come pure dei diversi altri (mons. Antonio Torrini, Lucca; mons. Pietro Fiordelli, Prato; mons. Telesforo Cioli, Arezzo; e altri tra cui mons. Enrico Bartoletti, divenuto segretario della Conferenza episcopale italiana nel post-Concilio) ricorrono nell’introduzione al volume che raccoglie contributi, scritti, discorsi. Come annota mons. Alessandro Plotti, arcivescovo emerito di Pisa, il fervore dei dibattiti, dei confronti che venivano suscitati tra i vescovi e nell’intera Chiesa toscana in quegli anni erano la manifestazione di quell’"aria nuova portata dal Concilio" che "si respirava attraverso un dialogo, un confronto e a volte in un conflitto, che poi non si è più percepito nella sua dimensione profetica". Secondo mons. Plotti, per la vivacità di tali dibattiti e la passione che li sosteneva, "le Chiese di Toscana diventarono, sotto la guida di quei pastori che hanno vissuto il Concilio come dono dello Spirito, fari di un’ecclesialità più incarnata nella storia".

Un "laico esemplare". Nel volume è ospitato anche un contributo di Paolo Nepi, docente di filosofia morale a Roma, che parla del "laico cristiano secondo il Concilio. La figura esemplare di Giorgio La Pira". Contemplativo e attivo, a tal punto da diventare sindaco di Firenze, La Pira è una delle figure più singolari del laicato "conciliare", rileva Nepi, in quanto "l’anima del suo impegno sociale e politico è collocabile in una profonda convinzione teologale circa la ‘coincidenza tra l’asse verticale della contemplazione e quello orizzontale della dinamica messianica’. Una contemplazione che per La Pira non è affatto una fuga dal mondo, ma uno strumento efficace per governare le cose e il proprio tempo". Secondo Nepi, quindi, in La Pira e in altri testimoni del Concilio come lui è andato maturando il senso e l’urgenza di "sentirsi impegnati a non far mancare, alle nostre giovani e fragili democrazie, quei valori morali, compresi i valori sociali e politici animati dalla fede cristiana, senza di cui essi rischiano un pericoloso processo d’involuzione".

Tra tradizione e novità. Nei capitoli centrali del volume trovano spazio i testi ufficiali dei vescovi toscani, dalle notificazioni della nascente Conferenza episcopale regionale che invitava i fedeli a conoscere i primi frutti del percorso conciliare, fino a specifiche lettere pastorali sulla liturgia, sul clero, sui Congressi eucaristici, sull’unità di tutti i cristiani (memorabile intervento di mons. Florit nel 1964 che apriva al dialogo ecumenico). Il volume propone anche un’ampia prefazione alle costituzioni e decreti conciliari di mons. Castellano e "spunti di cronaca" del Concilio a cura di mons. Carlo Baldini (vescovo di Chiusi-Pienza). L’opera offre così uno spaccato delle dinamiche ecclesiali dell’epoca e mostra una Toscana vivace, ecclesialmente parlando, con i suoi vescovi capaci d’innestare dibattiti, confronti, anche polemiche sul rapporto tra tradizione e novità del Concilio, ma sempre con grande amore e rispetto del popolo e delle sue più profonde convinzioni.

(19 dicembre 2012)

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