I due polmoni

Il decreto "Orientalium Ecclesiarum"

Il convinto impegno ecumenico emerso all’interno della Chiesa cattolica nel XX secolo, in particolare attraverso l’opera dei papi Giovanni XXIII e Paolo VI, e testimoniato nei documenti del Vaticano II, ha avuto precursori e pionieri in ambito teologico (J.A. Möhler e J.H. Newman), magisteriale (Leone XIII, Pio XII) e spirituale (Maria Gabriella Sagheddu e Luigi Orione). Essi hanno vissuto ante litteram l’ecumenismo spirituale che il Concilio indica come il cuore dell’ecumenismo stesso e che consiste nella conversione interiore e nel rinnovamento dello spirito.

In Oriente esistono Chiese separate da Roma e Chiese orientali unite a Roma: hanno gli stessi riti. La difficoltà della Chiesa di Roma viene dal fatto che deve incoraggiare le Chiese unite senza scavare fossi con quelle che sono separate. “Orientalium Ecclesiarum” merita attenzione perché riconosce la dignità e l’autonomia dei patriarchi orientali cattolici, pur chiedendo loro una comunione sempre più grande con i fratelli ortodossi separati da Roma.
Questo breve documento, pur non contenendo le discussioni ecclesiologiche della “Lumen Gentium” o della “Unitatis Redintegratio”, mostra come il Concilio abbia interpretato la sua ecclesiologia.

La Chiesa deve respirare con i suoi due polmoni. Le Chiese orientali esistono di diritto e non per pura concessione, hanno dignità e giurisdizione che dipende soltanto dall’autorità suprema della Chiesa. Non si tratta di latinizzare queste Chiese, ma di riconoscere la loro autonomia relativa. La decentralizzazione relativa delle Chiese orientali è in funzione del bene dei cattolici che non hanno le tradizioni latine e vuole mostrare alle Chiese orientali separate da Roma che non hanno nulla da temere: la comunione con Roma non significherà perdita di autonomia.
Per dimostrare questa buona volontà da parte di Roma il Concilio ha permesso la comunione nei sacramenti e nelle pratiche non sacramentali con le Chiese ortodosse. Lo scopo di tale decisione è di evitare le cause di conflitto con la speranza di una futura unione.

La restaurazione dello status patriarcale non si è verificata, visto che i patriarchi rimangono sottomessi all’autorità della Congregazione delle Chiese orientali, mentre il modello patriarcale è stato abbandonato in Occidente, che preferisce le Conferenze nazionali dei vescovi.
L’ostacolo maggiore per l’unione con gli ortodossi rimane la paura che la comunione con Roma significherebbe la perdita dell’autonomia canonica. L’ortodossia accetterà il primato di Roma quando sarà persuasa che quest’autorità sarà invocata solo in casi estremi, quando ci sarà pericolo di unità nella fede.

Il contenuto del decreto “Orientalium Ecclesiarum”:
Proemio
Chiese particolari o riti
Patrimonio spirituale delle Chiese orientali che dev’essere conservato
I Patriarchi orientali
Disciplina dei sacramenti
Il culto divino
Rapporti con i fratelli delle Chiese separate
Conclusioni

Il commento migliore consiste nel citare alcuni paragrafi del decreto approvato e promulgato da papa Paolo VI il 21 novembre 1964:

Paragrafo 5: “La storia, le tradizioni e molte istituzioni ecclesiastiche chiaramente dimostrano quanto le Chiese orientali si siano rese benemerite verso tutta la Chiesa. Per questo il santo Concilio non solo circonda di doverosa stima e di giusta lode questo loro patrimonio ecclesiastico e spirituale, ma lo considera fermamente quale patrimonio di tutta la Chiesa (5). Dichiara quindi solennemente che le Chiese d’Oriente come quelle di Occidente, hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari, poiché si raccomandano per veneranda antichità, si accordano meglio con i costumi dei loro fedeli e sono più adatte a provvedere al bene delle loro anime”.

Paragrafo 7: “Da tempi antichissimi vige nella Chiesa l’istituzione patriarcale, già riconosciuta dai primi Concili ecumenici (8). Col nome di patriarca orientale si intende un vescovo, cui compete la giurisdizione su tutti i vescovi, compresi i metropoliti, il clero e i fedeli del proprio territorio o rito, a norma del diritto e salvo restando il primato del romano Pontefice (9). Dovunque si costituisca un gerarca di qualche rito fuori dei confini del territorio patriarcale, a norma del diritto rimane aggregato alla gerarchia del patriarcato dello stesso rito”.

Paragrafo 24: “Alle Chiese orientali aventi comunione con la Sede apostolica romana, compete lo speciale ufficio di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo i principi del decreto ‘sull’ecumenismo’ promulgato da questo santo Concilio, in primo luogo con la preghiera, l’esempio della vita, la religiosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi (29)”.

Frédéric Manns – docente di Sacra Scrittura al “Biblicum” di Gerusalemme

(24 ottobre 2012)

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