Quel continuo richiamo

Mons. Emery Kabongo, per sei anni stretto collaboratore di Giovanni Paolo II

“Sarebbe molto interessante verificare quante volte il Beato Giovanni Paolo II nel suo magistero ha richiamato e citato il Concilio Vaticano II mostrandone l’orientamento sicuro e vero e chiedendone l’applicazione. Anche Benedetto XVI, al Concilio come teologo dell’arcivescovo di Monaco, non manca mai di citarlo nel trattare temi di carattere dottrinale, sociale, politico. Il Concilio Vaticano II rappresenta una stella polare per la Chiesa universale e i Papi venuti dopo di esso lo stanno a ricordare”. Mons. Emery Kabongo, arcivescovo emerito di Luebo (Congo), dal 1982 al 1988 segretario personale aggiunto di Giovanni Paolo II, descrive così il legame fra l’assise ecumenica e il Pontefice polacco. Un legame stretto ricordato dallo stesso papa Wojtyla nel suo testamento: “Desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l’intera Chiesa – e soprattutto con l’intero episcopato – mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all’evento conciliare dal primo all’ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l’eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato”. “Ed il Beato Giovanni Paolo II volle essere, e di fatto fu – aggiunge l’arcivescovo congolese -, il Papa della ‘grandissima causa’ della realizzazione del Concilio”.

Un punto di riferimento. “Ci apprestiamo a vivere l’Anno della fede – spiega l’arcivescovo – quella fede molto ben delineata nel Concilio e che noi cattolici dovremmo esprimere e testimoniare per essere ‘Lumen Gentium’. Giovanni Paolo II ci ha insegnato a essere luce delle genti, cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo dire per rispondere a questi ideali. Il Concilio Vaticano II non è morto. Anzi. Giovanni Paolo II più volte ha ricordato ‘la grande e copiosa eredità del Concilio Ecumenico Vaticano II'”. Come il 7 dicembre 1985, nel suo discorso a conclusione della II assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, quando affermò che “era necessario che manifestassero il loro giudizio sul Vaticano II quelli che prima di tutti erano stati a esso chiamati, specialmente perché si evitassero interpretazioni divergenti”. Per mons. Kabongo, “papa Wojtyla era convinto che il Concilio Vaticano II aveva avuto il merito di aver messo la Chiesa in uno stato di rinnovamento e nella capacità di darsi un volto nuovo. Dopo cinquanta anni – riconosce l’arcivescovo – non dobbiamo cadere nell’ingenuità di credere che siamo arrivati quando forse siamo solo a metà del percorso che riguarda la realizzazione del Concilio. Ci sono alcuni che credono che la rilettura sia terminata, altri che ne invocano la ricezione per trarne ispirazione per il futuro. Il Vaticano II ha stabilito un punto di riferimento nella vita della Chiesa odierna, aprendola a un nuovo cammino. Si è pronunziato su importanti argomenti ed ha consegnato alla Chiesa quattro Costituzioni (una liturgica, due dogmatiche, una pastorale), nove Decreti e tre Dichiarazioni, un corpo organico di dottrine e di leggi per il rinnovamento della Chiesa. Credo che, sulla scorta dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, si dovrebbe pensare, riguardo a ogni tema della vita, a cosa ci è stato proposto o ricordato dal Concilio ecumenico, un aggettivo che dovrebbe essere sottolineato maggiormente. In questo ambito i media cattolici possono dare il loro contributo. Anche i media, afferma il Concilio, sono inviati in missione”.

In continuità. “Ricordo – prosegue mons. Kabongo – che quando Giovanni Paolo II preparava i suoi discorsi verificava sempre che fossero presenti riferimenti al Concilio Vaticano II, da lui considerato una bussola ‘sicura per orientarci nel cammino del secolo che si apre'”. E se la bussola serve soprattutto al capitano della nave per non perdere la giusta direzione “bene ha fatto Benedetto XVI a ribadire il proposito di continuare sulla strada del suo predecessore, come affermato al termine della Messa nella Cappella Sistina il giorno dopo la sua elezione, avvenuta il 19 aprile del 2005: ‘Anch’io nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa’”.

(05 settembre 2012)

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