Tornino quei volti

Le parole del Papa su formazione e impegno dei laici

Foto SIR

Il domenicano padre Yves Congar – grande teologo francese creato cardinale da Giovanni Paolo II nel novembre del 1994, chiamato da Giovanni XXIII a prendere parte ai lavori preparatori e poi al Concilio, in cui ha avuto un ruolo di primo piano – parlando dei laici e della clericalizzazione sorta dopo il Concilio di Trento, ricordava che nel dizionario ecclesiastico della fine dell’Ottocento alla parola laico si leggeva: "Vedi clero".
Basterebbe questo per capire quale grande rivoluzione ha rappresentato il Vaticano II nel rapporto con il laicato, considerato non più subalterno e in uno stato di minorità – "il clero comanda e il laico obbedisce" – ma chiamato, in nome di una pari dignità di tutto il popolo di Dio, a essere membro a pieno titolo della Chiesa, con una valorizzazione della sua dignità, della sua missione e delle sua responsabilità, nel mondo e nella Chiesa. I documenti conciliari, pur non proponendo una vera e propria definizione teologica di laico, ne hanno chiarito il ruolo propriamente ecclesiale in forza della partecipazione al sacerdozio comune, come si coglie nella "Lumen gentium", sottolineandone la condizione secolare e dunque precisandone, nel decreto "Apostolicam actuositatem", i fini dell’apostolato laicale: evangelizzazione, santificazione, rinnovamento dell’ordine temporale. Rosemary Goldie – è stata una delle 23 uditrici, tredici laiche e dieci religiose, una novità assoluta, chiamate da Paolo VI a partecipare al Concilio, a partire dal terzo periodo; la Goldie è stata per dieci anni sottosegretario al Pontificio Consiglio per i laici ed è morta nel 2010 – in un’intervista ricordava che i laici non sono una "categoria" definita con compiti particolari "ma cristiani che seguono ciascuno il proprio itinerario di vita, la propria vocazione laicale, fra le possibilità quasi infinite dell’esistenza umana: sposati e celibi, operai, artisti, professionisti, uomini e donne impegnati nella vita politica o internazionale. Sono questi i cristiani che portano il peso principale, ma non esclusivo, della laicità della Chiesa".

Andando a Frascati e celebrando sul sagrato della cattedrale della cittadina dei castelli romani, papa Benedetto si sofferma a riflettere, nell’omelia, sull’Anno della fede, che si aprirà il prossimo 11 ottobre, sul Concilio, i cui documenti, afferma, "contengono una ricchezza enorme per la formazione delle nuove generazioni cristiane". Di qui l’invito a 50 anni dall’apertura del Vaticano II: "Rileggeteli, approfonditeli e cercate di metterli in pratica nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti".
Importante poi l’impegno formativo. È quello che ha fatto Gesù con i suoi discepoli, ha ricordato Benedetto XVI: "Li ha istruiti, li ha preparati, li ha formati anche mediante il tirocinio missionario, perché fossero in grado di assumere la responsabilità apostolica nella Chiesa". Nonostante i loro limiti e le loro debolezze, Cristo non li disprezza, anzi li chiama a collaborare direttamente alla sua missione. Certo chiede loro di non "essere attaccati al denaro e alle comodità"; e li avverte che "non riceveranno sempre un’accoglienza favorevole: talvolta saranno respinti; anzi, potranno essere anche perseguitati. Ma questo non li deve impressionare: essi devono parlare a nome di Gesù e predicare il Regno di Dio, senza essere preoccupati di avere successo. Il successo lo lasciano a Dio". E aggiunge, il Papa, che la Chiesa "non predica ciò che vogliono sentirsi dire i potenti. Il criterio è la verità e la giustizia anche se sta contro gli applausi e contro il potere umano".

L’impegno formativo è sempre il primo compito, il primo servizio che i responsabili offrono nella comunità cristiana, ha ricordato il Papa, "a partire dai genitori, che nella famiglia compiono la missione educativa verso i figli; pensiamo ai parroci, che sono responsabili della formazione nella comunità, ma a tutti i sacerdoti, nei diversi campi di lavoro: tutti vivono una prioritaria dimensione educativa; e i fedeli laici, oltre al ruolo già ricordato di genitori, sono coinvolti nel servizio formativo con i giovani o gli adulti, come responsabili nell’Azione Cattolica e in altri movimenti ecclesiali, o impegnati in ambienti civili e sociali, sempre con una forte attenzione alla formazione delle persone".
Ricorda, infine, Paolo VI, il quale recandosi in visita a Frascati, il 1° settembre del 1963, ebbe modo di soffermarsi sulla responsabilità dei laici che "non deriva soltanto dalla necessità di allungare le braccia del sacerdote che non arriva a tutti gli ambienti e non riesce a sostenere tutte le fatiche. È data da un qualche cosa di più profondo e di più essenziale, dal fatto cioè, che anche il laico è cristiano".
C’è un altro aspetto, infine, che vorrei mettere in evidenza e che è tornato prepotentemente alla ribalta in questi giorni: l’incidenza dei laici, l’irrilevanza, è stata definita, dei cristiani nella vita socio-politica. Già una ventina di anni fa Rosemary Goldie diceva che "se i cattolici non sembrano incidere molto sulla società, ciò forse dipende anche dal fatto che essi, nella loro impreparazione, non hanno saputo recepire e, meno ancora, mettere in pratica gli insegnamenti conciliari". Le parole di papa Benedetto, quel ribadire che i documenti del Vaticano II contengono una ricchezza enorme nella formazione delle nuove generazioni cristiane, diventano molto più di un semplice invito a rileggere i documenti del Concilio.

Fabio Zavattaro

(17 luglio 2012)

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