Formatore di uomini

La testimonianza di chi ha vissuto a "Famiglia studenti"

Ricordo gli anni allo studentato. “Famiglia studenti” di Verbania-Intra, a fine anni Ottanta. Per noi ragazzi era semplicemente don Giuseppe. Sempre attento alle nostre esigenze in un periodo dove quei 130 studenti si preparavano per la maturità tecnica in uno dei più prestigiosi Itis, il Cobianchi di Intra. Venivo dalla Svizzera, dove vivevo con i miei genitori emigrati a fine anni Sessanta. Ricordo una delle sue prime “chiare” e “dirette” indicazioni: “Non sarai mica come gli altri svizzeri… qui si studia, si lavora e ci si impegna! Formiamo uomini!”. E già, quegli uomini che, orgogliosamente, don Giuseppe intravedeva in ognuno di noi, forgiati nella formazione, nella cultura e nella fede. Ricordava e conosceva la storia di ognuno “dei suoi ragazzi”. Ti incrociava nei corridoi o nella mensa della “Famiglia studenti” e chiedeva sui tuoi voti: “Come stai andando? Bene, ma l’inglese va migliorato!”. Mi stupiva sempre, conosceva le debolezze e i punti forti di ognuno di noi. Conosceva le nostre storie familiari e ci incoraggiava a crescere, passo dopo passo, sfida dopo sfida, per essere preparati il più possibile all’esame di maturità e alla vita professionale o al proseguimento degli studi.

Mons. Giuseppe Cacciami, un gigante. Così me lo ricordo in quegli anni, non solo per il suo portamento fisico rispetto a noi ragazzi, ma anche per la sua attenzione, sensibilità e impegno nel mondo dei mass media e della stampa, impegnato e a capo della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc). Così mi sento di ricordarlo alla notizia della sua morte giuntami per sms da don Eraldo co-responsabile dello studentato nell’ultimo decennio. Poche parole, sintetiche, ma lette e rilette perché mi pareva quasi inverosimile, quasi che non potesse mai toccare al nostro don Giuseppe. A lui, che tutti noi studenti guardavamo con ammirazione e riverenza per quella sua straordinaria capacità dialettica che rendeva ogni suo discorso o intervento un momento di altissima scuola di pensiero e di un acume degno di un “dotto” della Chiesa. Stessa intelligenza e capacità anche di semplificare e farci riflettere come è capitato in uno storico incontro con un altro gigante della Chiesa, dom Hélder Câmara – il vescovo delle favelas – proprio lì nell’Auditorium di “Famiglia studenti” e per noi studenti.
Se dom Hélder ci diceva “Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista”, don Giuseppe con un linguaggio semplice e immediato ci ricordava lo spirito vero del mettersi al servizio degli altri, il senso profondo della solidarietà a partire dai piccoli gesti, nella nostra stessa quotidianità di giovani studenti lontani da casa ma al servizio gli uni verso gli altri: il significato profondo che don Giuseppe dava alla sua “Famiglia studenti”.

Sacerdote e giornalista: “Un lottatore con la penna in mano. Perché i grandi, non diventano tali se non così: lottando”. Queste le parole del vescovo Franco Giulio Brambilla per raccontare e delineare i tratti, soprattutto, di un uomo con la sua passione immensa per la Chiesa e per il mondo dei mass media padroneggiando con maestria gli strumenti della comunicazione sociale con tutte le tecniche proprie che lo richiedono senza mai venire meno sui principi e sulla deontologia professionale.

Questi alcuni ricordi che mi porto dentro di quegli anni quando, ancora in erba, tutto era in divenire, ma con l’obiettivo di mettere insieme professionalità, competenze e un po’ per volta sempre più esperienza anche al servizio del prossimo, come lo stesso don Giuseppe ci ricordava in ogni occasione. Impegni che, ancora oggi, restano nel profondo del mio cuore e che, nel suo ricordo affettuoso, porto avanti con coerenza. Addio mons. Cacciami. Ciao Don Giuseppe.Paolo Vendola – direttore Enaip Svizzera

(30 marzo 2012)

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