Un pezzo della nostra storia

Il suo impegno per un'informazione seria sulla realtà ecclesiale

Con la morte di mons. Giuseppe Cacciami viene meno un pezzo della nostra storia: la Chiesa e il mondo dell’informazione perdono un sacerdote che si è strenuamente impegnato perché la Chiesa in Italia avesse uno strumento che, pur non essendo strettamente “ufficiale” ma comunque vicino alla Cei, potesse aiutare tutti coloro che vogliono dare un’informazione seria, documentata, non distorta sulla realtà ecclesiale a fare bene il loro mestiere cercando di rendere chiaro e comprensibile da tutti un linguaggio (detto “ecclesialese”) che talvolta può essere di non facile comprensione.

Questa lunga e difficile battaglia condotta da don Giuseppe è approdata alla costituzione dell’agenzia Sir (Servizio Informazione Religiosa), che, oltre a fornire ai giornali cattolici materiale vasto e apprezzato, ha rappresentato (e continua a rappresentare) un aiuto non piccolo per consentire un’informazione corretta circa il pensiero della Chiesa italiana nel suo complesso e delle varie Chiese locali. Andando, poi, anche oltre perché oggi è in grado di fornire interessanti informazioni sulla realtà ecclesiale europea.
Questo dice una caratteristica fondamentale della figura di don Giuseppe: era un uomo di Chiesa, a servizio della Chiesa, innamorato della Chiesa. Non tanto perché era un prete, ma perché era profondamente convinto che la Chiesa avesse cose importanti da dire agli uomini e alle donne di ieri, di oggi e di sempre, in tutte le circostanze e in tutte le situazioni.
Perché don Giuseppe è partito da qui, dalle Chiese locali, essendo stato per lunghissimo tempo direttore di un settimanale diocesano e avendo anche rivestito per sei anni il ruolo di presidente della Federazione che li riunisce (la Fisc).

È stato, quindi, un uomo di Chiesa ma anche un uomo del territorio. Ricordo una sua convinzione che ha fatto riflettere profondamente me ma, credo, anche tanti altri impegnati a ricercare il senso del loro lavoro nei settimanali cattolici diocesani: “Quando il popolo di Dio, illuminato dalla Parola e trasformato in comunità dall’Eucaristia, esce dal tempio ed entra nella storia e nella vita, è anzitutto sul territorio che è chiamato a vivere il suo impegno per i fratelli”. Quindi un giornale impegnato non a creare polveroni, ad alimentare la polemica del giorno (che il giorno dopo verrà dimenticata), ma a illuminare attraverso un’informazione fondata sulla fede le scelte concrete che devono essere compiute dalla gente che ogni giorno lavora, prende il treno, va a fare la spesa, cioè vive nella sua realtà, nel suo territorio non con spirito campanilistico, ma con un orizzonte vasto come quello della Chiesa.

Don Giuseppe, in questo sforzo e in questo lavoro, ha vissuto in una stagione feconda, intessuta di convegni in occasione di anniversari di vari settimanali, che ha prodotto la cosiddetta “dottrina della Fisc”, cioè l’intuizione del rapporto tra informazione e territorio per essere vicini alla gente.
Ma ciò che appare come nota significativa e feconda anche per il futuro è la necessità, che don Giuseppe ha colto (aiutato e sostenuto in questo dal professor Gianfranco Garancini e in particolare da colui che ha passato la sua vita come segretario della Federazione, Giovanni Fallani, uomo di profonda e vastissima cultura), di un collegamento stretto tra vita cristiana, lavoro giornalistico e attenzione culturale: senza una seria riflessione sul senso e gli obiettivi di quello che si sta facendo, è elevato il rischio di dire solo parole vuote di significato, ma anche d’interesse.
Una figura ricca e complessa, quindi, che a buon diritto possiamo e dobbiamo ringraziare e ricordare come un maestro.

Gilberto Donnini – presidente Fisc dal 1987 al 1992

(29 marzo 2012)

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