Non passava inosservato

La sua passione per l'uomo e per la vita

Un prete di quella stoffa uno non se lo scorda più. Don Giuseppe Cacciami non passava certo inosservato. Anche chi si avvicinava per la prima volta alla Fisc, notava subito quella figura così austera di sacerdote che aveva sconfinata dimestichezza con la parola.
Ricordo il mio primo incontro con lui. Eravamo a un’assemblea elettiva, nel 1992. Ci portò dal suo amico Oscar Luigi Scalfaro, il Presidente della Repubblica. I settimanali diocesani al Quirinale, a infrangere un po’ il cerimoniale. Cacciami era così, imprevedibile e formale al tempo stesso. Sapeva stare con tutti, purché gli si dimostrasse di essere svegli. Con quel suo carattere duro, amava chi si appassionava alla vita. Ai suoi funerali è stato ricordato che aveva fiuto per le persone che gli stavano davanti. Si coglieva al volo questa sua caratteristica. Aveva passione per l’uomo e per la vita nella sua integrità.
Di quell’assemblea del 1992 ricordo anche le urla fra i delegati. In quel frangente mi scandalizzai, ma col tempo compresi quanto quei sacerdoti coraggiosi avessero speso tempo ed energie per i nostri giornali e per un’informazione capace d’interpretare il territorio alla luce del Vangelo.

Cacciami sapeva anche accorciare le distanze. Spesso spiazzava, all’improvviso, come fece col sottoscritto nel 2001, dopo una giornata trascorsa insieme a Verbania. Con l’allora presidente Fisc don Vincenzo Rini, Roberto Massimo e qualche altro del Consis, altra sua creatura, avevamo lavorato assieme per ore. Poi, verso sera, se ne uscì con quelle sue poche parole: “Tu sarai il primo presidente laico della Fisc”. Parole che mi lasciarono di stucco e che, ovviamente, non ho mai dimenticato.
Di don Giuseppe gustavo gli editoriali su “Avvenire” e quelli sul Sir, senza dimenticare i suoi “spilli” sul settimanale diocesano “L’Azione” di cui era direttore. Non ne perdevo uno. Quel suo scrivere arguto e tagliente mi appassionava a ogni riga. Ho sempre invidiato quel suo saper lavorare con la penna in mano, mai fine a se stesso. Metteva nero su bianco quel che aveva nel cuore e lo si coglieva benissimo, nell’incalzare appassionato dei suoi graffianti scritti.

Un maestro, in tutto e per tutto. Uno da ascoltare con avidità, soprattutto per noi che, agli inizi degli anni Novanta, ci affacciavamo al mondo affascinante dei giornali diocesani. Quei preti alla don Cacciami ci hanno contagiati. Ci hanno ammagliati, lui, con Giovanni Fallani, mitico segretario per oltre 30 anni, e don Alfio Inserra, morto esattamente tre mesi prima di don Giuseppe. Con loro don Franco Peradotto e numerosi altri, dagli ex presidenti ai tantissimi incontrati in questi anni, dai quali abbiamo ricevuto una pesante ed entusiasmante eredità da portare avanti.

Infine le consegne, quelle indicatemi dallo stesso Cacciami, nei giorni del Natale 2010. Fra un “si lotta” e l’altro, mons. Cacciami ricordò a me e al direttore del Sir che mi accompagnava, Paolo Bustaffa, i motivi che avevano portato alla costituzione della Fisc, uno dei primi frutti del Concilio Vaticano II. Tre piste di lavoro, tre priorità valide allora come sono valide oggi. Mettere insieme le diverse esperienze dei nostri giornali, una ricchezza unica nel Paese. Non solo le professionalità giornalistiche, ma quanto si vive nelle diocesi. Una condivisione di vita, prima di tutto, una comunione di cuori. E poi l’opinione pubblica all’interno della Chiesa e in Italia. Opinione pubblica di cui ho sentito parlare un’infinità di volte nei nostri mille incontri di questi ultimi vent’anni. Un pallino fisso per i fondatori cui stava a cuore in maniera speciale.

La tenacia, la passione, la forza di don Giuseppe resteranno sempre per noi un esempio da seguire. Dalla sua vita di sacerdote prestato al giornalismo si comprendeva benissimo quanto il Vangelo fosse incarnato in lui tanto da determinarne ogni azione. Il solco da seguire è ampiamente tracciato. A noi non resta altro che procedere. La meta è già indicata.

Francesco Zanotti – presidente Fisc dal 2011

(29 marzo 2012)

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