Lo sguardo dei giovani

Un affresco della seconda giornata del convegno Cei (9-11 febbraio)

L’irruzione dei giovani è come una ventata di futuro nell’Auditorium di via Conciliazione dove, nella seconda giornata del convegno internazionale "Gesù nostro contemporaneo", altri autorevoli studiosi si sono avvicendati.
Sì, proprio loro, i ragazzi e le ragazze presenti ricordano che la contemporaneità non è una questione di "ever green" ma è un intrecciarsi di amore, di sacrificio e di dono che hanno il ritmo dell’eternità.
Ed è per questo che i giovani avvertono la responsabilità personale di costruire un futuro diverso da quello delle previsioni scientifiche e tecnologiche e non si attardano a giudicare le debolezze e le mancanze delle generazioni adulte.

La contemporaneità con Gesù li porta altrove, li conduce a quote alte del pensiero e dell’impegno nei luoghi delle quotidianità.
Li porta a quei "sogni" che non sono fuga dalla realtà ma coraggio e capacità di orientare la storia verso la verità, la giustizia e la pace.
La contemporaneità con Gesù non li fa sentire orfani degli adulti ma figli di un padre da cui si sentono amati.
Un giornalista, un insegnante-cantautore, un insegnante-scrittore, un sacerdote-insegnante cercano di interpretare dal palco le attese delle generazioni che salgono.
Ci riescono, grazie alla passione che trasmettono nelle parole e che, rifuggendo da un paternalismo diffuso, richiama la responsabilità di un’età che non è per sempre.
Dicono realisticamente i relatori, con diverse sensibilità e competenze, che Gesù non è al centro della vita di moltissimi giovani ma lo è in quello di una minoranza.
Non sono mai stati e non sono "i grandi numeri" a dire di una Presenza nel mondo.
Non possono essere le percentuali ad avere l’ultima parola.

La contemporaneità di Gesù è nel volto di quei ragazzi e di quelle ragazze che incontrano il Volto, lo comunicano ai coetanei con i linguaggi loro propri.
Sono quei giovani che sulle strade moderne di Emmaus si affiancano a viandanti coetanei per condividere la fatica di una ricerca e la bellezza di una scoperta e di un Incontro.
Sono quei giovani che, come il figlio prodigo, si sentono sempre attesi da un Padre da cui si sono separati ma che pensano sulla soglia di casa pronto ad abbracciarli, a piangere insieme di gioia. Eccoli i giovani mescolati con teologi, filosofi, sociologi: una laicità che cresce, non una élite orgogliosa ma una primizia annunciatrice di nuovi frutti.
Lo sguardo di Gesù, qualcuno al microfono lo ricorda, incrocia il loro sguardo come accade ai giovani narrati nel Vangelo.
Saranno loro, nella libertà dei figli – che è condizione sine qua non dell’amare – a dare la risposta a quello sguardo eterno.

Sir

(11 febbraio 2012)

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