Guardando al futuro

SINODO MEDIO ORIENTE

La presenza cristiana in Medio Oriente con particolare riferimento alle "sfide e attese", la comunione ecclesiale e la testimonianza di fede, la questione palestinese – ma anche le realtà dell’Iraq e del Libano – con un appello "ai responsabili pubblici" e "alla comunità internazionale". Su queste tematiche si concentrano i documenti conclusivi – il "Messaggio al popolo di Dio" e le 44 "propositiones" – dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, che terminerà domani (24 ottobre) con la celebrazione eucaristica in San Pietro. I testi sono stati presentati oggi in Vaticano dal relatore generale del Sinodo, S.B. Antonios Naguib (patriarca di Alessandria dei Copti, in Egitto), che verrà creato cardinale nel concistoro del prossimo 20 novembre, dal segretario speciale mons. Joseph Soueif (arcivescovo di Cipro dei Maroniti) e dal presidente della Commissione per il Messaggio, mons. Cyrille Salim Bustros (arcivescovo di Newton dei greco-melkiti, negli Usa).

Conservare le radici. Ricordando, come recita il Messaggio, che "in Oriente è nata la prima comunità cristiana", il Sinodo è servito a riaffermare "il senso e la missione della nostra presenza nei Paesi del Medio Oriente", ha dichiarato il patriarca Antonios Naguib, memori delle "sfide e attese" che interrogano i cristiani mediorientali. "Noi siamo parte integrante delle nostra società", riporta il Messaggio, ricordando che "la nostra missione basata sulla nostra fede e il nostro dovere verso le nostre patrie ci obbligano a contribuire alla costruzione dei nostri Paesi insieme con tutti i cittadini musulmani, ebrei e cristiani". Denunciando il fenomeno dell’emigrazione, rivolgendosi ai "fedeli nella diaspora" il Messaggio esorta: "Conservate i beni e le terre che avete in patria; non affrettatevi ad abbandonarli e a venderli. Custodite tali proprietà come un patrimonio per voi e una porzione di quella patria alla quale rimanete attaccati e che voi amate e sostenete". Alla "terra" è dedicata anche una "propositio", nella quale s’invitano fedeli e comunità ecclesiali a "non cedere alla tentazione di vendere" le proprietà immobiliari e si propone "la creazione di progetti che si facciano carico di farle fruttificare per permettere ai proprietari di restare dignitosamente nei loro Paesi". "Bisogna arrivare a creare strutture – ha richiamato mons. Joseph Soueif – che convincano la gente, e soprattutto i cristiani, a rimanere, perché la loro partenza è una perdita per loro e per gli altri".

Due Stati per la Terra Santa. Il Sinodo ha prestato particolare attenzione alla Terra Santa. "Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana", ricorda il Messaggio al popolo di Dio invocando "una pace giusta e definitiva" come "unico mezzo di salvezza". Per conseguirla, un appello "alla comunità internazionale" affinché adotti le "misure giuridiche necessarie per mettere fine all’occupazione dei differenti territori arabi". "Il popolo palestinese – prosegue il Messaggio – potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute". Con tale richiamo, ha sottolineato mons. Cyrille Salim Bustros, si chiede che "la necessità di avere due Stati" trovi realizzazione "il più presto possibile e non resti un sogno, un’utopia". "Noi crediamo che la Parola di Dio è eterna" e "la stessa Scrittura santa ci unisce", con Abramo "nostro padre comune nella fede, padre degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani" riporta il Messaggio. Proprio per questo, ha rimarcato mons. Bustros, non si possono usare le Scritture "per giustificare l’occupazione da parte degli ebrei delle terre palestinesi".

Dialogo tra le Chiese e le religioni. Il dialogo tra le diverse Chiese cristiane, come pure tra le differenti Confessioni religiose, è un’altra delle "sfide" del Sinodo. "Ciò che Cristo ci domanda – riporta il Messaggio – è di accettare la nostra fede e di viverla in ogni ambito della vita. Ciò che egli domanda alle nostre Chiese è di rafforzare la comunione all’interno di ciascuna Chiesa sui iuris e tra le Chiese cattoliche di diversa tradizione", impegnandosi verso "l’unità di tutti i cristiani". Il documento si rivolge alle "Chiese ortodosse" e alle "comunità evangeliche dei nostri Paesi", chiedendo di "portare insieme la testimonianza di discepoli di Cristo", e incoraggia "tutte le istanze di dialogo ecumenico". Attenzione al dialogo interreligioso – con ebrei e musulmani – si osserva nel Messaggio come pure nelle "propositiones", laddove si precisa che "i cristiani del Medio Oriente sono chiamati a continuare il dialogo con i loro concittadini di altre religioni, dialogo che avvicina gli spiriti e i cuori" e che porta "alla purificazione della memoria, al perdono reciproco del passato e alla ricerca di un avvenire comune migliore".

(23 ottobre 2010)

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