Vincere le menzogne

SINODO MEDIO ORIENTE

Il “modello Giordania”, esempio di dialogo e convivenza tra cristiani e musulmani; le opere sociali dei cristiani in Medio Oriente; la drammatica situazione della comunità cristiana in Iraq. Sono alcuni temi trattati a Roma nell’ambito di “Sguardi sui cristiani del Medio Oriente”, lo spazio culturale promosso da Custodia di Terra Santa, Edizioni Terra Santa, Azione Cattolica italiana e Forum internazionale di Azione Cattolica in occasione del Sinodo sul Medio Oriente in corso fino al 24 ottobre (precedente servizio: clicca qui).

Il “dialogo delle opere”. A descrivere il “ruolo decisivo dei cristiani nella società civile della Giordania”, Paese che accoglie e assiste 500 mila profughi, soprattutto iracheni, attraverso quello che Benedetto XVI ha definito “il dialogo delle opere”, è la presidente della Caritas giordana Huda Muhasher. “Nata per rispondere ai gravi problemi causati dalla Guerra dei sei giorni – spiega -, la Caritas ha fatto fronte negli anni a tutte le più gravi emergenze nazionali, compresa oggi quella degli immigrati. Abbiamo due fronti caritativi: uno verso i giordani per i quali è stata fondata, e uno verso tutti gli stranieri che arrivano nel Paese e hanno bisogno di aiuto”. Da questo punto di vista “siamo un esempio di convivenza tra cristiani e musulmani: la maggior parte dei fondi che abbiamo ricevuto negli ultimi anni è stata destinata ai profughi iracheni e non ai giordani, e non abbiamo mai registrato reazioni negative”. La Caritas giordana segue inoltre importanti progetti per l’assistenza ai disabili (ai quali collaborano anche i musulmani) ed è l’unica organizzazione impegnata nelle carceri locali.

Stabilità politica e familiare.
Sull’esercizio concreto del dialogo tra i musulmani e la piccola minoranza cristiana (3-4%) si è soffermato anche il vicario episcopale per la Giordania, mons. Selim Sayegh. “Un Paese sereno – ha detto – nel quale la Chiesa è necessaria per far vivere insieme cristiani e musulmani. Pensiamo alle scuole: i musulmani desiderano che i loro figli frequentino le nostre scuole, e di questo la comunità cristiana è orgogliosa. I rapporti sono buoni e da noi il fondamentalismo è molto limitato”. “La Giordania gode di stabilità politica, economica e familiare, perché vi sono tante famiglie solide e numerose”, ha affermato dal canto suo il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che ha ricordato come “molti si limitino a considerare la Terra Santa composta soltanto da Israele e Territori palestinesi, e quindi interamente segnata dal conflitto, mentre anche la Giordania fa parte della Terra Santa. I pellegrini non dovrebbero dimenticarlo, sull’esempio dei tre papi che nella loro visita ai Luoghi santi sono partiti tutti proprio dalla Giordania”.

Una nazione martoriata. Di Iraq, “nazione martoriata da decenni” dove la guerra “non è mai finita” e “con una drammatica emergenza profughi e prospettive future molto fosche” ha parlato invece il vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, Shlemon Warduni. Uno scenario nel quale “la comunità cristiana paga un prezzo altissimo: nel 2003 i cristiani iracheni erano un milione, ora sono meno della metà. Negli ultimi sette anni sono state attaccate 51 chiese e sono stati uccisi un vescovo, tre sacerdoti e moltissimi cristiani”. “La situazione è tragica: abbiamo vissuto tante guerre, il regime, le sanzioni che ci hanno strangolato poco a poco fino a farci quasi morire, e poi l’occupazione degli alleati. Morti ammazzati, mutilati, orfani, vedove ovunque – ancora la testimonianza di mons. Warduni -: c’è la guerra e c’è il fondamentalismo, e da sette anni continuiamo ad andare indietro. La guerra ha segnato soprattutto i bambini e i giovani” ormai rassegnati a “non avere un futuro” nel proprio Paese. “Vorremmo la democrazia, ma la democrazia non è, come da noi, uscire di casa senza sapere se si rientrerà”.

L’appello ai cristiani occidentali.
Di qui l’appello di Warduni ai cristiani occidentali, anzitutto a “pregare per la pace, poi a sensibilizzare l’opinione pubblica e fare pressione sui governanti affinché l’azione politica sia basata sul dialogo, e non sugli interessi economici e commerciali”. “Come invece avviene oggi”, denuncia il missionario comboniano Alex Zanotelli. La guerra in Iraq, sostiene, “è stata combattuta per motivi d’imperialismo e ragioni economiche e, come ha ammesso esplicitamente l’ex presidente Bush, l’attacco è stato fondato su bugie. La guerra ha abbattuto Saddam, ma ha portato nel Paese un fondamentalismo che prima non esisteva”. In base ad una ricerca del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, il conflitto è costato agli Stati Uniti 3 mila miliardi di dollari in 5 anni. “Immaginate quanto si sono arricchite le industrie belliche americane” è il commento di padre Zanotelli secondo il quale, senza questi dati, “non possiamo capire nulla di questa guerra e del suo milione di morti civili”. Dal missionario l’auspicio che in Italia riprenda vigore il “movimento della pace”, mentre, avverte “è in programma una modifica dell’attuale legge 185 sull’esportazione delle armi, nella quale le nostre industrie belliche si sentono troppo strette”.

(20 ottobre 2010)

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