Una lotta comune

LOTTA ALLA POVERTÀ

La crisi economica e finanziaria originatasi oltre due anni or sono negli Stati Uniti d’America ed estesasi a macchia d’olio fino a confini estremi del globo, ha mostrato le sue più pesanti ricadute occupazionali e sociali proprio nel 2010, proclamato Anno europeo per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. La coincidenza – della quale, ovviamente, si sarebbe volentieri fatto a meno – ha generato un’attenzione crescente verso i temi e le iniziative promosse dall’Ue, dagli Stati membri e da numerosi attori sociali nel quadro dell’Anno speciale.
La stessa conferenza ecumenica promossa il 30 settembre dalle Chiese europee nella sede dell’Europarlamento a Bruxelles, ha registrato adesioni numerose, attente ad ascoltare la voce (testimonianze, analisi della realtà, proposte operative) di chi, sollecitato dalla fede cristiana, cerca ogni giorno di alleviare le fatiche degli “ultimi”, che spesso vivono ai margini del nostro tempo e delle nostre città.

All’incirca un anno fa, proprio a Bruxelles, era stato presentato il programma dell’Anno europeo. In quella occasione le autorità comunitarie avevano diffuso alcuni studi dai quali emergeva che erano – e rimangono – circa 80 milioni le persone indigenti o alle soglie dell’indigenza nei 27 Stati membri dell’Unione. Le condizioni di esclusione o semplicemente il “rischio” di cadere nella povertà riguardano il 16-17% della popolazione comunitaria, con percentuali variabili da regione a regione e da Paese a Paese, a secondo del reddito medio pro capite, del potere di acquisto, della disponibilità di alloggi, dei servizi che il settore pubblico è in grado di fornire alla popolazione.

Sempre dando inizio all’Anno europeo, la Commissione Ue rendeva noto un consistente “Documento quadro”, nel quale erano contenuti obiettivi e priorità per questi dodici mesi. Tale documento segnalava un fronte ampio d’azione, comprendente ad esempio la povertà infantile, quella all’interno della famiglia, una specifica attenzione ai nuclei numerosi e alle famiglie che si prendono cura di una persona anziana o ammalata. Si faceva quindi riferimento alla necessità di “garantire parità di accesso a risorse e servizi adeguati, incluso un alloggio dignitoso, nonché alla protezione sanitaria e sociale”; di “favorire l’accesso alla cultura e alle attività ricreative”; di promuovere “l’inclusione sociale degli immigrati e delle minoranze etniche”.
In questi primi nove mesi del 2010, e nei tre che seguiranno, sono state promosse molteplici occasioni per discutere su questi argomenti, sono state realizzate attività in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica, mentre i decisori politici si sono confrontati con i compiti che derivano alle amministrazioni pubbliche su questo versante. È evidente che parlare non basta: ma è altrettanto vero che il solo fatto di rimettere i poveri (più ancora che la povertà) al centro dell’agenda degli Stati europei e dell’Ue nel suo complesso è un passo essenziale per poter poi effettivamente agire al fine di contrastare gli effetti perversi della disoccupazione, della marginalità, della carenza di mezzi dei quali ogni cittadino ha diritto.

Addirittura il Consiglio europeo, massimo organismo politico dell’Ue, approvando nella riunione del giugno scorso la nuova strategia “Europa 2020” per la crescita e l’occupazione, ha assunto l’impegno esplicito di “promuovere l’inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione” (va peraltro sottolineata una nota non trascurabile: infatti i Paesi aderenti non hanno voluto fissare né le modalità né i tempi per raggiungere tali risultati).
Resta il fatto che l’Anno speciale ha riproposto con vigore un problema che tocca tutta l’Europa. Ci si sta rendendo conto che la povertà non è un male presente solo in Africa, India o Sudamerica, ma riguarda le periferie di tante metropoli continentali, aree geografiche depresse, intere fasce sociali, decine di migliaia di famiglie, persone che hanno avuto meno opportunità di altri, giovani che faticano a intravvedere un futuro dignitoso. Alle tante parole e alle promesse risuonate quest’anno occorre far seguire i fatti: gli Stati membri e l’Unione devono confermare, con leggi, iniziative politiche e investimenti, di aver intrapreso la strada della lotta alla povertà e all’esclusione; ma in questa direzione c’è tutto lo spazio per un’azione efficace da parte della realtà economica, della società civile, del terzo settore, delle Chiese… Nessuno può permettersi di “delegare ad altri” la lotta alla povertà.

Gianni Borsa (Bruxelles)

(01 ottobre 2010)

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