In crisi di solidarietà

LOTTA ALLA POVERTÀ

Negli ultimi anni le società europee si sono trovate di fronte ad “una crescente forbice tra ricchi e poveri”. Le Chiese cristiane “sono molto preoccupate dalla tendenza di svincolarsi dalla solidarietà, diffusa tra alcune delle loro componenti più prospere”. E’ la denuncia contenuta nel documento “Non negate la giustizia ai vostri poveri”, nel capitolo dedicato ai “Requisiti etici: responsabilità nei confronti dei nostri vicini e dignità umana universale”, stilato da Caritas Europa, dalla Commissione Chiesa e società della Conferenza delle Chiese europee (Cec), dal Segretariato della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) ed Eurodiaconia e presentato il 30 settembre a Bruxelles.

Le responsabilità dei ricchi. “Come cristiani – si legge nel documento – dobbiamo tenere in considerazione le responsabilità dei ricchi e la condivisione di tutti gli oneri all’interno di una società. I governi dovrebbero contrastare il consolidamento di una piccola élite finanziaria privilegiata e prendere invece delle misure per evitare una maggiore pressione nella ‘classe media’, mentre chi percepisce altissimi redditi continua a trovare i modi per non dare il necessario contributo ad una società più inclusiva”.

Pari diritti, pari dignità. Il punto di vista comune delle organizzazioni cristiane presuppone che “ogni persona possieda un valore inalienabile, una identità personale sovrana, ‘doni’ di Dio e capacità. Nessuno può essere considerato senza diritti e la dignità e l’onore di ogni individuo deve essere sempre rispettata”. Tutte le tradizioni cristiane in Europa si sono sempre schierate dalla parte dei “membri più deboli della comunità, prendendo in considerazione la loro vulnerabilità e il loro bisogno”.

Giustizia sociale e interdipendenza. La giustizia sociale – precisano nel documento “implica il riconoscimento dell’interdipendenza degli esseri umani. Tutti gli esseri umani hanno perciò una comune responsabilità nei confronti dell’altro, una comune vocazione per costruire una comunità umana in cui tutti – individui, popoli e nazioni – si comportano e crescono secondo i principi della fraternità e della responsabilità”.

L’opzione preferenziale per i poveri. Dal punto di vista dell’etica cristiana, “i poveri sono il criterio per misurare la giustizia”. Perciò “ogni azione sociale, politica ed economica deve essere giudicata dal modo in cui si occupa dei poveri”. “Una società giusta – sottolineano – permette alle persone di riconoscere e sviluppare i propri talenti personali, di usarli per se stessi e per gli altri e di partecipare attivamente alla vita sociale”. In questo senso, la povertà in quanto “negazione della giusta distribuzione e partecipazione” è “una offesa alla dignità umana”. Ecco perché le Chiese da sempre si impegnano nell'”opzione preferenziale per i poveri “, fondata su tre linee guida: “superare l’emarginazione e coinvolgere tutti nella vita della società; impegnarsi per vedere le cose dal punto di vista delle persone che vivono all’ombra del benessere; impegnarsi nella condivisione ed entrare in una effettiva alleanza di solidarietà”. Perciò – sottolineano – “i costi della crisi economica devono essere sostenuti soprattutto da chi è in più in grado di dare appoggio”.

Una società giusta… Se ogni persona ha diritto alla partecipazione politica, precisano più avanti, “deve avere anche il diritto a partecipare alla vita sociale, culturale ed economica. La giustizia sociale non si esaurisce nella cura delle persone svantaggiate, ma mira alla rimozione delle strutture che provocano la povertà e ad una maggiore partecipazione ai processi sociali ed economici”. “Una società giusta – sottolineano – è in grado di sostenere la sua popolazione, consentendo l’uso dei talenti e delle capacità personali, per essere il più autosufficiente possibile, per guadagnarsi da vivere aiutando anche altri”. “Giustizia” significa anche un “pieno coinvolgimento di tutti all’interno di una società democratica: in materia di istruzione, attività economiche, sicurezza sociale ed altre espressioni di solidarietà”. La giustizia sociale chiede “che le istituzioni siano organizzate in modo tale da garantire a tutti la possibilità di partecipare attivamente alla vita economica, politica e culturale della loro società”. Questo principio va “tenuto in considerazione anche attraverso le politiche fiscali negli Stati membri dell’Unione europea”. “Una sleale concorrenza fiscale tra gli Stati membri – affermano – può mettere in pericolo una giusta redistribuzione di risorse e la fruizione di forti sistemi di protezione sociale”.

(30 settembre 2010)

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