Fatti di solidarietà

UE E RELIGIONI

Sesto Meeting annuale dei leader religiosi in Europa con i presidenti delle istituzioni europee, ospitato da José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. L’appuntamento, che ha preso spunto dall’Anno europeo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, si è tenuto lunedì 19 luglio a Bruxelles.

Combattere la povertà, non i poveri. “Dobbiamo combattere la povertà, non i poveri”, ha affermato il card. Péter Erdö, presidente del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee) e arcivescovo di Esztergom-Budapest, ricordando che “il problema della povertà può essere effettivamente affrontato solo se comprendiamo la questione antropologica che c’è dietro”. Ad esempio, “ci si può accostare alla povertà così come facevano gli esperti di diritto romano nel Medioevo”, i quali “credevano che i poveri erano coloro le cui proprietà non raggiungevano la somma di 50 ducati”. In tali termini, povero oggi sarebbe chi “non possiede più di 5 mila euro”; tuttavia, ha precisato il presidente del Ccee, “i bisogni fondamentali della vita umana non possono essere espressi in termini di diritti di proprietà”. “La qualità della vita – ha aggiunto – è piuttosto caratterizzata da altri fattori, quali il cibo appropriato, la casa, il vestiario, l’acqua potabile, l’aria pulita, un ambiente non dannoso per la salute”. E poi “gli esseri umani hanno bisogno di relazioni sociali, contatti con altre persone e di essere accettati in una comunità di affetti”. Da una parte, ha rilevato il card. Erdö, “i servizi sociali in molti Paesi hanno difficoltà a svolgere i loro compiti”; dall’altra “la loro esistenza è la prova del fatto che le società europee vogliono prendersi cura dei più bisognosi”. Eppure, ha sottolineato, tutto ciò “non può rimpiazzare l’espressione della cura e dell’amore personale”, ed è per questo, ha concluso, che la Chiesa s’impegna in ambito sociale “non solo in forma istituzionale ma anche tramite la costruzione di relazioni personali ed educazione”.

“Soggetti” della lotta alla povertà. I poveri in Europa “meritano un’attenzione particolare e azioni coraggiose da parte del mondo politico e delle Chiese”, si è raccomandato mons. Adrianus van Luyn, vescovo di Rotterdam e presidente della Comece (Commissione degli episcopati dell’Ue). “Lottare contro la povertà – ha detto – limitandosi a misure tecniche e amministrative rischia di non essere produttivo: in questo modo si considerano i poveri come ‘oggetti di assistenza’. Al contrario, bisogna aiutarli a diventare ‘soggetti’ di questa lotta comune della società contro la povertà e l’esclusione”. Mons. van Luyn ha chiesto, in particolare, che i “più poveri e i più deboli della nostra società non diventino le nuove vittime di questa crisi”, né s’imponga “il fardello della riparazione dei nostri errori alle future generazioni”, soprattutto in materia di cambiamenti climatici. Ancora, ha esortato i leader europei a prestare attenzione ai problemi dell’Africa: alle “notizie quotidiane di morti annegati e rifugiati intercettati che hanno cercato di attraversare il Mediterraneo o l’Atlantico a bordo d’imbarcazioni di fortuna per raggiungere l’Italia, la Spagna o le isole Canarie”, ha sottolineato, non possiamo reagire “rafforzando la ‘Fortezza Europa’, né aprendo totalmente le nostre frontiere”. Piuttosto, la nostra solidarietà “dev’essere orientata a un cambiamento delle condizioni della vita umana nei loro Paesi d’origine” e “non possiamo sottrarci a un impegno globale” per raggiungere gli Obiettivi del Millennio, sebbene al momento le aspettative siano disattese.

Disuguaglianze troppo grandi. “I Paesi dell’Unione Europea sono certamente in una situazione privilegiata rispetto alla maggioranza dei Paesi degli altri continenti. Ma bisogna riconoscere che le disuguaglianze sono ancora troppo grandi e purtroppo aumentano”, ha notato Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio giustizia e pace. “La missione della Chiesa cattolica – ha ribadito – è di stare accanto ai poveri”, e ciò avviene in una molteplicità di modi e forme, tra cui vi è la Caritas. Mons. Stanislav Zvolensky, vescovo di Bratislava e presidente della Conferenza episcopale slovacca, ha parlato invece delle “forme di povertà non materiale”, come i “fenomeni di marginalizzazione e di povertà a livello relazionale, morale e spirituale” che si registrano “nelle società benestanti e sviluppate” e verso le quali “occorre uno sforzo concreto di solidarietà e amore”. Dal meeting “sono emerse proposte concrete”, ha commentato Bekir Alboga, tedesco, rappresentante dell’Unione islamica turca, “che apprezziamo e nelle quali vorremmo inserirci come contributo dei musulmani in Europa per superare l’indigenza e l’emarginazione sociale”. Mentre il vescovo slovacco Milos Klátik, esponente della Chiesa evangelica, ha puntato l’attenzione sul fatto che “la povertà è più forte ed evidente nell’Europa orientale”, e pertanto lì “occorre un’azione efficace” da parte degli Stati e dell’Ue nel suo complesso.

(20 luglio 2010)

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