Ravvivare l’ideale

ELEZIONI EUROPEE

Vittoria delle forze di centrodestra nelle settime elezioni europee che hanno fatto registrare una netta sconfitta dei socialisti, un’avanzata dei partiti ecologisti e dell’estrema destra e un’ulteriore frammentazione dei gruppi. L’inizio ufficiale della nuova legislatura è fissato per il 14 luglio prossimo. Ai neo-parlamentari sono giunti gli auguri e le raccomandazioni degli episcopati europei che non hanno mancato di segnalare la bassa affluenza alle urne.

Per una società più giusta. La Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), riunita in questi giorni a Zagabria, ha rivolto l’8 giugno i suoi auguri ai deputati eletti alla guida del Parlamento europeo. “Ai neo-europarlamentari – si legge in una nota – è affidato il compito di rendere l’Unione una società più giusta fondata sul rispetto dei diritti umani, sulla dignità della persona, la cooperazione vicendevole, la solidarietà e la sussidiarietà, la giustizia e la difesa della vita”. “Se l’Unione – prosegue il testo – saprà fornire risposte politiche adeguate alle preoccupazioni e le speranze dei cittadini europei, potrà rispondere alla sua vocazione originaria. Riuniti qui a Zagabria, ci auguriamo che tra poco anche la Croazia possa far parte dell’Unione Europea”.

I “grandi progetti”. “Oggi un certo numero di nostri concittadini non vede le poste in gioco della costruzione europea”; soprattutto “non ne sa più scorgere i grandi progetti”. Così il card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e vicepresidente del Ccee, raggiunto telefonicamente a Zagabria commenta al SIR i risultati delle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento. Con riferimento alla bassa affluenza alle urne e alla distanza tra cittadini e istituzioni Ue, il card. Ricard osserva che “una delle questioni di fondo è la mobilitazione dell’opinione europea che oggi non sa più vedere le grandi poste dell’Europa; ne vede il funzionamento e le difficoltà legate alle decisioni assunte a Bruxelles, ma non sa più scorgerne i grandi progetti”. “Credo – afferma il vicepresidente Ccee – che occorra anzitutto proseguire il progetto di conoscenza dei popoli europei tra loro per evitare il rischio del riemergere di nazionalismi e chiusure su se stessi” e al tempo stesso “è necessario andare verso un’Europa più sociale e attenta alle esigenze di tutti i suoi popoli”.

Missione da riscoprire. Il card. Ricard auspica “un’Europa che sappia anche riscoprire la propria missione legata al rispetto della dignità della persona umana e dei suoi diritti, alla solidarietà e alla ripartizione delle risorse, con uno sguardo e una dimensione internazionali che sappiano andare ben oltre i confini del continente”. Un’Europa, insomma, “che non si ripieghi su se stessa, ma rimanga aperta al mondo e al tempo stesso sappia offrire un significativo contributo alla ricerca della pace nelle situazioni di conflitto”. Fino a quando l’Unione europea “non ritroverà l’ispirazione per costruire una società più fraterna, conviviale e giusta – avverte il porporato -, credo che l’Europa rimarrà una realtà estranea agli stessi europei”. In tale ambito è importante “il contributo che può offrire la Chiesa,in particolare con il suo messaggio di fraternità, solidarietà e speranza, e con il suo patrimonio di valori comuni, ma anche con la testimonianza, attraverso i numerosi incontri e scambi fra le diverse Conferenze episcopali, che è possibile vivere insieme nella casa comune europea”. Con questa esperienza, conclude il card. Ricard, “la Chiesa stessa testimonia ‘una pratica concreta’ dell’Europa e una modalità di autentica partecipazione alla costruzione europea, in un momento in cui l’ideale rischia di andare in panne”.

Società civile da formare. “Un basso tasso di partecipazione che appare ancora più incomprensibile visto che il Parlamento europeo aumenterà in modo considerevole influenza e competenze se il trattato di Lisbona entrerà in vigore”. A dichiararlo è il presidente della Comece, la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), mons. Adrianus Van Luyn. Salutando i neo parlamentari eletti all’Europarlamento nei 27 Paesi membri il presidente della Comece non ha mancato di evidenziare che “la bassa affluenza alle urne registrata – 43,09% di media – è il segno che manca ancora una società civile europea. Non è stato posto sufficientemente l’accento sul suo emergere così come era stato fatto sulla nascita del mercato comune. Le istituzioni europee, i governi nazionali, i partiti politici ma anche le Chiese devono porsi la domanda: abbiamo contribuito sufficientemente all’emergere di una coscienza europea tra i nostri concittadini?”. Mons. Van Luyn ricorda, inoltre, che da 60 anni, l’integrazione europea appare come un processo unico nella storia del genere umano e che ora più che mai è pertinente. Davanti alla crisi economica, ai cambiamenti climatici, alla crisi alimentare a livello globale, non vi è alcuna alternativa ad una Europa unita, che parla con una sola voce e che si impegna per la giustizia e la pace sul continente europeo e nel resto del mondo.

L’integrazione va avanti. “Il processo di integrazione deve andare avanti accogliendo, anche a partire dalla propria storia, una maggiore coscienza della propria identità”: ad affermarlo al SIR è mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e delegato della Conferenza episcopale italiana presso la Comece. “Questo venir meno della propria autoconsapevolezza culturale e spirituale – sostiene il presule – è l’aspetto più critico dell’Europa e fa sì che i cittadini avvertano Bruxelles lontana dal proprio vissuto quotidiano, pur riconoscendo il raggiungimento di risultati interessanti dal punto di vista economico come la stabilità della moneta unica di fronte alla crisi, a differenza di quanto verificatosi ad esempio in Polonia e Ungheria dove la svalutazione è molto pesante”. La disattenzione dei cittadini “per i quali l’Ue rimane una realtà astratta – prosegue mons. Ambrosio – è a mio parere dovuta anche alla mancanza di una ‘vision’ culturale e politica che sappia rispettare e valorizzare le diverse sfaccettature presenti sul continente. Forse il Ppe, ancorché variegato al suo interno, potrebbe essere di aiuto nel recuperare la consapevolezza culturale e spirituale dell’Europa come punto di partenza da cui riavviare il cammino di integrazione”.

Costruire una cultura di impegno e cittadinanza. E questo, osserva mons. Ambrosio, “a differenza di altri partiti, come quelli legati alla socialdemocrazia, che questa coscienza europea l’hanno sempre rifiutata e, entrati in ritardo nella visione europea, hanno voluto quasi attuare una cesura rispetto alla sua storia”. “Ancora una volta – prosegue l’analisi di mons. Ambrosio – nella maggior parte dei contesti nazionali le elezioni europee sembrano essere state terreno di lotta tra governo e opposizione. Sarebbe necessario chiedersi come integrare meglio i singoli Stati e la funzione del PE, oltre 700 deputati (dalla legislatura 2009-2014 in numero di 736 e non più 785, ndr) che spesso non conoscono neppure i loro voluminosi dossier”. Secondo il presule “c’è da lavorare davvero molto per avvicinare gli europei alle istituzioni Ue, e non solo sul versante dell’ingegneria istituzionale”. Quale il compito della Chiesa? “Essa non deve stancarsi di rammentare la motivazione di fondo dell’Ue: è ancora poco il cammino compiuto nel percorso immaginato dai padri fondatori. Occorre formare figure capaci di ricostituire lo spirito unanime necessario a salire i gradini dell’integrazione, e questo partendo dalle università, dalla cultura in generale. Non si può prescindere da una seria formazione se si vuole portare un orizzonte europeo nella mente degli europei e costruire una cultura di impegno e cittadinanza”.

(09 giugno 2009)

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