Sulle strade del mondo

DOPO GMG

Un’altra tappa è stata lasciata alle spalle. Un altro incontro dei giovani con il Papa va ora consegnato alla storia di queste Giornate mondiali della gioventù, che da 23 anni indicano da una parte la speciale attenzione del Santo Padre – Giovanni Paolo II e, ora, Benedetto XVI – verso i giovani e, dall’altra, la volontà dei giovani di seguire il Papa. Ragazzi e ragazze di tutto il mondo, che portano addosso l’entusiasmo e la gioia e li sanno esprimere a squarciagola, ma anche riflessivi e attenti, consapevoli del significato del silenzio e della preghiera.

Agli estremi confini. Roma, Buenos Aires, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Toronto, Colonia… E ora Sydney. Mai, nella storia delle Gmg, ci si era spinti così lontano. L’impresa era ardua, e non solo per i costi, proibitivi per molti, e per la disponibilità di tempo necessaria. Richiedeva particolare impegno e preparazione: d’altronde il tema, “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”, mal si addiceva a cristiani “tiepidi”. Difficile era anche il compito della Chiesa ospitante, quella australiana, apparentemente con poco spazio di manovra all’interno di una società edonistica, secolarizzata e poco avvezza allo spirituale. “Non passate la vita senza prendere posizione, pensando che sia meglio non scegliere, perché è prestando fede agli impegni presi che potrete vivere in pienezza. La felicità sta nello svolgere sempre i nostri compiti e il nostro dovere, soprattutto quando si tratta di piccole cose, così che possiamo prepararci ad affrontare impegni sempre maggiori”. Questo il monito dell’arcivescovo di Sydney, card. George Pell, pronunciato nella messa di apertura, il 15 luglio a Barangaroo.

“Quale differenza?”. Un richiamo ripreso da Benedetto XVI, che nella messa conclusiva, davanti a 350 mila giovani – e a diversi italo-australiani non più in tenera età, ma accorsi ugualmente per ascoltare le parole del Pontefice – ha chiesto: “Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo a un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati, la «forza» che lo Spirito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete?”. Domande che hanno interrogato i giovani, i quali già con la loro presenza hanno dato una prima risposta. Una risposta di fede e di testimonianza, che ha scosso l’Australia. Già, la testimonianza è fatta di piccole cose. É un sorriso, è sobrietà, è gioia, è condivisione. Ma anche uno stile di presenza silenziosa che ha sottolineato i più importanti momenti liturgici. Una platea giovane e al tempo stesso matura. Una maturità che si è notata anche nei momenti di festa per le vie di Sydney. “Abbiamo visto tanti giovani e nessun ubriaco”, hanno detto in diversi. Ecco, può sembrare un’annotazione superficiale, ma in una società dove l’alcool è una piaga e lo sballo una costante per tanti che ignorano le loro radici e la loro missione, anche questo è un segno di testimonianza importante.

Profeti di una nuova era. “Una nuova generazione di cristiani è chiamata a contribuire all’edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta. Una nuova era in cui l’amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e sinceramente libero, aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuova il loro bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità, dall’apatia e dall’egoismo che mortificano le nostre anime e avvelenano i rapporti umani”. É ancora papa Benedetto a indicare ai giovani la strada, le coordinate della loro testimonianza cristiana. Ricordando che il compito “di essere profeti di questa nuova era” non si esaurisce in una messa o in poche giornate, ma richiede un impegno costante, giorno dopo giorno, all’interno delle proprie realtà. Consapevoli che non è sempre facile, soprattutto in quei contesti dove si è minoranza, stretti tra altre confessioni religiose o messi all’angolo da un indifferentismo verso il dato di fede. É qui che i giovani sono chiamati a dare testimonianza, qui trovano concretezza le parole del Papa, qui si deve dispiegare tutta l’energia ricevuta a Sydney. Per essere giovani cattolici aperti all’universalità della Chiesa e attenti al suo particolare.

a cura di Daniele Rocchi e Francesco Rossi
inviati SIR a Sydney

(25 luglio 2008)

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