Ritornare alla persona

Forum di Bibione

“Una risorsa importante per l’evangelizzazione e l’animazione missionaria delle nostre comunità”, nonché “parte importante della grande famiglia di Avvenire”. Sono i “Portaparola” del quotidiano nazionale e altri che sono impegnati nello stesso ambito, secondo l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. Impossibilitato a intervenire di persona al primo forum nazionale promosso da Avvenire, che si è svolto a Bibione (Venezia) dal 24 al 27 aprile, il porporato ha inviato venerdì scorso (25 aprile) un videomessaggio ai partecipanti, giunti numerosi da ogni parte d’Italia, segno, per il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Ovidio Poletto, che “è stata intercettata un’attesa”.

Il compito degli animatori. Dalla stampa cattolica a “consigli su programmi televisivi, film e musica”; dall’utilizzo delle nuove tecnologie alla promozione delle sale della comunità, fino al bollettino parrocchiale, che “non deve puntare all’opulenza, né sostituire il settimanale diocesano o il quotidiano cattolico”, ma “si integra con loro”. Molteplici sono i fronti dove si manifesta “il servizio culturale della parrocchia”, e “guai a chiudersi dentro il proprio bozzolo”, ha messo in guardia il card. Bagnasco, invitando ad “accogliere la dinamica della comunicazione, che è direttamente conseguente a quella della comunione”. Introdurre “i media cattolici in parrocchia – ha sottolineato – serve anzitutto a questo: ad allargare gli orizzonti della comunità, a far comprendere come ci sia un mondo intero, ora esaltante ora deludente, comunque interessante, ad attendere la testimonianza dei cristiani e la buona notizia del Vangelo di Gesù Cristo”. Questo è il compito degli “animatori della comunicazione e della cultura”, chiamati, come recita il Direttorio sulle comunicazioni sociali della Cei, ad offrire “a tutta la comunità spunti ed occasioni per interpretare i fenomeni del nostro tempo offrendo chiavi di lettura ed educando al senso critico”.

Un bisogno primario. Ma “cosa c’entra la cultura con la parrocchia?”. La risposta, per il presidente della Cei, viene già dalle parole pronunciate da papa Wojtyla all’Unesco nel 1980: “L’uomo non può essere fuori della cultura”, poiché essa “è un modo specifico dell’«esistere» e dell’«essere» dell’uomo”. Dunque, ha affermato Bagnasco, “la cultura non è da intendersi come qualcosa di secondario, di cui l’uomo fruisce, come per accidens o per svago, dopo aver soddisfatto le sue necessità fondamentali”, bensì costituisce “un elemento primario”. “L’uomo – ha precisato – si sforza di affrancarsi il più possibile dalle costrizioni materiali, e già questo è fonte di cultura, per arrivare a quella che sente essere la sua vera dimensione: quella degli affetti, delle relazioni interpersonali, dell’espressione della propria creatività, dell’esplorazione del mondo esteriore e soprattutto di quello infinitamente più vasto e misterioso che porta dentro di sé… la dimensione della cultura, appunto”. Non è una “materia preziosa riservata a pochi eletti”, ma riguarda tutti: pertanto, “noi come Chiesa, ai vari livelli, ma soprattutto in ambito parrocchiale, lavoriamo per rendere ogni persona consapevole di sé e delle sue attitudini, non per una fuga dalla sua propria condizione, ma per un’incarnazione sempre più convinta e matura che porti ciascuno a fiorire là dove dalla Provvidenza di Dio è stato piantato”.

Il ruolo della parrocchia. Resta da capire quale sia, oggi, il ruolo della parrocchia, ossia “cosa può fare, concretamente, una parrocchia per la cultura, per un servizio all’intelligenza”. Ebbene, nonostante “un cambiamento generalizzato intervenuto nella vita collettiva, che sembra talvolta privarla di quella centralità simbolica che l’ha caratterizzata per lunghissimo tempo”, “la parrocchia – ha ricordato – resta la modalità più corrente per incontrare gli uomini e le donne”, capace di “accompagnarli nella buona e nella cattiva sorte”, “spezzare con loro il pane della speranza”, “condividere i significati e i traguardi veri dell’esistenza”. Ecco perché, “se è vero che la parrocchia torna ad attrarre in forza della sua vita liturgica, della sua proposta sacramentale, delle sue iniziative di evangelizzazione, del suo impegno di carità diffusa sul territorio”, “è vero anche che la parrocchia di oggi, per risplendere in tutto il suo chiarore, si deve fare anche iniziativa culturale, luogo di provocazione e di rilancio, momento di chiarificazione sui temi nevralgici”. È questo, in conclusione, il motivo per cui “le parrocchie si stanno dotando di figure anche nuove, di ulteriori forme di volontariato che riguardino anche il versante della cultura e dei media”.

(26 aprile 2008)

Altri articoli in Dossier

Dossier

Informativa sulla Privacy