La Chiesa nelle due piazze

Forum di Bibione

Importante evento in questi giorni a Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone e provincia di Venezia. La ragione? È collocata in una sfida, in un impegno. Non di Bibione, seppur anche suo, neppure della sola diocesi di Concordia-Pordenone, ma dell’intera Chiesa italiana. Eccolo. Sfondare o meglio innovare nel campo dei media e della cultura. L’incontro nazionale dei “Portaparola” a Bibione ne è un segno, già in fase operativa.

La comunità ecclesiale italiana da anni ha preso una decisione e ne ha avviato la realizzazione. Essere più presente nella sconfinata piazza dei mass media. Lo sta facendo con Avvenire, il quotidiano cattolico nazionale, con la tv Sat2000, con radio InBlu, con tre tv nel nostro Triveneto, con la sua agenzia nazionale Sir, con il portale www.chiesacattolica.it, con i settimanali diocesani da un milione di copie, con Famiglia Cristiana, con altre prestigiose testate cattoliche.
Senza dimenticare il Copercom, il Coordinamento per la comunicazione che riunisce 25 associazioni e che da alcuni anni è, come altri, impegnato nella formazione di animatori cultura e comunicazione. L’elenco può estendersi ad altre presenze comunicative e culturali. Impossibile nominarle per intero.

Perché tanta profusione di energie ecclesiali? Per poter esercitare la sua missione. E questa si compie anzitutto nell’agorà consueta delle parrocchie e delle diocesi, cioè nelle piazze fisiche, del gomito a gomito, della comunicazione diretta. Ma si attua pure nella cosiddetta piazza mediatica, che è virtuale solo apparentemente. Di fatto nulla vi è di più reale, che l’agorà dei media, nel quale si generano politica, economia, pensiero, costume. E appunto Chiesa e pastorale.
Certo lo sappiamo tutti che gli italiani leggono poco i giornali rispetto ad altri Paesi europei. Ma è ugualmente noto che guardano la tv massicciamente e che navigano sempre più in internet. Di fatto l’opinione pubblica, il modo di pensare, alcuni atteggiamenti si formano per contagio, nel passaparola della gente al bar, nel lavoro, al supermercato, in palestra, nelle associazioni, nelle parrocchie, cioè nella vita reale.

Eppure tale passaparola viene plasmato e orientato da un altro passaparola, quello mediatico. È come se noi vivessimo in due piazze, in due città ogni giorno: in quella dei media, particolarmente la televisione, e in quella del nostro ambiente quotidiano. Le due piazze interferiscono tra loro. E la piazza mediale può manipolare quella reale, per esempio enfatizzando un problema serio come la sicurezza, per vendere di più o per motivi di bottega politica.

È evidente come la Chiesa non può rinunciare ad operare nelle due piazze, allargando per così dire le sue parrocchie e le sue diocesi, alla nuova parrocchia e alla nuova diocesi dei media, alla comunità dei media. Certo non lo fa con un dispiegamento di mezzi da soggetto laico. Anzi al momento sono troppo limitati rispetto alla potenza comunicativa laica. La Chiesa ha nel suo seno una potenzialità tutta sua. È l’entusiasmo, la spinta, lo spirito evangelizzatore di tanti cristiani laici impegnati. Sono i “Portaparola”, le antenne, i diffusori dei media cattolici e, nel caso, di Avvenire. Sono in termini più generali, se mi si passa la vocabolo commerciale un po’ riduttivo, le persone marketing della comunicazione.

Il Direttorio per le comunicazioni sociali li definisce “animatori della cultura e comunicazione sociale”. Una nuova figura di operatore pastorale. Come dire che il buon annuncio, la buona immagine dei media cattolici ha bisogno delle gambe, della testa, del cuore di persone concrete nelle parrocchie. Insomma necessita di un “catechista” della cultura e della comunicazione. È un impegno della Chiesa tutta.

Bruno Cescon
direttore “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)

(24 aprile 2008)

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