Appello ai laici

Settimana Sociale

“Un clima di ecclesialità e di grande serenità: quella di chi sperimenta che da credenti si può dialogare insieme, pur con scelte e opzioni anche politiche diverse”. Mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, sintetizza in questi termini al SIR l’atmosfera dell’edizione del centenario, che si è appena conclusa. Lo abbiamo intervistato per un primo bilancio.

Da Verona a Pisa: quale l’itinerario ecclesiale tracciato lungo l’ultimo anno?

“A mio avviso, da questo tratto di cammino ecclesiale emerge soprattutto l’appello ai cristiani laici per un maggior impegno non solo nel sociale, ma anche in campo politico. In particolare, attraverso l’approfondimento delle condizioni per cui un cristiano laico, pur attraverso la sua responsabilità personale, prende impegni diretti in questo ambito. In questo senso, il messaggio di Benedetto XVI risulta prezioso, perché ripropone l’appello già lanciato a Verona diretto ai laici impegnati in politica, e a tutta la comunità cristiana in rapporto ad essi, dandogli però non solo continuità, ma anche un certo sviluppo. Le sessioni centrali in cui si è articolata la Settimana Sociale, inoltre, hanno riproposto e declinato su problemi concreti i cinque ambiti attorno a cui si è articolato il Convegno di Verona, con una particolare attenzione a temi come la cittadinanza, il lavoro, la famiglia e l’educazione”.

Da Pisa è emerso un forte legame tra “questione antropologica” e “questione educativa”, quest’ultima per la prima volta “a tema” in una Settimana Sociale…

“La questione antropologica è certamente il filo rosso che accomuna i cinque ambiti di Verona, e che anche a Pisa si è tradotto in una convergenza di fondo sulla persona umana. L’enciclica Evangelium Vitae , ad esempio, fino a ieri non era mai stata elencata tra le encicliche sociali, e oggi è oggetto di una presa di coscienza emersa da tante voci. Questione antropologica e questione educativa, quindi, sono entrate a pieno titolo nelle problematiche sociali, con un forte appello sia al ruolo delle agenzie educative, prima di tutto la scuola, sia a quello delle associazioni educative, chiamate entrambe a dare sostegno e sostanza ai progetti dei giovani. Sul piano dei contenuti, è emerso inoltre il ruolo della società civile – in primo luogo la famiglia – come soggetto primario dell’educazione, chiamata ad educare le nuove generazioni ai fondamenti del bene comune, come antidoto all’individualismo: in questa prospettiva, una delle parole-chiave scaturite dalla Settimana è la relazionalità, bene fondamentale della persona che non è di tipo economico, ma ha un peso enorme anche nell’economia”.

Altro “nuovo ingresso” alle Settimane Sociali è quello della biopolitica: cosa dire a chi parla di sovraesposizione dei cattolici in questo ambito?

“Quello tributato dalla platea a questo ambito è un applauso dai molti significati, che dice innanzitutto di un consenso alla difesa della vita in tutte le sue manifestazioni. I relatori, in particolare, ci hanno aiutati a riflettere sull’invasività della biopolitica: un ambito, questo, che va ridimensionato, soprattutto per scongiurare il rischio dell’invasività dello Stato e delle leggi sullo spazio della vita privata delle persone. In questo senso, il contributo dei cattolici può essere la rivendicazione della libertà della coscienza, che non nega lo spazio pubblico che ormai hanno acquisito le questioni legate alla bioetica, ma ne chiede una regolamentazione giuridica non invasiva”.

C’è chi ha ipotizzato un “aggiornamento” della formula delle Settimane Sociali: è d’accordo?

“Io credo che l’edizione del centenario ne abbia consolidato la tradizione, e che la Settimana Sociale debba continuare ad essere uno dei luoghi di incontro e confronto dei cattolici sulla dottrina sociale della Chiesa. È soprattutto la riflessione sulla politica lo specifico della Settimana Sociale, come quest’anno ha dimostrato la presenza di 30 parlamentari e 3 ministri. In genere, la platea ha apprezzato la discrezione dei loro interventi e la loro presenza: non hanno fatto passerella, hanno dialogato tra loro, con i laici e con i vescovi. Ciò non toglie che ci sia la necessità di un aggiornamento della formula: non è un caso che l’attuale Comitato sia in scadenza, proprio dopo l’edizione del centenario. Gli sviluppi futuri potrebbero essere quello di un collegamento più organico con la pastorale decennale della Chiesa italiana, con i convegni nazionali – che in origine non c’erano – e con il progetto culturale. C’è poi il raccordo con il territorio, già realizzato con i seminari preparatori e che andrebbe allargato sia prima che dopo lo svolgimento della Settimana, per renderlo più continuativo e fare delle Settimane sociali un elemento qualificante di progettualità. Tutto ciò, tenendo conto delle nuove aggregazioni ecclesiali sorte negli ultimi decenni e negli ultimi anni, con le varie reti che si stanno consolidando”.

(24 ottobre 2007)

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