Nota SIR

Settimana Sociale

Inquietudine: potrebbe essere questa una delle parole conclusive della Settimana Sociale che si chiude oggi a Pisa. Potrebbe sembrare fuori tema ma più di altre esprime l’atteggiamento di chi, a fronte di una sfida impegnativa come é quella della costruzione del bene comune, percepisce il senso del limite, prende coscienza della complessità e nel contempo avverte anche la grandezza e la bellezza di un impegno.

Un’avventura che attraversa i paesaggi della fede e della cultura si ripropone oggi come cento anni addietro quando, con la prima Settimana Sociale, i cattolici italiani, entrarono nello spazio sociale e politico non per esigenza di visibilità ma per fedeltà alla loro duplice cittadinanza. Fu subito evidente, soprattutto per la concretezza delle scelte, che in quello scendere in campo non c’era la ricerca di un interesse di parte ma la volontà di rispondere anche con lo strumento della politica alla domanda di giustizia, di solidarietà e di futuro.

Oggi, in una realtà profondamente mutata, si sta riproponendo un’analoga esigenza. Sui grandi temi della vita, della famiglia, del lavoro e dell’educazione la gente si attende parole e gesti di verità e di speranza. Di questa attesa ci sono state conferme inequivocabili in tempi recenti. Le riflessioni della Settimana Sociale, a cominciare da quelle di Benedetto XVI e del presidente della Cei, hanno colto questo risveglio della coscienza e hanno indicato la direzione da prendere per raggiungere la meta.

Un supplemento di pensiero si inserisce così nel processo di maturazione del progetto culturale, nel suo definirsi e svilupparsi attorno alla verità e al mistero della persona umana. Ne scaturisce una inquietudine che non è incertezza o disorientamento ma ricerca di significati ultimi e condivisi nel perenne dialogo tra la vita e la fede. Al centro dei pensieri, delle preoccupazioni e delle prospettive di impegno si colloca la persona quale irrinunciabile punto di riferimento per ripensare l’economia e la politica, per liberarle dall’ideologia e dal pensiero debole.

È nella persona, ribadisce questa Settimana Sociale, che il bene comune prende il volto definitivo ed è attorno al mistero della persona, da cui prende origine la questione dei diritti e della dignità, che può nascere il consenso anche di chi non é cattolico.

L’inquietudine é allora nella fatica serena e fiduciosa di allargare gli spazi della razionalità, di costruire dialogo e consenso attorno a quei principi non negoziabili che sono a fondamento del bene comune. Questo é uno dei segnali più forti e promettenti della Settimana Sociale del centenario, la cui continuità é affidata soprattutto ai laici.

(21 ottobre 2007)

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