Ripartire dalle idee

Settimana Sociale

La prima sessione dei lavori della 45ª Settimana Sociale, che si è svolta ieri a Pistoia nella cattedrale, dopo la lettura del messaggio di Benedetto XVI, ha visto gli interventi di apertura di Giuseppe Dalla Torre (rettore della Lumsa-Roma), mons. Mansueto Bianchi (vescovo della città), Renzo Berti (sindaco), mons. Arrigo Miglio (presidente Comitato Settimane Sociali) e mons. Angelo Bagnasco (presidente Cei). La relazione generale a carattere storico è stata svolta da Andrea Riccardi, ordinario di storia contemporanea all’Università Roma Tre e fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

Difficoltà nell’Italia liberale. “Le Settimane affermano che la Chiesa ha da dire sul terreno della società, perché è nel sociale. Nell’età liberale, esprimono un rifiuto del posto assegnato dai regimi liberali alla Chiesa, cioè del solo culto”. È uno dei passaggi iniziali della relazione di Andrea Riccardi sul tema “Cento anni di Settimane Sociali”. Si tratta – nota lo storico – del “secolo della nazione, il primo dello Stato unitario. Fino all’Ottocento, il grande e solo fatto unificante della penisola fu il cattolicesimo”, anche se “l’Italia non nasce nel grembo della Chiesa di Roma e progressivamente non le appartiene più unanime”. L’epoca liberale costituisce per Riccardi un periodo difficile: “Lo si vede con le leggi ecclesiastiche che sopprimono monasteri, vita religiosa, opere caritative, tutto lo spessore sociale, lasciando solo le parrocchie e le diocesi, sostenute dallo Stato”. Ma le “Settimane” rappresentano una rottura rispetto a questo ruolo, in quanto “esprimono il rifiuto di una Chiesa solo cultuale, come il cappellano della società civile. La Chiesa respinge il posto di servizio civile religioso… rivendica il libero radicamento sociale e non rinuncia allo spessore sociale della sua vita e azione”.

Con Toniolo una presenza più incisiva. “Toniolo lottò per condensare le intelligenze cattoliche sugli studi sociali, perché bisognava ripartire dalle idee per orientare la storia nazionale”. Con queste parole Riccardi delinea la figura e la temperie morale e culturale dell’economista Giuseppe Toniolo (è in corso la causa di beatificazione), che cento anni fa diede vita, proprio a Pistoia, alla prima Settimana Sociale. “Convinto con Marx che il capitalismo moderno portasse allo sfruttamento del proletariato, Toniolo invece riteneva, contro Marx, che le idee e l’etica non fossero sovrastrutture, ma muovessero la storia come vere strutture portanti”, prosegue Riccardi, descrivendo così l’ispirazione all’azione del Toniolo: “Non si tratta solo della difesa degli interessi cattolici o del papa, ma della convinzione di essere portatori di una visione di bene generale. L’opposizione si fa proposta nella storia sociale. Il tempo dell’esordio è il confronto-scontro con l’altra Italia, laica, anticlericale e socialista, di cui si vede un saggio a Pistoia”.

Un nuovo protagonismo. “I cattolici erano stati all’opposizione di Stato e borghesia liberale, rifiutando di essere cappellani del Regno. Che spazio avranno in un regime dalla presa sempre più totale? Cercano percorsi alternativi… Gemelli lavora attraverso l’Università Cattolica”. In questi termini, Riccardi sintetizza l’azione dei cattolici durante il fascismo. E proprio con la fine del Secondo conflitto mondiale si profilano grandi cambiamenti per il Paese: “Tramonta la monarchia sabauda; il Papa acquista un ruolo di guida spirituale nella vita nazionale che, nonostante polemiche, gli resta per decenni”. I cattolici nel sociale sono ora davanti a una questione grave: “Come ricostruire un Paese distrutto? Il partito cattolico, voluto da De Gasperi e da Montini, nasce come partito della Chiesa – afferma Riccardi – valorizza le energie preparatesi negli anni Trenta: è espressione di un protagonismo di cattolici, inedito nella storia unitaria”.

Anima di un ethos popolare. Venendo ai decenni più recenti, con i cattolici per la prima volta impegnati in politica e “al potere” con la Dc, le Settimane costituiscono “un po’ gli stati generali del pensiero politico-sociale, pulsano del senso di una grande impresa”, nota Riccardi, in quanto “il cattolicesimo, dal secondo dopoguerra, ha fatto storia sociale e politica nel nostro Paese da protagonista”. Una centralità, quella cattolica, che poi, con il logorio del potere, viene progressivamente meno, in quanto “la presenza unitaria si smarrisce in politica e nel sociale”, mentre fa capolino un nuovo soggetto: la Cei che “come protagonista collega l’azione sociale all’evangelizzazione: vuole dare spessore unitario ecclesiale ai cattolici, che in tanti modi esistono nella società italiana”. Gli anni recenti di Papa Giovanni Paolo II – conclude lo storico – sono quelli di un “cristianesimo italiano (che) non è un partito politico, ma una forza sociale, anima di un ethos di popolo” per un “servizio da offrire a tutta l’Europa”.

(18 ottobre 2007)

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