Il bene di tutti e di ciascuno

Settimana Sociale

“La formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica” e “in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali”. Lo ha ribadito ieri pomeriggio Benedetto XVI , richiamando l’enciclica “Deus caritas est”, nel messaggio al presidente della Cei mons. Angelo Bagnasco, in occasione dell’apertura nella cattedrale di Pistoia della 45ª edizione della Settimana sociale su “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano” (incontro che prosegue a Pisa fino al 21 ottobre). Il messaggio è stato letto dal nunzio apostolico in Italia mons. Giuseppe Bertello (cfr SIR Quotidiano del 18/10).

Il compito dei laici. Per Benedetto XVI, se “da una parte” la Chiesa “riconosce di non essere un agente politico, dall’altra non può esimersi dall’interessarsi del bene dell’intera comunità civile, in cui vive ed opera, e ad essa offre il suo peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e di onestà”. È invece “compito proprio dei fedeli laici” operare “per un giusto ordine nella società”. Come “cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale”. Evocando il proprio intervento al convegno di Verona, Benedetto XVI ha riaffermato che “a questo loro compito della più grande importanza” i fedeli laici “debbono dedicarsi con generosità e coraggio”. “Il tema scelto”, ha quindi osservato il Pontefice, pur “essendo stato già affrontato in alcune precedenti edizioni, mantiene intatta la sua attualità ed anzi è opportuno che sia approfondito e precisato” per “evitare un uso generico e talvolta improprio del termine bene comune”. Richiamando la dottrina sociale della Chiesa, il Papa ha rammentato che “il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari”; essendo “di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo”. “Oggi, in tempo di globalizzazione – ha osservato ancora Benedetto XVI -, il bene comune va considerato e promosso anche nel contesto delle relazioni internazionali” e “il bene di ciascuna persona risulta naturalmente interconnesso con il bene dell’intera umanità”. Di qui l’importanza della solidarietà, definita da Giovanni Paolo II “non un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone” ma, “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi” per il bene “di tutti e di ciascuno”.

Questione antropologica e famiglia. Il Papa ha inoltre rilevato che “la società del nostro tempo ha di fronte molteplici emergenze etiche e sociali in grado di minare la sua stabilità e di compromettere seriamente il suo futuro”. Particolarmente attuale “la questione antropologica, che abbraccia il rispetto della vita umana e l’attenzione” per la “famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. “Non si tratta di valori e principi solo cattolici – ha precisato il Pontefice -, ma di valori umani comuni da difendere e tutelare, come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato”. Per Benedetto XVI desta preoccupazione anche la precarietà del lavoro: quando essa “non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”. Di qui l’invito ai cattolici italiani, già rivolto a Verona, a reagire a “queste sfide” non “trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia”. Di particolare importanza le Settimane sociali, “provvida iniziativa che potrà anche in futuro” contribuire alla “formazione e all’animazione dei cittadini cristianamente ispirati”. Nel telegramma all’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, il Segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, ha sottolineato la necessità di “evidenziare soluzione adeguate alle problematiche economico-sociali del tempo presente”.

Le nuove sfide. Un’occasione per “stare con fedeltà e creatività dinanzi alle nuove sfide che si presentano”. Così mons. Angelo Bagnasco ha definito la 45ª Settimana sociale, citando “il percorso, fecondo ma non sempre agevole, che tante generazioni di credenti hanno compiuto per il bene del paese”. “I cento anni da cui proveniamo – ha proseguito – hanno visto il fiorire di innumerevoli opere in campo sociale, economico, culturale, politico sgorgate dalla intelligente creatività della fede e della carità cristiana”, segno di un “tessuto vivo” e di “un riferimento dinamico e fecondo per tutti, ieri e oggi”. Quella emersa un anno fa dal Convegno di Verona è dunque “una Chiesa di popolo protesa alla testimonianza” e per la quale la prima sfida da raccogliere è quella delle “nuove generazioni”. “Continuare a tessere una trama di amore e responsabilità civile” vuol dire, per i cattolici, proseguire il “circolo virtuoso” che dal Concilio ad oggi “parte dalla persona ed arriva all’ordine sociale” ha detto ancora mons. Bagnasco, sottolineando la necessità di “un nuovo patto tra le generazioni”. Per la Cei, inoltre, è urgente “una forte proposta educativa”, fatta “di proposte alte, di impegno concreto e continuo, cordialmente aperta al bene di tutti e di ciascuno”. Di qui l’appello “Dobbiamo dirlo a voce alta, dirlo in primo luogo a noi stessi: non solo non si può attuare il bene comune, ma neppure concepirlo né tanto meno ragionarci e discuterne, senza ricuperare le virtù cardinali della fortezza, della giustizia, della prudenza e della temperanza con le attitudini interiori che ne conseguono. Lontani da questo impianto virtuoso la teoresi diventa difficile, insidiosa, facilmente ideologica”.

Valori non negoziabili. L'”intangibilità della persona e della vita umana, dal concepimento fino al naturale tramonto”; la “cellula fondante e inarrivabile di ogni società che è la famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile di un uomo e di una donna, e aperta a quei figli di cui l’Italia e l’Europa che invecchiano hanno così tanto bisogno”; il “valore incommensurabile della libertà che – lungi dall’essere mero arbitrio – è impegnativa adesione al bene e alla verità”; il “codice morale che si radica nell’essere profondo e universale dell’uomo, e che il credente vede esplicitato e perfezionato in Gesù”. Per i cattolici sono questi, ha detto mons. Bagnasco, i “valori non negoziabili”. “Continueremo a mettere al centro la questione antropologica”, ha assicurato il presidente della Cei, “grazie all’apporto insostituibile del Progetto culturale” così da offrire a tutti un contributo di proposta, di chiarezza, di serenità” e da “contribuire allo sviluppo di un ethos condiviso”, come promesso un anno fa a Verona. Tra i “volti della questione sociale”, anche Bagnasco ha ricordato le “pressanti urgenze legate ai problemi del lavoro e della casa”.

La parola dei pastori. Allargare gli spazi della razionalità”, come esorta ripetutamente a fare il Papa, significa “servire il bene comune” per “far sì che non si diffondano , né si rafforzino ideologie che possono oscurare o confondere le coscienze” ha ricordato ancora il presule. “E tutto ciò – ha puntualizzato – a partire dalla ragione e dal diritto naturale”. Per il presidente Cei, “è essenziale una corrispondenza sostanziale tra fede, verità e ragione, nonché al dialogo e al confronto in ordine al futuro sviluppo di civiltà, così come alla nostra identità di italiani e di europei”. “Solo allargando questi orizzonti la persona si raggiunge e trova se stessa in una totalità senza riduzioni o peggio amputazioni”. In tale contesto, “la dimensione religiosa costituisce un fattore imprescindibile del bene comune, è principio e fondamento di molti altri beni e diritti”. “Nel diretto impegno politico, i laici sono chiamati a spendersi in prima persona attraverso l’esercizio delle loro competenze e contestualmente in ascolto del Magistero della Chiesa” ha aggiunto mons. Bagnasco, per il quale “non è questo il tempo di disertare l’impegno, ma semmai di prepararlo e di orientarlo”. “A tal fine – ha precisato – la parola dei Pastori non potrà essere assente. Sarà una parola chiara, ferma e rispettosa, protesa anzitutto a ribadire i principi non negoziabili. Chi sta vicino alla gente – al contrario di quanti si muovono da posizioni preconcette – percepisce che esiste ed è forte l’attesa di una loro parola”. Il presule ha concluso rinnovando il suo appello di un mese fa, aprendo i lavori del Consiglio permanente della Cei: “l’Italia merita un amore più grande!”.

Proposte concrete. “Occuparsi di bene comune non significa limitarsi ad una dimensione orizzontale, perché l’amore per il nostro Paese e l’impegno a servizio della città terrena ci vengono dalla Pasqua del Signore” che “ci rende portatori di speranza vera anche nell’affrontare i problemi complessi della vita sociale”. Ad affermarlo, mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, nel saluto di apertura. Oggi, ha proseguito mons. Miglio, “in modo particolare la Chiesa italiana rende grazie al Signore per un secolo ricco di carità e di servizio donati al Paese; rende grazie ad un anno esatto dal convegno di Verona, nel cui spirito vogliamo vivere questa Settimana Sociale”. “Preghiamo” ha concluso, affinché “tutta la Chiesa che vive in Italia si senta sempre più corresponsabile del bene comune di tutto il Paese”. “Siamo qui non solo per commemorare ma soprattutto per riflettere su un principio centrale della dottrina sociale della Chiesa, quello del bene comune” ha detto Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa e vicepresidente del Comitato Settimane Sociali. Secondo Dalla Torre, “questo principio abbisogna di un nuovo approfondimento e soprattutto di una attualizzazione”; esso deve essere calato “in una progettualità fatta di proposte concrete nei singoli ambiti più fortemente marcati dalla modernità che avanza”. Una progettualità che “postula il dovere, che è anche diritto, dei cattolici italiani di concorrere alla promozione dell’uomo e al bene del Paese”. Nelle parole di saluto ai convegnisti, il vescovo di Pistoia mons. Mansueto Bianchi ha sottolineato che “la Toscana oggi appare una terra segnata dai sintomi di un secolarismo avanzato, mentre si registra come una eclissi della proposta cattolica”. Il vescovo ha sottolineato che “occorre invece che la laicità consista nell’ascolto attento e rispettoso degli altri”. “Cento anni di Settimane sociali” è il titolo della relazione svolta ieri dallo storico Andrea Riccardi. A quest’ultima, e all’approfondimento degli aspetti storici delle Settimane Sociali e della figura di Giuseppe Toniolo, sono dedicati i servizi nelle pagine seguenti.

(18 ottobre 2007)

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