Il giusto respiro

VERONA CONTINUA

Riparte dalla speranza, che ha le sue radici nel Risorto di cui i cristiani sono portatori e testimoni nel mondo, il cammino della Chiesa di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, che si è riunita il 14 e 15 settembre scorsi per l’annuale convegno pastorale, guidato dal vescovo mons. Claudio Giuliodori. Il titolo dell’incontro, “Rigenerati nella speranza per comunicare il Vangelo”, richiama espressamente la Nota pastorale dell’episcopato italiano dopo il Convegno di Verona. A offrirne una chiave di lettura al pubblico, formato da laici impegnati, rappresentanti di parrocchie, gruppi e movimenti, sacerdoti, religiose e religiosi, il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, che ha sottolineato come nella Nota sia fondamentale la scelta della “dimensione teologica”, essenziale per dare “il giusto respiro all’orizzonte pastorale”.

Fede, testimonianza e centralità dell’uomo. Tre sono gli aspetti su cui mons. Betori ha insistito: la centralità della fede nel Risorto, “sorgente alla quale attingere per far sì che il nostro impegno ecclesiale e sociale non sia solamente una produzione di noi stessi”; la trasmissione della fede nella forma specifica della testimonianza; la centralità della persona umana come “destinatario ultimo” della testimonianza e “luogo dell’azione pastorale”. Il segretario della Cei ha poi messo in evidenza alcune questioni emergenti: la riscoperta di una “quotidianità della vita credente” che sia “comunicabile” agli uomini del nostro tempo, la connessione tra la “questione antropologica” (“chi è l’uomo”) e quella “veritativa” (“esiste una verità?”), l’emergenza educativa, la necessità di creare momenti di discernimento ecclesiale nelle comunità dove i credenti convergano al di là delle appartenenze ecclesiali e politiche, il mantenimento dell’orizzonte missionario, la necessità di una pastorale integrata che trovi nella diocesi il punto di riferimento.

L’Eucaristia, caposaldo della pastorale. Nella sua relazione, mons. Giuliodori ha spiegato che la speranza che i cristiani vivono non riguarda il “dopo”, ma l'”oggi”. “Il mistero pasquale nel suo insieme – ha sottolineato – deve essere il codice interpretativo della vita e della comunità cristiana” e i cristiani devono essere testimoni “credibili”, cioè uomini “liberi”, “gioiosi”, “ricchi d’amore” e “radicati nella verità”. Ma non si è testimoni se non si mette al centro l’Eucaristia, “che – ha aggiunto – è la forma della Chiesa”. Pertanto, “l’adorazione e l’animazione eucaristica dovranno costituire uno dei capisaldi della pastorale”, ricordando che “il giorno del Signore è imprescindibile e la domenica deve tornare ad essere lo spazio delle relazioni “. A proposito del “volto missionario” della Chiesa, il presule ha precisato che “oggi si vivono cambiamenti forti e radicali e il territorio non è più lo stesso. “Bisogna rompere con l’autoreferenzialità, basta rinserrarsi nelle parrocchie. In esse ci sono i doni di gruppi e movimenti, che però devono acquisire capacità di dialogo e confronto. Tutti possono convergere su alcuni elementi e linee pastorali e i consigli pastorali devono essere riattivati”. Mons. Giuliodori ha poi parlato di attenzione alle persone, “di cui occorre condividere la vita”; alla famiglia come “crocevia della pastorale”; ai giovani, “primato della carità” davanti ai bisogni della gente; e della formazione degli operatori. Tra le proposte in cantiere, un progetto culturale che comprende eventi come le celebrazioni per il quarto centenario della morte di padre Matteo Ricci, la valorizzazione di musei e itinerari di fede, la scelta di investire nei media al servizio della missione con la trasformazione del quindicinale diocesano “Emmaus” in settimanale, il potenziamento del sito diocesano e altro.

Uno sguardo nuovo. Per fare un quadro della situazione diocesana e offrire ulteriori spunti di riflessione sono intervenuti due laici e il priore del convento agostiniano di San Nicola da Tolentino. Gabriele Garbuglia, impegnato da anni nella formazione degli adulti, ha sottolineato che “la famiglia deve essere il soggetto centrale della vita ecclesiale”, e che va ripensata “la qualità dell’esperienza delle nostre comunità, dedicando particolare cura ai rapporti intergenerazionali, alle relazioni personali, all’educazione affettiva e all’accompagnamento delle coppie in difficoltà”. Mentre Paola Olivelli , docente universitaria, ha riflettuto sul rapporto tra fede e cultura, “che è ricerca di verità”. “La Chiesa – ha affermato – educa l’uomo alla religiosità. Riflettere sul proprio destino e decidere che senso ha la vita è una questione culturale”. Padre Luciano De Michieli ha dato invece le coordinate spirituali: “Da Verona – ha detto – ci viene l’invito a non guardare la realtà centrati su noi stessi, ma ad avere uno sguardo nuovo che parta da Dio”. “Spesso le nostre comunità mancano di un orizzonte escatologico” ma, ha concluso, “una comunità cristiana che non spera più è morta”.

(18 settembre 2007)

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