La persona ritrovata

VERONA CONTINUA

La diocesi di Torino ha voluto mantenere, per il proprio appuntamento diocesano di inizio anno, lo stesso titolo del Convegno nazionale di Verona, “Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo”, per sottolineare come la due giorni subalpina (14 e 15 settembre) voglia essere proprio l’avvio dell’attuazione del “programma di Verona” all’interno del cammino diocesano. A indicare e illuminare questo percorso sono stati chiamati due dei relatori principali dell’ottobre scorso, mons. Franco Giulio Brambilla e Savino Pezzotta, che hanno presentato una “rilettura ragionata” del tema veronese e della sua articolazione negli ambiti. È la “differenza cristiana” il fiore da coltivare; una differenza che consiste propriamente e primariamente nello stile di vita, nei modi in cui i credenti stanno nel mondo senza lasciarsi “mangiare” dal mondo stesso, senza perdere di vista quella speranza che non appartiene né all’economia né alla politica, tanto meno alle ideologie comprese quelle oggi dominanti del consumismo e del relativismo.

Il centro della vita. La relazione teologica di mons. Franco Giulio Brambilla come quella dell'”orizzonte sociale” di Savino Pezzotta hanno riportato alla luce la persona come vero centro della vita. La persona con le sue relazioni, non l’individuo con i suoi “bisogni”. È stato fatto notare come la ricchezza della ricerca condotta nei cinque “ambiti” di Verona conduca proprio a questa conclusione: ogni realtà è “trasversale”, incrocia tutte le altre e chiede di essere confrontata. Questo significa che non è possibile vivere a compartimenti stagni: il lavoro da una parte e gli affetti dall’altra, la cultura e il tempo libero separati dalla famiglia e dal tempo della festa. Da Verona, hanno detto entrambi i relatori, viene un discorso “laico” indirizzato soprattutto ai laici, alla valorizzazione di una presenza di cui la Chiesa non può fare a meno non per opportunità organizzative, ma perché proprio l’incarnarsi nella storia “di tutti” è il senso stesso della sua missione. Se mons. Brambilla ha insistito sulla necessità di “investire” molto sulla famiglia come nucleo fondante di ogni altra relazione sociale, Pezzotta si è spinto oltre, ribadendo che il Convegno di Verona riapre la prospettiva di un impegno dei laici non solo nelle attività ecclesiali, ma a servizio della società intera. “In Italia è stato l’impegno dei cattolici a costruire la democrazia dopo la guerra – ha ricordato -. E oggi è nuovamente il tempo di una presenza qualificata e riconoscibile, anche se in modi e forme che non possono più essere quelle del passato”.

Le tappe. L’arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto, tirando le conclusioni del convegno, ha indicato anche le tappe lungo cui si svolgerà questa attualizzazione di Verona, ricordando che questo anno pastorale, dedicato alla Redditio Fidei , rappresenta anche la conclusione del lungo cammino delineato fin dal 2001 nella Lettera pastorale “Costruire insieme”. L’anno si articolerà in tre incontri durante l’Avvento, per approfondire i contenuti del Credo. In Quaresima (4 incontri) “cercheremo di confrontarci con le norme morali di comportamento che Dio ha dato a tutti gli uomini nel Decalogo (i dieci comandamenti) e che Gesù ha confermato e perfezionato con la proposta delle beatitudini e dei contenuti di tutto il discorso della montagna”. E poi, sempre in Quaresima, lo studio dei Sacramenti come atti di Cristo che ci dona la sua grazia per santificare e sostenere le tappe fondamentali della nostra esistenza”. Nella II Domenica di Pasqua ci sarà la celebrazione della Redditio fidei in ognuna delle 64 unità pastorali della diocesi. Nella Veglia, la vigilia di Pentecoste, ci sarà la celebrazione della Redditio a livello diocesano nella chiesa del Santo Volto.

“Noi ci sentiamo mandati”. L’intero itinerario si concluderà a Roma, alla tomba di Pietro, nel pellegrinaggio dei primi giorni di giugno, in cui è già prevista un’udienza particolare del Papa. Il cammino della Redditio Fidei , celebrazione della consapevolezza della fede, è lo stesso che innerva l’impegno delle comunità cristiane torinesi nell’evangelizzazione. “Il dono del Risorto – ha detto il cardinale al convegno diocesano – che è la speranza viva della nostra vita umana, che è chiamata a superare la barriera della morte per raggiungere Dio nell’eternità, questo dono, che per la fede noi abbiamo ricevuto gratuitamente, deve essere portato al mondo, a questa nostra realtà sociale torinese. Qui deve scattare un profondo convincimento: noi ci sentiamo mandati, la nostra Chiesa deve essere missionaria”.

Nei meandri della società. Speranza oggi a Torino, in una realtà non solo “lontana” ma spesso estranea ai contenuti e allo stile di vita del messaggio cristiano? Dice ancora il cardinale Poletto: “Su questo versante dell’annuncio, del dialogo con il mondo e con le sue variegate manifestazioni culturali, spesso contorte e contraddittorie, noi non siamo primariamente chiamati a fare i sociologi, anche se dobbiamo conoscere la realtà di questa società nella quale viviamo e metterci in dialogo con essa. Non possiamo certo trascurare la conoscenza di un mondo che cambia con una velocità impressionante, dobbiamo cercare di addentrarci nei meandri della cultura oggi dominante e che è molto secolarizzata e anche antiecclesiale e anticristiana. Ma a questa società noi abbiamo in primo luogo il dovere di presentarci come cristiani: non cristiani ingenui o poco motivati, ma credenti che sono sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi“.

a cura di Marco Bonatti
direttore “La Voce del Popolo” – Torino

(15 settembre 2007)

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