Un triste segno

SCIENZA E VITA

“Un’azione che è frutto di una cultura egoistica che considera il feto malato come un peso per la società”. È il giudizio dei medici cattolici milanesi sul caso dell’aborto selettivo effettuato su una coppia di gemelle all’ospedale San Paolo di Milano e finito con la soppressione del feto sano anziché di quello affetto da sindrome di Down, a seguito della quale anche l’altro feto è stato soppresso. “La vita – dichiara Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dell’Associazione medici cattolici di Milano e della Lombardia – è sempre un dono e il diritto ad avere un figlio sano non trova giustificazione né sul piano etico-sociale né tantomeno giuridico”. Sull'”errore” milanese, la direzione sanitaria ha aperto un’indagine interna, che però al momento ha escluso responsabilità dei medici che hanno eseguito l’intervento.

Un’offesa a tutta la società. “Tutte le volte che si ammettono criteri selettivi si uccide una persona, che è il nascituro, ma si offende tutta la società, tutta l’umanità”. È il commento di mons. Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita (Pav), all’aborto selettivo effettuato all’ospedale San Paolo, e in merito al quale la Procura di Milano ha intanto aperto un fascicolo. “Il bene della madre che si è trovata in queste circostanze, per cui noi preghiamo – ha dichiarato mons. Sgreccia in un’intervista a Radio Vaticana – il bene del figlio che ha perduto la vita – si dice per un semplice errore medico – il bene della famiglia, il bene della società, il bene comune, richiede innanzitutto l’accoglienza della vita. Soltanto con questo atto fondamentale da parte di tutte le persone interessate si raggiunge la vera serenità, la vera pace della coscienza e il vero bene della società”. “Dobbiamo sentirci tutti sollecitati, da questo fatto e da molti altri che si ripetono di giorno in giorno – prosegue il presidente della Pav – a riprendere un nuovo e diverso impegno per ottenere il rispetto della vita fin dal primo momento, perché queste creature hanno la stessa dignità”.

La “cultura di morte”. Secondo Sgreccia, “soltanto accogliendo la vita per quello che è, per il valore che ha e per il bene e porta con sé, la società va verso il bene comune e noi dobbiamo mirare al bene comune, evitando le polemiche ma assumendo le vere responsabilità”. Pratiche come l’aborto selettivo, invece, mirano alla “scomparsa dalla faccia della Terra del bambino Down”: “un brutto segno”, lo definisce Sgreccia, che “si sta verificando oggi nelle società più avanzate” e che “man mano dilaga sempre di più verso altri difetti” tipici di quella che Giovanni Paolo II chiamava la “cultura di morte”. “La si pratica nella fecondazione artificiale, la si pratica ogni volta che si fa l’aborto, perché l’aborto è sempre selettivo”, sottolinea il presidente dell’Accademia Pontificia. “Molte volte – aggiunge – si selezionano e sono sani ma solo in omaggio a una non capacità, a una non volontà, a un non riconoscimento, a una non accoglienza, a delle circostanze che sono ancor più banali”. Per questo, conclude Sgreccia, un “cambio di mentalità” è “urgente se vogliamo costruire una società degna di persone umane e che si sentono tutte uguali per dignità”.

In nome della libertà? “Offriamo ad ogni madre la possibilità di accogliere con dignità il proprio bambino, anche se disabile, senza farla sentire in colpa di averlo messo al mondo”. È la posizione di don Oreste Benzi, presidente dell’associazione Papa Giovanni XXIII, sul caso delle due gemelline. “Come si può definire saggia la legge 194 – dichiara in una nota don Benzi, riferendosi ad alcune affermazioni del ministro della Salute, Livia Turco, riportate dai giornali – se ha introdotto in Italia la possibilità di uccidere per legge il più innocente?”. La stessa legge 194, precisa don Benzi, “permette l’aborto oltre le 12 settimane solo in caso di grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, anche in relazione a possibili handicap del bambino”. In questo caso, la 194 “chiede ai medici di fare di tutto per salvare il bambino, che quasi sempre nasce vivo e viene gettato fra i rifiuti che ancora respira!”. “In nessuna parte” della legge 194, sostiene in altre parole il presidente dell’associazione Papa Giovanni XXIII, “si parla né di aborto terapeutico né di libertà individuale”; anche la Corte costituzionale, del resto, “più volte ha riconosciuto il diritto alla vita del nascituro, sacrificabile solo in caso di pericolo per la salute della madre”.

(30 agosto 2007)

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