Domande “laiche”

SCIENZA E VITA

L’opinione pubblica è stata colpita dalla vicenda di una mamma fiorentina, ricorsa all’aborto, perché al figlio, che portava in grembo, era stata diagnosticata una malformazione. Tuttavia, dopo l’espulsione del feto allo scopo di interrompere la gravidanza, i fatti non sono andati come si era previsto. Intanto, il figlio non era portatore di alcuna malformazione agli apparati interni e, poi, è sopravvissuto per sei giorni. A creare sgomento è il fatto che, per un errore diagnostico è stato commesso un aborto. Davvero, la ricerca del figlio perfetto – come ha denunciato recentemente Benedetto XVI – sta diventando un imperativo, al punto da attuare una strategia eugenetica.

È stato, opportunamente, osservato che ci si è spinti ben oltre il cosiddetto aborto terapeutico. Questo è previsto dalla legge quando, fondamentalmente, la gravidanza rappresenta un serio pericolo per la salute generale della donna. Sia ben chiaro: resta un aborto, cioè uccisione deliberata di un essere umano indifeso. Le circostanze non mutano la negatività dell’atto. Ora, invece, l’aborto dovrebbe essere denominato eugenetico: non si vuole far vivere un figlio, perché portatore di una malformazione o di una patologia. A parte, il fatto che questa ci sia realmente, sgomenta l’incapacità teorica di accettare e di accogliere un essere umano malato. Che tipo di società è quella che non è più disposta ad accogliere e tutelare i deboli?

Al di là di queste considerazioni etiche, la vicenda ha creato parecchio imbarazzo: giornali e televisioni nel presentare il fatto non sapevano come gestire la due fatti opposti: la decisione di uccidere e la forza di vivere. Il miracolo della vita, tante volte celebrato per le piante e gli animali, ha messo in crisi presunte acquisizioni di civiltà, di cui la legge 194 sarebbe un’insindacabile espressione. Così il ministro della salute Livia Turco ha dichiarato il suo pieno sostegno alla legge: “Difendo l’autonomia della donna. L’aborto terapeutico è l’iniziativa di una madre che vuole un bambino ed è costretta a rinunciarvi, suo malgrado. Non rifiuta una gravidanza indesiderata. Quindi non va criticata ma sostenuta”. Ma non tutti restano ancorati a una legge, che non è al passo con quanto oggi la medicina può fare, ad esempio, tenendo in vita un feto in epoca sempre più precoce. O con una legge che può essere talmente allargata nelle sue applicazioni, da essere utilizzata a fini eugenetici.

“Beati i seguaci della dogmatica tecno-scientista, se non vengono scossi nelle loro incrollabili certezze nemmeno al cospetto del bimbo fiorentino”: scrive Pierluigi Battista sul “Corriere della Sera” dell’11 marzo, individuando qui una vera sfida per i laici. Se “la laicità è dubbio e non dogma, spirito critico e non fideismo”, un non credente deve capire che anche i più recenti fatti di cronaca mettono in dubbio risposte preconfezionate ed arroganti, “frutto di una profana forma di catechismo”. “È da tempo, ormai, che i laici sono sulla difensiva, respingono con sospetto ogni implicazione etica legata alle nuove acquisizioni scientifiche”. Eppure, “liquidare ogni interrogativo etico come il frutto di una cospirazione oscurantista e clericale rischia di trasformare la laicità nell’affanno impaurito, che regna in una fortezza assediata”.

La tesi espressa dall’opinionista, sebbene lasci una perplessità, è interessante. Infatti, la laicità, se, da una parte, implica la ricerca continua, da un’altra parte, non può essere ridotta a puro dubbio; alla fine della ricerca si deve trovare un valore, capace di orientare l’esistenza e le scelte. Diversamente l’uomo sarebbe una piuma, sospinta dal vento in tutte le direzioni. Chiarito questo, la laicità si esprime in tanti modi: rifiutando il dogmatismo, che non è capace di dialogare al punto da mettere in discussione le proprie scelte; accogliendo e valutando oggettivamente posizioni espresse da chi è cristianamente ispirato: l’orizzonte di fede non può costituire, infatti, una minaccia per l’uomo. E, più da vicino, laicità significa non temere che il riconoscimento di una vita umana “in uno stato sempre più precoce dell’esistenza biologica, persino nell’embrione, possa frenare il cammino della ricerca scientifica”.

Laico e credente sono insieme impegnati a confrontarsi con le odierne sfide della scienza e dello sviluppo in genere. “Chi ha il dono della fede, possiede già le risposte a questi interrogativi. Chi non ce l’ha, è costretto a ricominciare daccapo, e con umiltà”. Il giornalista sembra assegnare un vantaggio al credente: se così è, perché non guardare con fiducia alle ragioni della fede? Si scoprirebbe che sono, in realtà, molto laiche!

Marco Doldi

(14 marzo 2007)

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