A braccia aperte

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Dopo la prima giornata, dedicata all’incontro con le autorità politiche turche, il Papa si è recato, il 29 novembre, ad Efeso, dove ha celebrato la messa presso il Santuario mariano di Meryem Ana Evì, ed, il 30 novembre, a Istanbul, dove ha visitato Santa Sofia e la moschea Blu. Gli incontri con Bartolomeo I, la firma della Dichiarazione congiunta, con Mesrob II, patriarca armeno, con il metropolita siro-ortodosso e il rabbino capo della Turchia, hanno segnato questa storica visita.

Alla casa di Maria. Una grande tenda bianca per ripararlo dal sole che lo ha accolto il 29 novembre ad Efeso, nel santuario mariano “Meryem Ana Evi”, dove Benedetto XVI ha celebrato la Messa nel piazzale antistante l’ingresso al santuario. Ad accoglierlo il presidente dei vescovi turchi, mons. Ruggero Franceschini, che lo ha ringraziato perché “con la sua presenza ha voluto riunire qui persone diverse e divise per costruire un futuro migliore, in un tempo in cui il mondo vive profondi conflitti e divisioni”. Di lì a poco il forte appello di Benedetto XVI per la pace in Terra Santa e nel mondo. Il Papa ha ricambiato il saluto con un abbraccio al presule al quale ha fatto dono di un calice mostrato alle centinaia dei presenti che hanno applaudito. Terminata la Messa il Papa, visibilmente felice, dall’altare ha allargato le braccia come per stringere tutti i fedeli in un abbraccio simbolico che poi si è concretizzato quando è sceso dal luogo della celebrazione per avviarsi ad incontrare i fedeli che lo chiamavano a gran voce. Tra loro molti giovani e famiglie con bambini. Strette di mano e brevi scambi di battute con i presenti, veri e propri incoraggiamenti per la comunità ecclesiale turca. “Siamo felici che il Papa abbia scelto, tra i tanti luoghi venerabili di questa terra, la casa di Maria” dice commosso uno dei frati della comunità dei cappuccini che anima il santuario, visitato anche dai musulmani. Persone del seguito papale hanno consegnato ai fedeli un immagine con lo slogan del viaggio “Christus est pax nostra” (“Cristo è la nostra pace”). Un fedele ha donato al Pontefice una palma mentre rientrava nel santuario.

Iraq e Terra Santa. “Stiamo seguendo il Papa in questo viaggio con le nostre preghiere – afferma il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni -. Abbiamo bisogno di gesti e parole di pace. Quelli che stiamo vedendo in Turchia vanno nella giusta direzione: tolleranza, rispetto, bontà e giustizia. Esse offrono un aiuto per le nostre comunità minacciate. Insieme, cristiani e musulmani possono contribuire alla costruzione di un mondo più giusto e di pace perché solo Dio può fare il bene del mondo”. Soddisfatto anche il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa: “L’appello per la Terra Santa e le parole del Pontefice nei confronti dell’Islam, del rispetto tra le religioni e delle minoranze, faranno sentire i loro positivi effetti anche sulle condizioni dei cristiani di Terra Santa, dando impulso al dialogo”.

Segni di riconciliazione. L’abbraccio e il bacio della pace tra il Papa e il Patriarca sono segni di amicizia e di fede nello Spirito Santo. Sono un segno di riconciliazione”. È il breve commento del portavoce del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Dositheos Anagnostopoulos, alla Divina Liturgia e alla Dichiarazione congiunta siglata il 30 novembre da Bartolomeo I e Benedetto XVI. La sera prima i due si erano incontrati al Fanar, sede del patriarcato per un saluto. Il Papa è stato accolto “con entusiasmo” dal suono delle campane del patriarcato. Nella tradizione ortodossa il suono delle campane è segno di gioia, chiama alla preghiera e a rendere onore a ospiti importanti. “Oggi ricordano Benedetto XVI e le relazioni tra cattolici e ortodossi.

La preghiera in moschea. “Speriamo di trovare insieme strade di pace e di fratellanza per aiutare l’umanità” con queste parole Benedetto XVI ha ringraziato il Gran Muftì di Istanbul, Mustafà Cagrici, che dopo la visita alla Moschea Blu ha fatto dono al Papa di un mosaico raffigurante un uccello con il richiamo alle parole del Corano “nel nome di Dio clemente e misericordioso”. È stato l’ultimo atto di una storica visita, la seconda di un Pontefice, il primo fu Giovanni Paolo II nel maggio del 2001 a Damasco, a una moschea. Benedetto XVI, che come tradizione si è tolto le scarpe prima di entrare, nel corso della visita si è anche raccolto in preghiera con il Muftì per circa 1 minuto. Il Pontefice ha ricambiato il dono con un mosaico di colombe, simbolo di pace. Poco prima aveva trascorso circa mezz’ora nella vicina Santa Sofia, un tempo cattedrale, poi moschea e oggi museo. Qui il Papa ha potuto ammirare i mosaici. Commosso ha portato le mani al volto davanti a quello di Maria con il Bambino. “Non dimenticherò questa visita”, il commento di Benedetto XVI.

(01 dicembre 2006)
 

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