I media e la coscienza

SCIENZA E VITA

In occasione della giornata nazionale per la ricerca sul cancro (24 novembre), il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha espresso il desiderio che “il riconoscimento, anche da parte delle più alte autorità religiose, della conoscenza scientifica e del progresso tecnologico come autentici valori della cultura del nostro tempo, consentirà di dare soluzioni ponderate e condivise ai problemi della libertà della ricerca, con il suo codice e con le sue regole, e ai più complessi temi bioetici”.

Colpisce l’espressione circa il progresso nel nostro tempo: è la citazione esatta di un passaggio del discorso di Benedetto XVI al Convegno di Verona. Là il Santo Padre spiegava che la testimonianza cristiana mostra quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla sua libertà e alla sua intelligenza e come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porta la gioia nel mondo.

“Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza. I discepoli di Cristo riconoscono pertanto e accolgono volentieri gli autentici valori della cultura del nostro tempo, come la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico, i diritti dell’uomo, la libertà religiosa, la democrazia”.

I credenti, tuttavia, non ignorano e non sottovalutano quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino dell’uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca. “Perciò l’opera di evangelizzazione non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione”.

La purificazione della cultura è il contributo che oggi la Chiesa intende offrire alla vita sociale sul tema della libertà della ricerca, ricordando, ad esempio, che il suo fine è il bene dell’uomo nella sua dimensione fisica ed insieme spirituale. Ed anche sui complessi temi della bioetica.

Il presidente Napolitano ha auspicato che si possa presto registrare una “mobilitazione civile”, “una mobilitazione delle coscienze”. Al contrario, si ha l’impressione che, talvolta, sia in atto un autentico assedio mass-mediatico per costringere medici, pazienti, familiari e parlamentari ad abbreviare i tempi del legislatore così da approvare normative tese a depenalizzare, ad esempio, la pratica eutanasica.

Le coscienze vanno formate, non violentate. Per questo occorre impegnarsi per un consenso popolare, fondato sulla conoscenza delle fasi terminali della vita, sul ragionamento di chi sia la persona, sull’approfondimento del significato della sofferenza, sull’ascolto degli operatori sanitari e soprattutto dei pazienti. La democrazia si svolge attraverso questi momenti, che non possono essere dimenticati.

Soprattutto, l’avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia chiedono fortemente di riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona. Valori, pertanto, che nessun opinionista, nessuna organizzazione e nessun schieramento politico potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere.

Valori che ne smascherano altri parziali, come quello dell’autodeterminazione, che fonderebbe la liceità di porre fine alla propria esistenza. Ora, l’autodeterminazione non è un valore assoluto. Nessuno di noi ha autodeterminato il suo venire all’esistenza. Anzi, l’essere in vita lo abbiamo ricevuto come un dono. Realisticamente, non siamo creditori nei confronti della vita, ma debitori del dono ricevuto. Siamo responsabili della vita e non padroni assoluti. Pensare di impossessarci di quanto non possediamo equivale a farci del male.

Valore poi è la solidarietà, che si fa carico della sofferenza altrui. La vita di una persona sofferente è ancora preziosa per tutti; chi patisce può dare agli altri quello che nessuno altro può dare, come tanti in condizione di grave malattia hanno dimostrato e dimostrano ogni giorno. Davanti a questo proporre l’eutanasia come soluzione al dolore e alla sofferenza, significa disegnare una società dove non c’è più spazio per la vicinanza e la condivisione.

Marco Doldi

(29 novembre 2006)

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