Vicini e lontani

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“La candidatura della Turchia all’Unione europea, per la sua particolare difficoltà, dovuta soprattutto all’elevato numero di abitanti e alla sua singolare configurazione storico-culturale legata all’Islam, sta svelando la debolezza strutturale in cui versa l’Unione europea e impone un esame articolato di ‘quale’ Europa si voglia costruire”. Lo ha detto il card. Angelo Scola, patriarca di Venezia, intervenendo al convegno “Quale Europa? Il caso Turchia”, che si è svolto il 10 e 11 novembre a Venezia su iniziativa del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Italia) e Pax Romana, organismo internazionale degli intellettuali cattolici. Secondo il Patriarca si deve tener presente “la posizione sulla candidatura della Turchia all’Ue” dei cristiani che vivono in quel Paese, considerando in particolare “la presenza del Patriarcato ecumenico a Costantinopoli”.

Un “secondo criterio orientativo per valutare il caso Turchia è relativo alla concezione e alla pratica dei diritti umani”. “Non bisogna pensare i diritti umani in astratto, come un puro elenco di principi. Ed in proposito ci possono aiutare le religioni viste come soggetto pubblicamente qualificato. L’universalità dei diritti umani potrebbe trovare più efficacia se alimentata dall’universalità delle religioni”. In questo quadro, ha concluso il patriarca, “la libertà religiosa non può non fungere da criterio guida anche per il caso Turchia”.

Un alleato fedele. “Se mai la Turchia farà parte dell’Ue questo non significherà la soluzione di problemi mondiali ma verranno affrontati dei nodi come la questione di Cipro, la condizione delle donne e dei diritti umani. Che senso avrebbe escluderla dall’Ue se non si mostrasse capace di fare fronte a tali questioni? Non sarebbe forse meglio impegnarla in questo sforzo democratico?”. Così Ibrahim Kalin, direttore della Fondazione per la ricerca politica, economica e sociale di Ankara ha ricordato come “la Turchia sia sempre stata un grande alleato dell’Occidente e degli Stati Uniti, rappresentando un elemento di stabilità per i Balcani e il Medio Oriente come per la regione caucasica per non tacere del mondo musulmano. Tutte regioni che hanno a che fare con la costruzione della pace nel mondo”. Riferendosi alle attuali tensioni tra Occidente e Islam l’esponente turco ha affermato che queste “sono il frutto di una storia che li lega lunga 1300 anni”. Ne fanno parte, tuttavia, “momenti importanti” come “le visite di Giovanni Paolo II in Tunisia, Marocco, in Bosnia, tutti Paesi a maggioranza musulmana come la Turchia. Ecco perché è importante la visita del Papa nel nostro Paese che, sono certo, sarà un evento fantastico”.

I nodi da sciogliere. Posizione aperta ma al tempo stesso critica quella di Marijana Grandits, direttore del Patto di stabilità per l’Europa sud-orientale che ha rimarcato alcuni dei nodi da sciogliere in vista di un eventuale ingresso turco nell’Ue: “la questione curda e il rispetto dei diritti umani, in particolare quelli legati alla condizione delle donne. In questo ambito – ha spiegato – abbiamo lavorato molto a fianco delle forze di polizia per eliminare il ricorso alla tortura e per far comprendere il rispetto delle libertà. Il mondo femminile ancora subisce tradizioni che provengono da antichi modelli di vita patriarcale. Per cui possono verificarsi casi di bambine violentate e costrette a sposare il proprio stupratore oppure uomini che, sebbene la poligamia non sia prevista dall’ordinamento turco, hanno diverse mogli senza nessuna tutela legale. Si tratta di atteggiamenti che l’Ue non può accettare e che devono essere cambiati”. Allargando lo sguardo ai Paesi dell’Europa sud-orientale Grandits li ha definiti “una risorsa per l’Ue, per questo non è possibile tenerli fuori dal processo di allargamento.Il banco di riscontro è il rispetto dei diritti fondamentali e la solidarietà”. Grandits ha poi descritto i progressi compiuti da Croazia e Macedonia per i quali si profila un’attesa di almeno due anni. Tempi più lunghi per il Kosovo mentre l’Albania registra “miglioramenti nello Stato di diritto”.

Politiche di vicinato. “Bosnia, Kosovo e Albania sono Paesi a maggioranza musulmana che aspirano ad entrare nell’Ue. Se non accoglieremo la Turchia perché islamica allora anche per questi non dovrebbe esserci posto”. La provocazione è di padre Antoine Sondag, assistente spirituale di Pax Romana. La sua proposta è “promuovere una seria politica di vicinato come già avviene con diversi Paesi che si affacciano al Mediterraneo, Marocco e Algeria su tutti, con i quali si aprirà dal 2015-2020 un’area di libero scambio commerciale. L’impegno serve a far sviluppare la società civile turca e a farla conoscere agli altri Paesi”. Una richiesta appoggiata anche da Maurice Rieutord, segretario generale dell’Istituto Robert Schumann per l’Europa, che ha proposto anche “la formazione, in seno all’Ue, di un ministero per il Mediterraneo che faccia conoscere la cultura europea e quella araba”.

(15 novembre 2006)  

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