I bambini capiscono

SOFFERENZA E VITA

“Promuovere la cultura cristiana della salute del bambino e della donna, simboli della fragilità e dell’accoglienza, del bisogno e del dono”. Questi il tema e l’appello del convegno “La pastorale della salute del bambino e della donna”, svoltosi il 3 e il 4 maggio, a Roma, all’Istituto internazionale di teologia pastorale sanitaria “Camillianum”. Strutturato in due momenti, l’incontro ha, da un lato, illustrato e proposto come “accompagnare” i bambini in condizioni di malattia e le loro famiglie aiutandoli a vivere questa realtà alla luce della fede, dall’ altro, ha indicato come promuovere la formazione morale della donna intorno al valore della vita e della maternità. Il  bambino malato. “Guardare al bambino malato e alla sua sofferenza per quello che sono e adottare un approccio integrato che prenda in considerazione il piccolo come persona nella sua interezza e nella ricchezza delle relazioni che intesse con chi lo assiste e lo cura”. Così padre Luciano Sandrin, preside dell’Istituto internazionale di teologia pastorale sanitaria “Camillanium”, ha illustrato quale deve essere l’atteggiamento degli operatori pastorali chiamati a sostenere i bambini che vivono l’esperienza dell’ospedale, “specialmente quando si tratta di malattie gravi o che durano nel tempo”. Per Sandrin, occorre innanzitutto superare il “forte pregiudizio che il bambino per la sua tenera età non capisca le esperienze del dolore e della morte e che, quindi, non sia possibile intessere con lui una significativa relazione dal punto di vista spirituale”. Ad avviso di Sandrin, questa è “una forma di difesa da una sofferenza che si preferisce non vedere, oppure un atteggiamento che è spesso frutto di ignoranza della psicologia infantile anche da parte di chi lavora in ambito sanitario”, perché “in realtà il tema della morte è affrontato dal bambino già a partire dai 2-3 anni, anche se poi viene percepito in maniera diversa nel corso delle diverse fasi della sua età. Per questo una conoscenza dello sviluppo psicologico del bambino può essere di grande aiuto anche dal punto di vista pastorale”. I familiari. “Si dimentica – ha poi affermato Sandrin – che accanto al bambino ci sono i suoi familiari e che un’adeguata attenzione ai loro bisogni spirituali può essere di grande giovamento anche per lui”. “Per questo – ha aggiunto – una relazione di aiuto al bambino malato non può prescindere da un’attenzione, anche a livello pastorale, alla sua famiglia e ai vari professionisti che lo curano. Ma è importante anche concentrarsi sul bambino come persona, sulle sue parole e sui suoi comportamenti, sapendo leggere tra le righe anche ciò che non viene espressamente detto”. “Soprattutto il dialogo – ha spiegato – permette al piccolo di essere trattato come persona che vive il suo dolore e, attraverso esso, lui può porre quelle domande religiose che spesso si tende a non ascoltare. In questo modo l’operatore pastorale può diventare per il bambino un amico e un prezioso consulente etico per la famiglia e i vari operatori sanitari”. Un binomio inscindibile. I cardini della pastorale della salute della donna sono stati presentati da Maria Luisa Di Pietro, vicepreside dell’Istituto e docente di etica della salute nello stesso. “La realtà del bambino e della donna – ha affermato – costituiscono un binomio inscindibile: esse si incontrano continuamente dalla fase della maternità a quella successiva in cui la madre è portata a prendersi cura del bambino”.
Nello specifico “favorire un’autentica cura della salute della donna significa aiutare il suo benessere in relazione armonica ai valori spirituali e morali”. Per questo, occorre passare da un approccio che generalmente si basa solo sul linguaggio dei diritti (ad esempio, i cosiddetti diritti sessuali e riprodottivi), a un linguaggio dei valori i cui termini sono: la dignità personale della donna e del concepito, la tutela della vita, il significato e valore della sessualità, della procreazione, la salute e la malattia”.

“L’educazione alla salute della donna – ha affermato – richiede di fornire accanto alle informazioni anche le motivazioni del perché agire in un modo piuttosto che in un altro, di insegnare a separare i bisogni dai desideri”. “Se le donne sono più istruite – ha concluso – esse tendono a investire sempre più nella loro salute e nella salute dei propri figli. Una donna istruita e informata sarà così in grado di gestire nel pieno rispetto della propria dignità e di quella del nascituro la propria fertilità”.

(04 maggio 2006)

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