Monito e richiamo

Dopo il voto

Ha vinto il popolo della vita e con esso la cultura della vita. È stato questo l’esito del referendum, ottenuto attraverso una scelta attiva e consapevole di contrastare la massiccia ondata montata contro la vita nascente, a difesa di desideri e interessi a essa alieni e avversi. Scelta attiva e consapevole, perché la massiccia astensione al referendum non è stata un fatto inerte e passivo, espressione d’indifferenza e disimpegno, ma una decisione cosciente e condivisa, intesa a esprimere una convinzione e a dare un messaggio. La gente s’è resa conto della posta in gioco e della sua gravità. Il dibattito che ha preceduto il referendum, infatti, è stato ampio, esplicito e coinvolgente, così da interessare e stimolare la gente. Questa può non aver capito questioni specifiche e di dettaglio, ma ha capito bene che in gioco era la vita incipiente e la sua cattura ideologica e tecnologica, a opera di poteri tesi a manipolarla e piegarla ai propri desideri e interessi. Dietro i referendum e le loro lusinghe liberistiche e libertarie si nascondevano questi poteri. Di qui la scelta informata, convinta e partecipe di dire “no” ad essi e alle loro pretese.   Questo “no” ha un alto valore pedagogico e di insegnamento. Esso è espressione del senso comune, indice dell’intuito fondamentale delle coscienze riguardo ai beni e ai valori primari, qual è appunto la vita umana. Quando le coscienze non sono conculcate e distorte, e sono libere di esprimere e far valere le loro persuasioni genuine e immediate, esse sono portatrici di verità e valori di cui il potere culturale, scientifico e politico deve tenere conto. Perché il rischio è del contrario, ovvero del potere sulle coscienze, così da farle pensare diversamente dal senso originario dei beni e dei valori, rapportarle a modelli di comportamento alieni a questi e indurre le persone a stili e prassi di vita “politicamente corretti” ma moralmente fallaci. È quanto hanno lasciato manifestamente vedere e intendere in campagna referendaria non pochi esponenti ed espedienti dei tre poteri, e che il referendum ha smentito e vanificato in modo clamoroso e ineccepibile. Quei poteri avevano chiesto una ratifica popolare delle loro vedute e promesse – sono stati loro a volere i referendum – ed hanno ottenuto il risultato opposto: una clamorosa sconfessione.   Il potere che prima d’ogni altro e in special modo deve trarre motivo di riflessione dall’esito della consultazione popolare, dall’insegnamento dunque che viene dal senso comune della gente, è quello scientifico. Abbiamo visto come non pochi suoi esponenti si sono schierati contro la vita, avvallandone la produzione, il congelamento, la soppressione, l’utilizzo e lo sfruttamento in fase embrionale. Potere smentito come abusivo dalla sapienza delle coscienze, e ricondotto nel suo legittimo alveo di ricerca e di sapere. Con il “no”, in particolare, alla strumentalizzazione terapeutica dell’embrione e a una diagnosi embrionale con gravi risvolti eugenetici, la scienza non è stata forzata e frenata. Le è stato detto che questa è una strada umanamente sbagliata; che le strade da percorrere sono altre, come non pochi scienziati sanno e stanno facendo. Il che non pone ostacoli e lacci alla scienza, non la irretisce o ostruisce. L’allea, invece, alla sapienza, dalla quale la scienza non solo non è impedita e inibita, ma è invece sostenuta e avvalorata. Quando la scienza perde il vincolo nuziale con la sapienza non è più nella luce della verità, a servizio del bene e della vita, ma dei poteri forti, asservita ai loro interessi e desideri.   Il referendum è sorprendentemente diventato un grande monito e un vasto richiamo per la scienza a ritrovare e coltivare l’alleanza con la sapienza. A ritrovarla e coltivarla nel campo primario della vita, cui tanto essa ha dato e può dare oggi con le sue meravigliose scoperte e traduzioni in biotecnologie di profilassi, diagnosi, terapia e riabilitazione.
Mauro Cozzoli
docente di teologia morale nella Pontificia Università Lateranense

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