La lettera del Papa “Rimani con noi, Signore”

All’inizio del suo “ventisettesimo anno di ministero petrino”, Giovanni Paolo II propone a tutta la Chiesa di vivere “in modo specialissimo” un anno dedicato all’Eucaristia. Lo ha fatto con una lettera apostolica – “Mane Nobiscum Domine” (“Rimani con noi, Signore”) – nella quale spiega: “Non chiedo che si facciano cose straordinarie, ma che tutte le iniziative siano improntate a profonda interiorità”. Si tratta, in concreto, di incarnare il mistero d’amore dell’Eucaristia “nella vita quotidiana, là dove si lavora e si vive – in famiglia, a scuola, nella fabbrica, nelle più diverse condizioni di vita”. Annunciato dal Santo Padre nell’omelia del Corpus domini, il 10 giugno scorso, l’Anno dell’Eucaristia è iniziato con il Congresso eucaristico mondiale (in programma dal 10 al 17 ottobre a Guadalajara, in Messico) e terminerà con la prossima Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi che si terrà in Vaticano dal 2 al 29 ottobre 2005. Domenica 17 ottobre il Santo Padre celebrerà nella basilica di San Pietro una messa al termine della quale invierà un messaggio alla Chiesa, in collegamento con il Messico. LA LUNGA CATECHESI DEL PAPA. Nella lettera apostolica, il Papa inserisce l’Anno dell’Eucaristia in un lungo percorso spirituale, che parte addirittura dal Concilio Vaticano II e passando per il Grande Giubileo dell’Anno 2000, arriva a questi primi anni del terzo millennio. Andando indietro nel tempo, Giovanni Paolo II oggi osserva: “Non mi illudevo, certo che un semplice passaggio cronologico, pur suggestivo, potesse per se stesso comportare grandi cambiamenti. I fatti, purtroppo, si sono incaricati di porre in evidenza, dopo l’inizio del Millennio, una sorta di cruda continuità con gli eventi precedenti e spesso con quelli peggiori fra essi. È venuto così delineandosi uno scenario che, accanto a prospettive confortanti, lascia intravedere cupe ombre di violenza e di sangue che non finiscono di rattristarci”. In questo contesto, l’Eucaristia si staglia innanzitutto come “mistero di luce”. IL RISPETTO DELLE NORME. Nella lettera, il Papa chiede più volte che la messa sia celebrata “decorosamente, secondo le norme stabilite”, avendo cura di testimoniare la presenza reale di Cristo “con il tono della voce, con i gesti, con i movimenti, con tutto l’insieme del comportamento”. Nella lettera il Papa si sofferma sulle norme da rispettare, facendo riferimento e chiedendo di riparare “con la nostra fede e il nostro amore, le trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Salvatore deve subire in tante parti del mondo”. “Le norme – spiega il Papa – ricordano il rilievo che deve essere dato ai momenti di silenzio sia nella celebrazione che nell’adorazione eucaristica. È necessario, in una parola, che tutto il modo di trattare l’Eucaristia da parte dei ministri e dei fedeli sia improntato a un estremo rispetto”. “NON ABBIAMO PAURA DI PARLARE DI DIO”. Il Papa definisce l’Eucaristia anche come “principio e progetto di ‘missione'”. Da qui l’invito ai cristiani a “testimoniare con più forza la presenza di Dio nel mondo”. “Non abbiamo paura – scrive Giovanni Paolo II – di parlare di Dio e di portare a fronte alta i segni della fede. La ‘cultura dell’Eucaristia’ promuove ‘una cultura del dialogo'” e sbaglia chi ritiene che “il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza. Se storicamente non sono mancati errori in questa materia anche nei credenti – scrive il Papa – ciò va addebitato non alle ‘radici cristiane’, ma all’incoerenza dei cristiani nei confronti delle loro radici. Chi impara a dire ‘grazie’ alla maniera di Cristo crocifisso, potrà essere un martire, ma non sarà mai un aguzzino”. L’EUCARISTIA E LA PACE. A questo binomio, il Papa dedica parte della sua lettera: “Il cristiano che partecipa all’Eucaristia apprende da essa a farsi promotore di comunione, di pace, di solidarietà, in tutte le circostanze della vita. L’immagine lacerata del nostro mondo, che ha iniziato il nuovo Millennio con lo spettro del terrorismo e la tragedia della guerra, chiama più che mai i cristiani a vivere l’Eucaristia come una grande scuola di pace, dove si formano uomini e donne che, a vari livelli di responsabilità nella vita sociale, culturale, politica, si fanno tessitori di dialogo e di comunione”. Ma l’Eucaristia spinge a promuovere anche comunione e solidarietà. Il Papa conclude la lettera invitando le comunità diocesane e parrocchiali ad “andare incontro con fraterna operosità a qualcuna delle tante povertà del nostro mondo. Penso al dramma della fame che tormenta centinaia di milioni di esseri umani, penso alle malattie che flagellano i Paesi in via di sviluppo, alla solitudine degli anziani, ai disagi dei disoccupati, alle traversie degli immigrati”.

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