Cosa dice la Costituzione

Referendum - Schede

L’ARTICOLO 75 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA regola la possibilità riconosciuta all’elettorato di partecipare alla funzione legislativa attraverso l’istituto del referendum popolare, che può essere indetto quando ne facciano richiesta almeno 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, e può deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di altro provvedimento avente valore di legge. Non possono, invece, essere sottoposte a referendum popolare le leggi tributarie e di bilancio, le leggi di amnistia e di indulto e le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.
Oltre a questo più conosciuto tipo di referendum, cosiddetto abrogativo, la Costituzione prevede altri due tipi di referendum. Uno è quello contemplato dall’articolo 132, che dà la facoltà alle popolazioni interessate di fondere due o più Regioni in una macroRegione oppure di crearne di nuove. Sempre lo stesso articolo dà facoltà alle Province e ai Comuni che ne facciano richiesta di essere staccati da una Regione ed essere aggregati ad un’altra. L’ALTRO REFERENDUM è quello previsto dall’articolo 138 della Costituzione e riguarda il processo di modifica della Costituzione stessa (cosiddetto confermativo). Se una legge di modifica costituzionale non è approvata da entrambi i rami del Parlamento con la maggioranza dei due terzi, questa può essere sottoposta a referendum popolare confermativo entro 3 mesi dall’ultima approvazione. La richiesta può essere fatta da un quinto dei membri di una Camera, o cinquemila elettori, o cinque consigli regionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati e per la sua validità non sono richiesti quorum costitutivi o deliberativi; pertanto, la votazione sarà valida indipendentemente dal numero di persone che decideranno di esercitare il diritto di voto. CON L’AVVIO DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA sulla legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita, è riemersa la polemica legata all’eventuale astensionismo della popolazione. Al riguardo, può essere interessante fornire qualche elemento di discussione, soprattutto al fine di individuare i tratti che distinguono l’astensionismo “politico”, cioè quello degli elettori che non si recano alle urne durante le elezioni, da quello referendario. L’esegesi delle norme non può che prendere le mosse dalla nostra Carta Costituzionale. L’articolo 48 della Costituzione recita: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. L’articolo 75, relativo al referendum abrogativo, invece, ipotizza e in qualche modo regolamenta il caso in cui non si rechi ai seggi la maggioranza assoluta degli aventi diritto nelle consultazioni referendarie. La regolamentazione consiste nel privare di ogni effetto il risultato referendario, qualunque esso sia, in caso di mancato raggiungimento del quorum. Dal punto di vista interpretativo risulta difficile ritenere che il Costituente abbia voluto sancire prima (art. 48) la obbligatorietà del voto anche nel caso di referendum e poi (art. 75) prevedere l’ipotesi in cui la maggioranza assoluta degli elettori non si rechi alle urne UN’INTERPRETAZIONE SISTEMATICA della Costituzione, quindi, sembrerebbe consigliare di scindere e diversificare due casi: da una parte il voto nelle consultazioni elettorali, politiche e amministrative, che rientra in pieno nel campo di applicazione dell’art. 48 e dall’altra l’potesi relativa ai referendum ex art. 75, che esenta i cittadini da questo obbligo e che li pone nella sostanziale condizione di compiere scelte autonome in ordine alla opportunità o meno di partecipare al voto. Si potrebbe aggiungere, in questa prospettiva, che mentre nel caso delle elezioni l’ordinamento considera come socialmente squalificante la non partecipazione ai seggi, si pone invece in una condizione di neutralità tecnica per ciò che concerne l’affluenza ai referendum. IL PUNTO DI FONDO è che nel sistema del referendum abrogativo italiano, l’elettore dispone di due strumenti per astenersi, i quali producono, tra l’altro, effetti molto diversi tra loro: il cittadino può, infatti, recarsi ai seggi e non esprimere alcuna manifestazione di volontà né in corrispondenza del sì, né del no, dando luogo alla cosiddetta scheda bianca. Tale contegno integra una astensione nel merito la quale, però, implicitamente riconosce l’opportunità, nel caso specifico, dell’impiego dello strumento referendario. L’effetto realmente prodotto da un tal comportamento è semplicemente quello di delegare agli altri cittadini la scelta di merito da compiere: la partecipazione ai seggi infatti, ancorché solo per votare scheda bianca, viene computata ai fini del raggiungimento del quorum e, quindi, della validità della consultazione. L’ELETTORE, tuttavia, può anche optare per un altro tipo di astensione, forse più radicale: quella, cioè, che contesta il metodo referendario rispetto ad una questione sottoposta al suo giudizio. Egli, infatti, può ritenere semplicemente che quel tipo di interrogativo, così come è stato formulato da una minoranza dei suoi concittadini (500.000), non meriti di essere oggetto di un ricorso allo strumento referendario, ma debba essere ricondotto al canale decisionale ordinario, quello rappresentativo e parlamentare. È proprio qui che si incontra un rilievo di fondamentale differenziazione del referendum rispetto alle elezioni politiche e amministrative: nel caso del referendum non si può ritenere presente alcun obbligo, neppure etico, di partecipare al voto, proprio perché ogni tornata referendaria non risponde ad una fisiologica necessità di ricambio della classe rappresentativa o comunque ad una scadenza prefissata dal sistema costituzionale, come nel caso delle elezioni, bensì deriva, nei fatti, dalla volontà di una minoranza attiva di elettori. Ritenere il contrario significherebbe credere che in Italia 500.000 cittadini abbiano il diritto di interrogare un’intera popolazione su un qualsiasi argomento, anche il più tecnico e meno conosciuto dal corpo elettorale.
Per questi motivi si comprende come il sistema maggiormente idoneo ad esprimere una sostanziale astensione, intesa come rifiuto ab origine della domanda posta, non sia la scheda bianca, bensì la non partecipazione al voto.

Altri articoli in Dossier

Dossier

Informativa sulla Privacy