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Usa, i sopravvissuti agli abusi parlano davanti ai vescovi: “La nostra ferita è paragonabile a un omicidio”

Durante la conferenza stampa, il card. Daniel DiNardo ha ribadito la delusione per il no del Vaticano al voto sulle misure da mettere in atto contro gli abusi. Ma a chi gli chiede di agire in ogni caso, la risposta del presidente dei vescovi è lapidaria: “Questo è solo un piccolo ostacolo nel cammino. Noi continueremo ad andare avanti, ma noi siamo la Chiesa e non una Ong religiosa e siamo responsabili e rispettosi della Chiesa universale in comunione con il Papa e in ascolto attento. Noi non siamo una burocrazia”

(da Baltimora) Teresa Pitt Green si inchina davanti all’Ostensorio prima di prendere la parola. Tocca a lei aprire questa giornata di preghiera con cui i vescovi americani hanno voluto cominciare la loro assemblea autunnale. Tocca a lei aprire la sessione dedicata alle vittime di abuso da parte del clero. Tocca a lei guardare negli occhi questi vescovi e dire: “Sono una figlia di Dio e sono sopravvissuta agli abusi di parecchi sacerdoti. È difficile stare di fronte a voi e non pensare a tutti i sopravvissuti che conosco”. Teresa è una scrittrice e ha fondato un periodico e un blog dedicato proprio alla questione degli abusi. È un’imprenditrice e ha lavorato in tante commissioni ecclesiali, ma al momento è membro di una task force contro il traffico di esseri umani in Nord Virginia. Aveva sette anni quando il primo sacerdote predatore le ha messo le mani addosso e dopo di lui altri fino a 19 anni. “La mia storia è solo una, come la mia ferita è solo una ma io conosco il dolore dei sopravvissuti e delle loro famiglie; conosco la bellezza, il coraggio, la resilienza di chi ha ancora un rapporto con Dio e so che sta portando una croce pesante”. Le parole di Teresa sono solenni, non le pronuncia con fretta, vuole dare peso ad ogni sillaba di dolore che esce dalla bocca.

“Tanti dei sopravvissuti sono visti come paria, alieni sia nella loro Chiesa che nella loro comunità. Io sono guarita e non sempre in accordo con la Chiesa che per anni mi ha giudicata e continua a giudicarmi anche oggi”.

Il silenzio amplifica l’accusa. “Tra noi ci sono feriti nella psiche, tossicodipendenti, persone che hanno tentato il suicidio, persone innamorate della vita e dell’amore che vivono in uno stato di paura permanente, in solitudine, di isolamento”. La donna confessa di avere problemi con l’autorità, teme di restare da sola con un adulto dentro una stanza; ha rifiutato di avere un tutor al college e tutt’oggi quando ascolta il suono di una campana tutto le torna alla mente (“mentre dovrebbe ricordarmi Dio”) e lo stesso quando si trova di fronte ad una stampa di santi. Teresa ha dovuto fronteggiare non pochi problemi con la sua famiglia che ha dovuto superare il senso di fallimento e accogliere e accompagnare un cammino di guarigione durato anni.

Louis Torres, invece, è originario di Puerto Rico e i genitori erano arrivati a Brooklyn con il desiderio di offrirgli una vita migliore. Il papà autista nella compagnia di trasporti della città e la mamma impiegata in parrocchia, hanno fatto sacrifici inimmaginabili per consentirgli di frequentare una scuola cattolica. “Il loro esempio mi ha insegnato la fede”, racconta guardando emozionato i suoi fogli. Apparentemente la vita di Louis è perfetta: dopo la prima comunione realizza il sogno di essere un chierichetto, poi a 14 anni si dedica al volontariato con persone disabili, riceve borse di studio per il college (il primo della sua famiglia), poi diventa presidente del consiglio degli studenti, dopo avvocato e lavora nell’ufficio del sindaco di New York e, quindi, in una prestigiosa compagnia. Poi 5 anni fa il mostro è venuto fuori o, meglio, la pallottola dell’abuso è tornata a bucargli l’armatura. Louis amava i libri e il sacerdote, suo abusatore, assecondava questa passione e non erano rare le occasioni in cui si trovavano da soli. “Poi un pomeriggio mi sono ritrovato a rileggere lo stesso paragrafo più e più volte mentre una tristezza infinita mi attanagliava l’anima e la mente: ho scoperto di essere affetto da depressione e da Ptsd, una patologia che ha portato tanti dei sopravvissuti al suicidio, in prigione o nella droga”. Louis fin da piccolo aveva imparato a vedere il bene in ognuno e non pensava che l’amico sacerdote, quello con cui parlava di Tolkien e Superman, sarebbe diventato il ladro della sua vita. “La ferita dell’abuso è paragonabile a un omicidio – spiega l’uomo davanti ai vescovi -.

Avete avanti a voi un corpo che ancora respira, ma la persona è distrutta.

Quando abusate di un bambino avete ferito la sua anima e gli avete tolto la cosa più santa che connette quel bambino a Dio, cioè l’innocenza. Voi lo avete tradito, la Chiesa lo ha ferito perché interessata più a difendere se stessa che la vittima e di questo. Il demonio gioisce e non potrebbe auspicare miglior lavoro”. Louis è sposato ed è padre di tre bambine. La scelta di parlare davanti alla Conferenza dei vescovi sa che lo lascerà senza alcun pezzo di armatura, ma sa che non può restare in silenzio.

https://twitter.com/USCCB/status/1062181592632885248

La forza e la convinzione di queste testimonianze erano vive anche durante la conferenza stampa, dove il card. Daniel DiNardo ha ribadito la delusione per il no del Vaticano al voto sulle misure da mettere in atto contro gli abusi. Ma a chi gli chiede di agire in ogni caso, la risposta del presidente dei vescovi è lapidaria: “Questo è solo un piccolo ostacolo nel cammino. Noi continueremo ad andare avanti, ma noi siamo la Chiesa e non una Ong religiosa e siamo responsabili e rispettosi della Chiesa universale in comunione con il Papa e in ascolto attento. Noi non siamo una burocrazia”.

I vescovi sottolineano che la loro politica sulla prevenzione degli abusi andrà avanti ed è responsabilità delle diocesi non fermarsi e non modificare la direzione di marcia.

A chi vorrebbe far intendere contrasti con Papa Francesco perché ha negato la visita dell’amministratore apostolico e ora il voto sui documenti della Conferenza, il presidente dei vescovi spiega che il Papa è favorevole a tutte le azioni intraprese e ha invitato le 4 diocesi interessate dal caso McCarrick a lavorare insieme per esprimere soluzioni collegiali per le vittime. “Il tema degli abusi è universale – ha concluso DiNardo – e il nostro lavoro potrebbe essere utile a tutta la Chiesa quando ci vedremo in febbraio”. In fondo, niente è stato rinnegato del lavoro fatto dalla Carta di Dallas in poi. Ora si tratta solo di attendere le decisioni di indirizzo sul comportamento dei vescovi e sulle loro responsabilità.

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