Asia. Padre Pierantoni (Dehoniani): “Il Vangelo sembra interessare quasi solo i più poveri e marginali”

Padre Beppe Pierantoni, della comunità dehoniana di Costa di Conegliano, nel 2001 venne rapito e tenuto prigioniero per sei mesi da guerriglieri islamici nelle Filippine. Oggi racconta al settimanale diocesano la difficile missione di evangelizzazione nel continente asiatico. La presenza di tante religioni e culture diverse, che affondano le loro radici in tempi molto antichi, rende l'Asia un luogo complesso in cui la Chiesa cerca di sfuggire alle strumentalizzazioni politiche

Il mese di ottobre è tradizionalmente dedicato ai missionari. Uomini e donne che, seguendo vari carismi, hanno “lasciato tutto” per andare nelle periferie del mondo ad aiutare i più poveri, i più soli, i più fragili. In queste settimane il Sir racconterà la loro vita quotidiana fatta di difficoltà, gioie, esperienze, spiritualità, attraverso le voci dei protagonisti raccolte dai settimanali diocesani di tutta Italia. Uno sguardo che dai territori si alza oltreconfine e ritorna qui, a incontrare tutti i nostri lettori.

L’Asia è il continente che ha generato le civiltà, culture e religioni più antiche e dove vive ancora oggi la maggior parte dell’umanità. Si potrebbe affermare, senza pudore, che gli altri continenti sono periferie dell’Asia, vero cuore e centro dell’Oecumene. Ad esempio, potremmo riconoscere con sufficiente approssimazione storica che l’Europa e la sua storia sono debitrici dell’irraggiamento delle civiltà asiatiche: sono state un terminal creativo di prodotti culturali e spirituali comunque originati dalla Grande Madre Asia, comprendendo tra essi anche e soprattutto il Vangelo! Perché, non dimentichiamolo, l’uomo Gesù era asiatico, di quella razza semita inequivocabilmente asiatica in intelligenza, risorse spirituali, capacità commerciali, suscettibilità e corruzione così tipiche di quel pezzo di mondo! Come ci ha ricordato papa Francesco, se l’evangelizzazione è il criterio fondamentale per discernere la forma che, nei diversi tempi e luoghi, la Chiesa deve assumere per vivere la missione per la quale è stata fondata, mai come in Asia il Popolo di Dio pellegrino nella Storia si presenta come “piccolo gregge” e “vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro”.

La Chiesa in Asia è un gruppo di seguaci alla scuola di un Guru dalle parole di vita eterna. Nell’azione di testimonianza della Chiesa in Asia è altamente evidente che solo il Vangelo di Gesù e il desiderio di farlo conoscere a tutti è lo scopo che fa vivere i discepoli del Cristo. Essi non cercano affermazione di se stessi o poteri speciali, bensì vogliono continuare la missione di Colui che si definì “figlio dell’uomo” e “mite e umile di cuore”. In questo immenso continente, come già fu al tempo di Gesù, il Vangelo sembra interessare quasi solo i più poveri e marginali. In Asia, dove i poteri forti dicono di seguire una “via asiatica” alla democrazia e ai diritti umani, la Chiesa custodisce un detto celebre del suo fondatore per rimanere nel sentiero stretto della sapienza evangelica nel rapporto difficile coi poteri civili, sia atei che confessionali: “Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio” (Mc 12, 17). Perché una Chiesa “lievito nella massa” porta nelle pur diverse situazioni del continente asiatico il fermento cristiano della desacralizzazione del potere, la più forte delle seduzioni al cuore dell’umanità. Una Chiesa che cerca di sfuggire alle strumentalizzazioni politiche è destinata ancora, come già in tutta la sua storia nel continente fin dai primi giorni, a sperimentare con dolore l’esclusione, il disprezzo e il martirio come risposta di una società, quella asiatica, straordinariamente autoreferenziale e confidente nella sua storia plurimillenaria.

(*) “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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