Una famiglia in Cina. Mamma, papà e il piccolo Giona missionari con il Pime

Gli sposi Silvia Parzianello di San Polo ed Edoardo Piubello, vicentino, il 5 novembre partono per la Cina. Saranno missionari del Pime a Guangzhou, detta anche Canton, per un anno. E partono in tre: con loro c’è anche il  figlio Giona, di 10 mesi

Il mese di ottobre è tradizionalmente dedicato ai missionari. Uomini e donne che, seguendo vari carismi, hanno “lasciato tutto” per andare nelle periferie del mondo ad aiutare i più poveri, i più soli, i più fragili. In queste settimane il Sir racconterà la loro vita quotidiana fatta di difficoltà, gioie, esperienze, spiritualità, attraverso le voci dei protagonisti raccolte dai settimanali diocesani di tutta Italia. Uno sguardo che dai territori si alza oltreconfine e ritorna qui, a incontrare tutti i nostri lettori.

Alla vigilia della partenza, la famiglia Parzianello-Piubello si racconta (via mail) a “L’Azione di Vittorio Veneto”. Il sito www.vaincina.wordpress.com racconta chi sono, cosa fanno e come aiutarli. La pagina Facebook “Va in Cina” offre aggiornamenti.

Qual è la motivazione di fondo per cui partite, il fuoco che vi brucia dentro?
La missione è un sogno che ci è stato messo nel cuore da molto tempo. Il beato Clemente Vismara, missionario del Pime, scriveva: “La vita è fatta per esplodere, per andare lontano; se essa è costretta entro i suoi angusti limiti non può fiorire; se la conserviamo solo per noi stessi la si soffoca. La vita è radiosa dal momento in cui si comincia a donarla”. Noi partiamo per vivere un servizio, per testimoniare, per condividere. Ma il motore di tutto è la gioia. La gioia di essere famiglia, la gioia di aver incontrato Gesù, la gioia di fare gratuitamente, la gioia di essere accolti e accogliere, la gioia di scoprire nuovi sapori, la gioia di conoscersi perché diversi. Questa gioia non si può tenere per sé, va raccontata… “fino agli estremi confini della terra”.

Siete missionari del Pontificio istituto missioni estere (Pime), che ha una sede anche a Treviso. Perché proprio il Pime?
Il Pime per noi è casa: una grande famiglia che ci ha accolto in diverse latitudini ma sempre con lo stesso calore. Il Pime è amicizia: luogo in cui abbiamo stretto legami profondi, nonostante le distanze. Il Pime è “cammino”: spazio di crescita personale e di fede. Il Pime è tanti volti di una storia: i missionari del Pime sono persone straordinarie, capaci di aprire lo sguardo e ampliare gli orizzonti di chi li incontra.

Siete missionari, ma non della classica missione in Africa o Sudamerica nei villaggi poveri. Bensì Cina: un paese grande, potente nel mondo… e in cui non è sempre facile essere cristiani.
La missione in Cina è una testimonianza fatta non di parole, ma della propria vita. Il nostro servizio sarà rivolto ai bambini e ragazzi con disabilità: condividere la vita familiare, aprirsi agli altri nella diversità sono lo strumento per raccontare Colui che è insieme il motore e la meta. Il contesto cinese è molto complesso, ma ogni presenza che testimonia un aiuto qualificato alle persone più svantaggiate è ben voluto dai locali (anche non cristiani) e ben visto e incoraggiato dalla Chiesa locale che lo racconta come un esempio di valorosa testimonianza della propria fede e segno di cooperazione della Chiesa universale.

Come si concilia la vostra scelta con il vostro lavoro (lei fisioterapista, lui consulente aziendale)?
Abbiamo deciso, non senza paure, di fidarci. Accettiamo di fare nostra una precarietà fatta non di incoscienza, ma di affidamento.

Giona. Pensate che per lui sarà di beneficio questa esperienza? Avete qualche timore che possa avere difficoltà?
Questa è la domanda che più frequentemente segue l’annuncio della nostra partenza. “Viene con noi!”, è la risposta ormai collaudata. La felicità di Giona è la nostra missione. E ognuno conosce la felicità a modo suo: la nostra abita la missione, viaggia lontano, incontra volti nuovi, assapora cibi strani. Questa felicità vogliamo possa conoscere, toccare, gustare nostro figlio. Desideriamo possa respirare l’accoglienza (l’essere accolti perché stranieri), la diversità (l’essere diversi), la gratuità, il servizio, la fatica del seguire i sogni anche andando lontano, anche quando non sembrano ragionevoli, la fiducia di mettere la propria vita nelle Sue mani.

Tu, Silvia, sei arrivata a questa scelta missionaria dopo un cammino di anni. Oltre al Pime, ci sono altri che sono stati fondamentali e a cui adesso pensi?
La mia famiglia, che mi ha insegnato questo amore che ora possiamo portare lontano. La mia parrocchia di origine, San Polo. La vita associativa in Azione cattolica e le amicizie lì incontrate. La nostra attuale comunità parrocchiale di Fimon (Vi) che ci ha accolti con entusiasmo. La Nostra Famiglia, nella quale lavoro, che mi insegna ogni giorno il significato di accompagnare con cura ogni bambino e la sua famiglia e che ci sostiene in questo particolare momento. Un grazie speciale va a don Roberto Bischer, che ci ha dato fiducia e ha condiviso con noi grandi passi.

(*) “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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